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Non ci sarà paesaggio dopo la trasformazione

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Pubblichiamo la traduzione (divisa in tre parti) dei comunicati dell’Asamblea de Pueblos Indígenas del Istmo de Tehuantepec ed un’introduzione al testo a cura del Nodo Solidale.

In solidarietà l@s comp@s dell’Asamblea de Pueblos Indígenas del Istmo de Tehuantepec (APIIT) riportiamo la traduzione dei loro comunicati sperando che ci aiutino a comprendere i livelli dell’attacco estrattivista in atto nel sudovest messicano. L’Istmo da anni purtroppo è diventato un modello di estrazione sistematica di risorse nonché nel corso dell’ultimo decennio un vero e proprio laboratorio di sperimentazione in questo campo.

Il corridoio interoceanico, o treno transistmico, si inserisce insieme al Tren Maya tra i progetti infrastrutturali di punta portati avanti dal governo di Andres Manuel Lopez Obrador (Amlo) e la sua “4° trasformazione” in un contesto di svendita del paese al grande capitale transnazionale (in atto già da tempo). Un progetto di paese totalmente asservito alle logiche mortifere del “progresso” che prendono forma nei tentativi del grande capitale di trarre profitto e imporre il proprio dominio per modificare e riorganizzare i territori in un riassetto che va ben oltre gli interessi regionali.

Di fronte a tali interventi e al crescente clima di violenza che si vive nel paese, l’immagine oramai sempre più sbiadita del governo “popolare e di sinistra” diviene sempre più contradditoria. Il governo di Amlo con fatica infatti tenta di eseguire spettacolari acrobazie linguistiche per vendere questo riassetto territoriale –finalizzato ad espropriazione e sfruttamento – come “un miracoloso progresso per il popolo”. Nella realtà vediamo solo queste operazioni di ricolonizzazione e riorganizzazione territoriale, il paradigma è quello solito della guerra moderna, enunciato dalle parole del Sub Marcos nel distruggere/spopolare – ricostruire/ripopolare secondo gli interessi del capitalismo.

In questo scenario l progetto del Corridoio, che dovrebbe collegare la costa occidentale e quella orientale del sud del Messico nel suo tratto più stretto, arriva in un territorio già invaso da megaprogetti e devastazioni e vorrebbe imporsi su di un’area già profondamente compromessa e minacciata dalla speculazione sulle energie rinnovabili, delle grandi dighe e delle miniere a cielo aperto che nel corso degli anni hanno modificato terribilmente questa area a forte biodiversità.

Il parco eolico che occupa le terre indigene della costa sud dello stato di Oaxaca conta circa duemila pale eoliche, dove anche la nostra ENEL ha una frazione di progetto da 220 MW; si tratta di un megaprogetto che, nonostante la facciata green, ha portato divisioni e conflitti nelle comunità oltre ad aver completamente distrutto la produzione di sale marino, in passato caratteristica della zona.

Il corridoio interoceanico non è dunque solo una linea ferroviaria, ma incarna l’ennesima devastazione che porterà, assieme alle “promesse di progresso” , guerra, divisioni e morti nelle comunità per favorire un modello di sviluppo che preferisce far arrivare i container due giorni prima dall’Asia agli Stati Uniti piuttosto che rispettare i diritti ancestrali delle comunità messicane che quei container non li vedranno se non di passaggio.

E’ inoltre da tenere in considerazione che ogni espansione geopolitica si accompagna ad una considerevole presenza militare, la quale diventa un fattore necessario per il controllo economico e politico del capitale su di un determinato territorio ovviamente con tutte le gravi conseguenze che tale presenza implica.

La ferrovia era già in uso ai tempi della dittatura di Porfirio Diaz, dunque riattivarla non prevedrebbe troppi lavori, ma non stiamo parlando solo di un treno, parliamo di processi estrattivisti integrati, dove la ferrovia diventerebbe un corridoio logistico su cui far convergere grossi parchi di produzione energetica, miniere che possano conferire su rotaia le materie prime estratte, parchi industriali che assemblino semilavorati. Questo progetto prevede una volta di più la cancellazione delle comunità originarie portatrici di valori e stili di vita naturalmente e radicalmente distinti dal modello neoliberista: in primis la cura della biodiversità, la difesa dell’acqua e dei monti, l’autorganizzazione comunitaria.

Per difendere tutto questo l@s comp@s scrivono e ci chiamano a lottare a livello globale.

NON CI SARÀ PAESAGGIO DOPO LA TRASFORMAZIONE

(Prima parte)

Layú bee
Le nostre nonne e i nostri nonni furono i primi a camminare per queste terre, conobbero i sui sentieri, alberi, piante, tracciarono rotte e si incontrarono tra popoli differenti e a volte nemici, a volte condividendo il fare della terra, altre come fratelli o come famiglia; da loro abbiamo imparato che ciò che lo abita non è solamente natura e che Layú bee è strapieno di altri esseri che si incrociano di volta in volta sui sentieri, nella milpa [forma di permacultura tradizionale di mais, fagioli, zucca, peperoncini ed altro], nelle grotte, nell’acqua, nel mare, per rendere presente la loro voce, abbiamo quindi imparato, ad ascoltare e che questa si conosce percorrendola, così come scopriamo la forma intima di coloro con cui siamo collegati, anche se i nostri popoli sono distinti, ciò che succede in un luogo ne colpisce irrimediabilmente altri.

(Niltie)

Layú bee (terra stretta) è come si chiama in lingua diidxazá questa regione conosciuta come Istmo di Tehuantepec, che si trova nell’estremo oriente dello stato di Oaxaca e al sud di Veracruz, raggiungendo verso oriente alcune porzioni del Chiapas e di Tabasco. Layú bee è, come dice il suo nome, la zona più stretta tra i mari del Golfo del Messico e dell’Oceano Pacifico, separati da una lingua di terra di 300 km.

All’interno di Layú bee si trova una immensa diversità naturalistica, nei suoi boschi e nelle sue foreste si trovano 10 ecosistemi differenti che rappresentano il 10% totale della biodiversità del pianeta. I suoi massicci boschi hanno il compito di regolare le differenze climatiche e sono il punto d’incontro di milioni di piante e animali, unendo l’emisfero nord con quello sud attraverso la flora e la fauna del secco tropico del Pacifico con le piante del tropico umido dell’Atlantico.

Nella parte nord di Layú bee, nella Sierra di Santa Marta o Sierra dei Tuxtlas si trovano 940 specie di piante, 80 felci, più di 1200 specie di insetti, 122 specie di rettili e anfibi, oltre 440 specie di uccelli e 115 specie di mammiferi; e questo solo riguardo le specie conosciute finora. Questa zona è bagnata dal fiume Papaloapan, la cui rete fluviale sbocca nei fiumi Coatzacoalcos, Uxpanapa e parte del sistema Grijalva-Usumacita, formando durante il suo percorso estuari, meandri, mangrovie, paludi e acquitrini ed è protetta dai popoli tannundajïïyi e nahuas.

Nella parte centrale di Layú bee, si trova la selva di Chimalapas dove abbonda una immensa ricchezza di flora e fauna che fa di questa foresta una eco-regione di per sé interdipendente. Qui abitano 445 specie di farfalle diurne; 149 specie di mammiferi, che equivale al 32% del totale nazionale di queste specie. Inoltre ci sono 464 specie di uccelli, ciò che equivale ad un terzo del totale del paese; 54 di anfibi e 105 specie di rettili. Questa foresta, di per sé, ospita quasi un terzo della biodiversità totale del paese, oltre al fatto che in queste terre si produce naturalmente il 40% di tutta l’acqua emersa, sarebbe a dire dei fiumi e ruscelli, del Messico.

La Selva dei Chimalapas, la Sierra di Santa Marta e lo Uxpanapa nel loro insieme contano un complesso di ecosistemi che vanno dai boschi dal clima temperato, boschi nebbiosi, foreste tropicali umide, le quali sono parte delle ultime foreste in buono stato di conservazione del Mesoamerica. Questa varietà di eco-regioni presenti in Layú bee, fanno parte della zona con la più grande concentrazione della diversità vegetale del Messico e di uno dei grandi centri floristici endemici dell’area culturale conosciuta come Mesoamerica.

Lo scorrere di queste acque termina nelle pianure costiere del Golfo di Tehuantepec, abitato dai popoli binnizá, angpón, ayuuk y slijuala xanuc’, nell’estremo sud di Layú bee prendono forma suoli fertili che favoriscono lo sviluppo della vegetazione dell’Istmo Sud e che in fine sboccano nei sistemi lagunari costieri, i più grandi del Pacifico Sud messicano. Tra questi spiccano la laguna Superiore e Inferiore e il mar Tileme, abitati dal popolo ikoojt, che danno forma al territorio di questa ultima parte di litorale.

Ma sappiamo, e ci rendiamo conto, che Layú bee non è una regione incontaminata e paradisiaca, già abbiamo ascoltato e letto i grandi difensori del messia (Lopez Obrador, presidente messicano ndt), scrivere e balbettare: “e dove vedete tutta questa vegetazione?”, “sono ecologisti e ambientalisti pagati dalla mafia del potere”, “dove eravate quando Obrador era del PRI?” (ah no, quest’ultima affermazione no) e una quantità infinita di eccetera, e per questo rispondiamo con le parole delle e dei compas zapatist*: “il dibattito è terminato”. Lo sappiamo, questo territorio è un campo agonizzante a causa delle diverse opere di “progresso e sviluppo” che i finqueros del passato hanno realizzato.

Layú bee, con la sua ampia ricchezza naturale, ha cambiato il suo paesaggio, si è deteriorata a causa dello sfruttamento dei giacimenti petroliferi e di zolfo; a causa dell’aumento della capacità di raffinazione del greggio nelle sue due coste; dell’installazione di grandi complessi petrolchimici; dell’installazione e messa in opera di un complesso sistema di trasporti; gasdotti e oleodotti; la crescita della zona urbana e del corridoio industriale Coatzacoalcos-Minatitlán.

A questo si sono sommati i sistemi di trasporto, terrestri e marittimi, di merci pesanti per collegare le regioni petrolifere da Coatzacoalcos fino a Salina Cruz, collegate a loro volta con le regioni petrolifere del nord del Chiapas, di Tabasco e Campeche; inoltre l’allevamento estensivo concentrato nel sud di Veracruz e gran parte di Tabasco; l’espansione dell’agricoltura intensiva specializzata e di piantagioni forestali a scopo commerciale, l’uso indiscriminato di agrochimici e fertilizzanti sintetici, e lo sfruttamento dell’industria del legno hanno intaccato i boschi e le foreste.

Sono stati devastati decine di migliaia di ettari di foresta tropicale umida e più dell’80% degli ecosistemi delle zone umide del delta del fiume Coatzacoalcos, a cui si aggiunge l’inquinamento dell’aria, del suolo e, soprattutto, delle falde acquifere dovuti alle raffinerie e all’uso industriale del suolo. Lo stesso succede al fiume Tonalá, nella laguna dell’Ostión e nelle acque costiere dell’Istmo Nord, che ricevono forti scariche di batteri e microbi dovuti alle acque nere di uso umano, agli idrocarburi e ai metalli pesanti.

Da sempre lo sappiamo e lo denunciamo e da sempre ci siamo scontrati con questo, così come con i finqueros incaricati di portare avanti “progresso e sviluppo”, che oggi ha le su conseguenze sull’intero Layú bee. È per questo che oggi, con il nuovo finquero che prende ordini dallo stesso capataz da cui ne prendevano i suoi predecessori, continuiamo ad apparire nominando questa biodiversità che costituisce i nostri territori e che si trova nuovamente in pericolo.

La nostra diversità di eco-regioni non è solamente parte di un paesaggio agonizzante, no. Layú bee è anche vita, sono storie, racconti, miti e legende; sono parole che camminano e passi che conversano. Siamo nonn*, madri, padri, figli, figlie e nipoti. Siamo tessuti che raccontano il passato per continuare a vivere il presente, sono le feste che ci ricordano che, nonostante le avversità, il riunirci, la convivialità e la condivisione continuano ad essere una parte fondamentale delle nostre vite; sono passioni (peregrinazioni) verso i nostri monti e il mare, sacri per noi che qui abitiamo; sono i fiori che nei nostri cimiteri e sui nostri altari ci legano ai nostri antenati; sono guardiani della montagna camminando nella foresta; sono viandanti nuotando nelle terre umide della costa e braccia tracciando le reti fluviali.

Layú bee lo costituiscono radici storiche prfonde, siamo i mokaya (persone di mais) che da 3600 anni vivono qui e che oggi siamo gli e le angpøn (zoques), ayuujk (mixes) e tannundajïïyi (popolucas). Qui abbiamo messo radici e storia noi gli e le binizaá (zapotecas), ikoots (huaves), slijuala xanuc’ (chontales), o’ de püt (zoques del Chiapas) e lxs yokot’an (chontales di Tabasco). Siamo presenti qui come popolo afromessicano; ci accompagnano anche i nostri fratelli e sorelle tsa ju jmí’ (chinantecos), ha shuta enim (mazatecos), ñuu dau (mixtecos) e lxs bats’i k’ op (tsotsiles). Popoli che furono sfollati dai propri territori dai finqueros del passato, che furono strappati alle proprie terre per essere utilizzati come forza lavoro, e che consegnarono le proprie terre ai caporali che oggi ci si presentano come amici.

I primi passi e le prime voci che percorsero questo territorio continuano in cammino, è rappresentato nei pluriversi di cui abbiamo memoria, che conserviamo nella narrazione che i nostri e le nostre antenati ci hanno lasciato. Siamo i popoli che sanno che la nostra esistenza è un “ordito a più corpi”, corpi che hanno saputo mantenere e proteggere questa immensa biodiversità che, in piena crisi climatica e ambientale, ancora rappresenta la nostra terra. Siamo le alternative e siamo vive.

Oggi ancora Layú bee e noi che siamo parte organica di questa, dobbiamo essere in allerta, già che il nuovo finquero che occupa la sedia presidenziale vuole dividere il nostro territorio per consegnarlo ai caporali, a coloro che realmente rappresenta. Perché se li lasciamo avanzare, loro verranno a “saccheggiarci della terra, la memoria, tapparci le orecchie ed il cuore per non ascoltare le voci che come presagio ci avvertono che: è tempo di camminare con molta attenzione”.

(Seconda Parte)

La corsa all’Istmo di Tehuantepec
Sicurezza Nazionale, Ispirazione Nazionale e
America agli Americani.


“Viene abolito il modello neoliberista” recita un comunicato emesso dal capataz [Capo o sorvegliante di una squadra di operai; fattore, castaldo, capoccia. In questo caso utilizzato per riferirsi al presidente messicano] con data 17 marzo 2019. Rinasce, quindi, dalle sue ceneri il liberismo del diciannovesimo secolo, quello che si caratterizza da un miscuglio di idee e ideologie religiose insieme a quello che chiamano umanesimo. Un modello dove i nemici di ieri, oggi sono amici; dove i principali beneficiari del saccheggio sono gente onesta; dove i multimilionari del paese non hanno smesso di accrescere le loro ricchezze; bene, tutto uguale a ieri.

Questo è il nuovo panorama politico che minaccia Layú bee, c’è un detto che i difensori del capataz di palazzo difendono con cappa e spada – con o senza motivazioni fondate, questo non conta più in tempi di Trasformazione- “finalmente un governo si è voltato a guardare il sudest messicano”. E per questo ci domandiamo: “cosa sta succedendo nel sudest?”

Oltre alle promesse di sviluppo e progresso, opere, società cooperative con potenti uomini bianchi come Larrea e Hank, l’estrattivismo sostenibile e il saccheggio amichevole che il capataz balbetta tutte le mattine in televisione a livello nazionale. Per comprendere un po il mostro che ci sta per attaccare è utile ricordare le parole di Wodrow Wilson, riportate da Galeano nel 1970: “un paese -diceva- è posseduto e dominato dal capitale che in esso è stato investito”. Le rotte commerciali in lungo e in largo per il pianeta sono state una costante nella lunga storia dell’accumulazione capitalista, quelle rotte strategiche rendono conto della premessa di Wilson.

Basta sporgere la testa al di la dei nostri nasi per poterci rendere conto della nascita di Panama, una repubblica spinta in auge dall’espansione dell’imperialismo statunitense. Oppure potremmo spingerci più in la per visualizzare la scomparsa della fellah (comunità contadina) egizia con la costruzione del canale di Suez, ciò che portò l’Egitto ad affacciare la propria testa verso il mediterraneo e stringere il legame con il capitale europeo. Adesso vediamo l’Ucraina, come scenario in disputa tra l’imperialismo statunitense, russo e cinese che nella loro brama di dominio distruggono e modellano territori che gli sono estranei, al di sopra di tutto, e al di sopra di tutt*. Ogni espansione geopolitica si accompagna ad una considerevole presenza militare, che diventa un fattore necessario per il controllo economico e politico del capitale su di un determinato territorio, così lo possiamo notare anche noi, e allo stesso modo lo stanno vedendo le nostre sorelle e fratelli maya nella Penisola dello Yucatan.

I nostri territori non sono estranei a questa urgenza e a questa ristrutturazione geopolitica che, a livello internazionale, si sta giocando in questo momento nello scacchiere chiamato Ucraina e che prima era Panama, Suez, Malaca, Irak, Ormuz, e tente altre. E sappiamo che a questo punto si formulano le classiche domande e affermazioni: “Quale ristrutturazione?”, “quale presenza straniera? sono pagati da Claudio X González, Slim è un onesto patriota, i 100mila desaparecidos sono un’invenzione dell’opposizione…”

Proseguiamo. In primo luogo, negli ultimi mesi Ken Salazar, l’inviato speciale dei finqueros del paese del nord, ha annunciato che gli Stati Uniti (USA) investiranno 250milioni di dollari negli stati strategici dove sono previsti il Corridoio Interoceanico e il Tran Maya, attraverso l’Agenzia degli Stati Uniti d’America per lo Sviluppo Internazionale (USAID), si, la stessa USAID che finanzia “Messicani Contro la Corruzione e l’Impunità” e di cui tanto si è detto rispetto al fatto che muova i fili dell’ “opposizione”.

Secondo punto, dal 7 al 21 maggio si è svolta per la prima volta in territorio messicano – e sorprendentemente al sud- l’esercitazione militare “Tradewinds 2022” eseguita e patrocinata dal Comando Sud degli USA -gli stessi che si sono incaricati di imporre la Dottrina Monroe in lungo e in largo per il continente-. A questa hanno partecipato 1500 militari di 23 paesi, Tradewinds ha come fine quello di rafforzare la sua capacità di risposta nella regione e sviluppare nuovi procedimenti operativi standard, così come l’addestramento per la dissoluzione di proteste o rivolte urbane e di lotta contro le bombe molotov.

Terzo, negli ultimi mesi sono stati inviati e mobilitati un totale di 4362 elementi militari per fornire sicurezza al Corridoio Interoceanico dell’Istmo di Tehuantepec, questo dispiegamento iniziale si è dato dopo che la SEMAR [Secretaría de Marina] ha annunciato che l’insicurezza e il ritardo nel megaprogetto è dovuta alla presenza di gruppi del crimine organizzato e di gruppi di antagonisti -comunità indigene organizzate- perché chiaramente ai fini della “sicurezza nazionale”, popoli indigeni e gruppi narcos sono equiparabili tra loro.

Per ultimo la ciliegina sulla torta. Parla ancora il signore delle notizie importanti, non quello della mattina, ma quello delle notizie che arrivano da fuori, le notizie che importano davvero ai finqueros, Ken Salazar, ha annunciato da poco più di 10 giorni che la soluzione alla questione migratoria -conseguenza del modo di produzione dominante- è trasferire implicitamente la frontiera nord del Messico verso la parte bassa del paese, proprio nell’istmo di Tehuantepec. Perché chiaramente, è più facile controllare militar, politica e economicamente una frontiera di 80 miglia piuttosto che una di 2000 miglia.

E così la USAID, il Comando Sud e la SEMAR danno atto della loro presenza in questa corsa alle regioni del sud del paese, mentre notiamo con la calma più totale che gli USA per mezzodel loro portavoce ufficiale, entrano e escono dal Palacio Nacional, per annunciare e imporre le regole del gioco, senza la necessità di camminare giorni e chilometri e senza dover bussare alle porte dei palazzi del potere come hanno fatto recentemente i nostri fratelli wixarikas, o hanno fatto i popoli sfollati da gruppi paramilitari, o gli studenti ed i maestri vittime di repressione, o le famiglie in cerca dei propri cari desaparecidos. E quindi, il capataz, il portavoce e i finqueros si imbarcano insieme in una avventura per ottenere e consegnare “sicurezza” (militare) e “stabilità” (economica) a questa regione strategica, così travagliata, così ribelle, e così indomabile.

Da “la Sección 22 [Sezione dello stato di Oaxaca del CNTE Coordinadora Nacional Trabajadores de la Educacion] è il peggior male sociale di Oaxaca” all’ Operazione Agav Azul:
Adesso siamo tutti lottatori sociali
La democrazia rappresentativa è tornata nelle strade e nelle comunità, con la sua spazzatura e il suo circo elettorale. Cosa sarebbe la democrazia rappresentativa senza i pagliacci che conducono il circo di questa stagione elettorale? Per primi ci sono quelli che riempiono spazi, quelli che ci fanno credere che ci sia un confronto duro e difficile per il tuo benessere, poi ci sono gli altri che si contendono punti “popolarità”, quelli che ti fanno credere che la disputa elettorale sia qualcosa di serio. Ma è chiaro che il tuo voto conta! È chiaro che sei parte del cambiamento!

Senza nessuna differenza, è chiaro che il candidato che vinca il posto di governo per lo stato di Oaxaca sia allineato con la politica di saccheggio/Trasformazione che privilegia gli interessi privati delle imprese nazionali, internazionali e del crimine organizzato.

È anche chiaro che vincerà colui che in questa corsa al potere avrà le alleanze migliori, e già si mormora chi sarà questo candidato. Oggi sembra che il decreto che mise fine al neoliberismo abbia messo fine anche alla memoria storica di lotta del popolo di Oaxaca, e per questo i criminali di ieri oggi si presentano benedetti e nelle vesti di lottatori sociali, che dicono di aver camminato sempre al fianco del popolo.

Il terrore e l’impunità sono dietro l’angolo, hanno nome e partiti, e dicono che ciò che non si nomina non esiste. Come piattaforma c’è MoReNa, come motto “ya viene la transformación a Oaxaca”: come attori una lista di stellari:

Salomón Jara Cruz, nemico dichiarato dei maestri di Oaxaca e che grazie alla sua arte magica -in un circo ci sono anche i maghi- ha fatto scomparire mille milioni di pesos della SEDAPA [Secretaría de Desarrollo Agropecuario, Pesca y Acuacultura]; Beatriz Rodríguez Casanovas, ex ministra del turismo e Jorge Franco Vargas, ex segretario generale del governo, entrambi ai tempi di URO e responsabili entrambe di desaparecidos, assassinii e delle carovane della morte nel 2006; all’accusato di desaparicion forzata e porto di armi di uso esclusivo dell’Esercito assassinato durante una festa di dicembre -con rivendicazione per mezzo di narcomessaggio- a Jalapa de Díaz nel 2019 quando operava come edile, Arturo García Velázquez, sollevando dalla sua carica sua moglie Fernanda Barbosa Sosa; Lizbeth Victoria Huerta, che anche ha saputo far scomparire durante il suo incarico, come presidentessa di Nochixtlán, 8 milioni 795 mila 285 di pesos oltre all’attivista Claudia Uruchurtu.

Inoltre abbiamo i giocolieri. “Nino” – così lo chiamano-, leader dei presidenti municipali emanati da Morena nell’istmo di Tehuantepec e principale operatore finanziario di Salomón Jara Cruz, da almeno sei anni: Antonino Morales Toledo è stato indagato dall’Unità di Investigazione Finanziaria come parte di un’indagine internazionale chiamata “Agave Azul”, che ha portato alla luce un’immensa rete di lavaggio di denaro sporco. Antonio come leader statale dell’organizzazione FUCO, e a seguito delle indagini dell’operazione “Agave Azul” per i suoi legami con il crimine organizzato, creò la Fundación Antonino Morales Toledo A.C., e oggi è un pezzo chiave nella campagna elettorale di Salomón Jara come candidato al governo di Oaxaca.

Nel mezzo della pista ci sono gli acrobati, ieri ciriminali e oggi angeli della democrazia e della giustizia. In questa corsa di pagliacci verso la conquista del potere, non importa che in questi cinque mesi 50 donne siano state vittime di femminicidio nello stato, essendo l’istmo la regione più violenta per le donne. È indifferente che in questa stessa regione siano stati assassinati un totale di 96 persone (secondo i dati ufficiali); o che decine di giornalisti vengano assassinati nel compiere il loro lavoro, uno di questi ucciso a Salina Cruz.

È irrilevante che il paese conti oltre centomila persone desaparecidas, cifra che supera quelle registrate in dittatura nell’ Emisfero Sud. Niente di questo importa, perché dall’inaugurazione della 4^ Trasofrmazione, gli unici ad essere attaccati, criminalizzati, perseguitati, segnalati e minacciati, sono questi nuovi lottatori sociali. Tutti gli altri dati sono legende del modello neoliberista, l’unica storia che importa è quella raccontata in questo circo, una disputa tra pagliacci che si uniscono a un partito qualsiasi, mentre tutto il resto è un’invenzione dei non lottatori sociali.

La spartizione di Layú Nabe
In questa regione stretta modellata dall’acqua e dal vento, si pretende imporre l’installazione di una grande infrastruttura costituita da: 300 km di linee su binari, che divideranno Layú Nabe in due. A questa tratta si uniranno due linee ferroviarie in più per una lunghezza di 328 e 459 km; un gasdotto che correrà da Tuxpan a Salina Cruz, dove già si sono stanziate le aziende nordamericane Mirage Energy e Northern Hemisphere Logistics; 10 cluster industriali a cui se ne sommerebbero approssimativamente altri 18; l’ampliamento dei porti di Salina Cruz e Coatzacoalcos; oltre ai parchi eolici e alle concessioni minerarie già presenti nella regione.

I primi che arrivarono a questo rimodellamento sono coloro che si stanno incaricando di modernizzare la via ferroviaria che parte da Salina Cruz fino a Coatzacoalcos: il Grupo Azvi dalla Spagna, alleato storico della famigli Salinas de Gortari; il Grupo Industrial Hermes proprietà di Carlos Hank Rhon, alleato strategico di Oderbrecht; il consorzio REFFOMAZ che ha come principale socio il Grupo México propietà di German Larrea; il Grupo SACMAG che ha come principali clienti l’Industria Peñoles, Nestlé y FEMSA; COMSA corporazione spagnola e Construcción y Maquinaria SEF che ha come principale cliente il Gruppo Mexico. Ma sappiamo, e già abbiamo sentito che “loro modernizzeranno solamente le linee e se ne andranno, poi le utilizzeremo noi abitanti”, certamente, perché German Larrea è un essere onesto.

Adesso nella tappa finale di questa corsa, si sono aggiunti lo scorso 22 Aprile di quest’anno a San Juan de Ulua, Veracruz, il capataz di palazzo con l’inviato speciale del Paese del Nord, Ken Salazar, come interlocutore dei finqueros che sono interessati nel partecipare alla spartizione della regione dell’Istmo di Tehuantepec. A questo incontro hanno partecipato 22 aziende multinazionali interessate a convertire l’Istmo in una rotta di transito. Li c’erano: gli accusati di sfruttamento del lavoro e di opporsi alla sindacalizzazione come Accenture Ltd. & General Motors; gli interessati alla produzione di energia eolica come Applied Energy Services (AES Corporation) & EDP Renewables; Applied Energy Services (AES Corporation) & EDP Renewables; i magnati dell’agroindustria, della bioindustria e dell’industria farmaceutica, CARGILL; anche gli interessati all’estrazione di acqua, Constellation Brands; l’industria di automotrici con la presenza di -oltre a quanto già detto- Daimler Truck North America LLC & Navistar (Volkswagen Group). Erano presenti anche gli interessati al trasporto e alla produzione di gas e all’industria chimica come Pacific Limited, Sempra Infraestructure & TC Energy, oltre a Kansas City Southern, AECOM, INDEX, AT&T, INVENERGY, CUMMINS, FEDEX, Progress Rail, Rassini, UPS &VISTEON.

“Quando si parla di modello neoliberista, sono arrivato a sostenere che se il modello neoliberista si applicasse senza corruzione non sarebbe così malvagio. Il fatto è che si potrebbe trattare del modello economico perfetto” si è potuto ascoltare in una sessione mattutina dalla voce del capataz. 3 anni dopo aver decretato l’estinzione del modello Neoliberista, si è deciso che anche questo sistema economico e politico deve essere benedetto… Si chiude il sipario, e termina lo spettacolo.

Alla fine, tutti vengono per un pezzo di Layú Nabe, lo sappiamo, ma L’ISTMO è NOSTRO, non importa quanto lo desiderino.

(Terza parte)

Guidxi Rucaalú

Il soggetto della conoscenza storica è la classe oppressa stessa mentre lotta, afferma la dodicesima tesi sulla storia di W. Benjamín. Effettivamente, cosa sarebbe di questa regione contesa dagli interessi geopolitici dei finqueros, senza quelle donne e quegli uomini che non si sono messi ad aspettare che questa -nostra- generazione li ringraziasse per le proprie azioni, ma che hanno lasciato nella memoria il ricordo del fatto che furono abbattut*, perseguitat* e minacciat* per difendere Layú Nabee.

Nella Sierra di Santa Marta si conserva la memoria della ribellione di Acayucan (1906). Una sollevazione dove i popoli nahua insieme ai e alle tannundajïïyi (popolucas) affrontarono la riorganizzazione territoriale, che aveva portato alla speculazione e al saccheggio su più di 80mila ettari di terra per la costruzione di linee ferroviarie nel loro territorio. Al contrario di quanto racconta la storia ufficiale, le nostre sorelle nahua e tannundajïïyi difesero il proprio territorio insieme ai membri del Partito Liberale Messicano. E sapevano che la difesa del territorio non poteva essere slegata dal momento storico, l’impulso e la vittoria della rivoluzione politica e economica che il PLM predicò fino alle ultime conseguenze.

Nel frattempo, nelle pianure costiere si sussurra da una generazione all’altra una delle ribellioni più importanti del secolo XIX, che si oppose alla costruzione di una via interoceanica che implicava l’esproprio dei terreni, in possesso ai popoli della regione, così come la privatizzazione delle saline come pagamento ai prestiti che finanziarono la guerra contro la Francia. Questa ribellione non si trova nella storia ufficiale, ma nella memoria della lotta guidata da Che Gorio Melendre trasmessa attraverso la storia e la memoria orale.

A Juchitán, ancora si ricorda di bocca in bocca del movimento che lottò per recuperare le terre comunali, che si trovavano nelle mani dei proprietari terrieri; si conserva nella memoria il continuo recupero delle saline e la lotta storica per la nomina di autorità agrarie, che portò alla presa del potere municipale grazie alla dura mobilitazione della popolazione, il che significava in primo luogo la volontà popolare di auto-organizzare le proprie comunità. Come dimenticare quegli anni ’70 che segnarono la vita di uomini e donne binnizá che oggi si tramandano quei saperi di generazione in generazione.

Nuovamente, la storia che il potere cerca di negare. Non possiamo dimenticare l’incontro nel quale si sono dati appuntamento oltre 30 comunità, ejidos, ikoots e angpon (zoque), nella comunità di Matías Romero. Li si riunirono queri soggetti che fanno parte della storia, la nostra storia, per analizzare e trovare le forme e i modi di combattere il megaprogetto di Zedillo “Programa Integral de Desarrollo Económico para el Istmo de Tehuantepec”, lo stesso che oggi è stato riciclato con un nuovo nome e un nuovo capataz. Da quel 1997 in cui i popoli riuniti a Matías Romero dichiararono che “L’istmo è nostro” non dei governi nè delle imprese.

Forse l’oblio è una qualità del nuovo capataz e dei suoi seguaci. Ma che sarebbe di noi senza questa memoria che deve riconoscere che siamo popoli con una storia? Che sarebbe del nostro presente se dimenticassimo quella battaglia affrontata dalle nostre sorelle e fratelli ikoots e binnizá? Il 2012 fu lo scenario di quel combattimento che i nostri popoli affrontarono, contro quello che pretendeva essere il più grande parco di produzione di energia eolica in Latinoamerica, spinto dai governi di Calderon e di Peña Nieto in complicità con la multinazionale Mareña Renovables (con capitali spagnoli, olandesi e giapponesi). Che sarebbe adesso delle lagune superiori e inferiori, sacre per chi si dipana lungo i litorali, senza la dura lotta intrapresa dai popoli di mare e vento contro uno dei più grandi investimenti del capitalismo verde.

Questa non è l’intera storia di chi ha lasciato un’impronta nelle conoscenze storiche di Layú Nabee, sono solamente frammenti di varie memorie che come donne, uomini e otroas abbiamo custodito di generazione in generazione. Rendere nostro il passato non significa conoscerlo per come è stato realmente, farlo nostro “significa appropriarsi di un ricordo così come questo riluce in un istante di pericolo”. Oggi il pericolo risiede nelle orecchie e nei seguaci del capataz, orecchie che diventano sorde ai sussurri di chi ieri affrontò lo stesso mostro che oggi si presenta con un nuovo nome e differenti colori.

Oggi il pericolo è travestito da sinistra e dal suo podio convince i suoi seguaci del fatto che noi popoli indigeni non siamo stati un soggetto storico sotto i passati regimi; oggi il capataz ha fatto credere ai suoi seguaci che la nostra storia inizia con lui; ha voluto rimuovere che come popoli indigeni siamo stati i primi a affrontare il saccehggio; il capataz ha convinto i suoi fedeli che la difesa dei territori inizia con lui alla loro testa ed è garantita dalle sue istituzioni clientelari. Oggi il pericolo minaccia la permanenza e la continuità della memoria, così come chi la accoglie, ciò che ha portato molte e molti a consegnarsi come strumenti per la riproduzione del capataz.

Adesso, più che mai, è necessario strappare la memoria dalle mani del conformismo, perché la memoria viene soggiogata da un palcoscenico ogni mattina. Perché il capataz non solo si presenta come redentore e messia, ma perché pretende concludere come vincitore. Fare nostro il passato è una scintilla di speranza di cui sappiamo approfittare solamente noi popoli, perché se il capataz vince neanche i nostri morti saranno salvi da lui. La scintilla di speranza che ci da la nostra memoria oggi si fa nuovamente presente, perché la coscienza per far brillare il continuum storico di ogni epoca risiede nei popoli indigeni nell’istante della propria azione.

Forse pensava che il silenzio degli oppressi avrebbe regnato durante il suo governo? Senza dubbio, la violenza continua ad essere la sua arma contro le rivendicazioni collettive a cui promise di dare risposta e oggi ha lasciato nell’oblio. Noi popoli che lottammo nel passato siamo gli stessi che portiamo avanti le lotte per il presente ed il futuro. Qui siamo, siamo stati e saremo, resistendo con fermezza, non importa che cambi il capataz, perché sappiamo che i partiti non risolveranno le ingiustizie che storicamente abbiamo sofferto. Senza paura nello sbagliarci, affermiamo che non è esisitita la fine di un’era politica, nè l’inizio di un’altra, ma piuttosto la continuità di un capitalismo depredatore.

Oggi, la scintilla di speranza agisce, parla e pensa in ayuujk con il machete in mano, cacciando in oltre trenta occasioni l’azienda “La Peninsular” del Grupo Hermes, che si è aggiudicata l’appalto per la “modernizzazione” di 50 km di ferrovie del FIT nel tratto che attraversa il territorio di chi abita nella zona nord di Layú Nabee. Quella stessa scintilla è presente al sud dove le donne binnizá difendono il proprio territorio in nome del totopo [tortilla di mais fritta ndt], del mais e del vento, dall’azione e riflessione in diidxazá contro l’istallazione di cluster agroindustriali, tessili e metallurgici di oltre 400 ettari, che pretenderebbero erigere sulle loro montagne del Pitayal.

Ma per far saltare il continuum di questa epoca sarà necessaria la solidarietà di tutt* coloro che abitiamo questo territorio e di chi, da differenti geografie ascolta i nostri sussurri. Perché anche se ci troviamo geograficamente disperse, dispersi e dispersoas, in un mondo interconnesso dal Capitalismo, lo Stato e il Patriarcato, tutto ciò che attanaglia un territorio strategico geograficamente colpisce altre regioni del globo.

Se loro interconnettono il mondo per il saccheggio e l’accumulazione di capitale, noi dobbiamo interconnettere i nostri mondi per la resistenza.

In questo Treno chiamato “Quarta Trasformazione” con i suoi vagoni chiamati “Corridoio Internoceanico dell’istmo di Tehuantepec” e “Tren Maya”, è il momento di incontrarci non per tirare il freno d’emergenza a questo Treno, ma per generare le condizioni che demoliscano le stazioni del treno. E in questo senso, essere i popoli indigeni, insieme alla solidarietà dei nostri fratelli e sorelle dei molti mondi che trovano posto in questo mondo, i protagonisti della storia.

È per questo che, CONVOCHIAMO nazioni, tribù, popoli, comunità, organizzazioni e collettiv* indigeni, sociali, popolari, media liberi e come si definiscano e a tutt* coloro che lottano e resistono a Oaxaca, Messico e nel mondo a collaborare, appoggiare e partecipare alla Carovana e Incontro Internazionale “EL SUR RESISTE” da realizzarsi nei territori minacciati dai megaprogetti del Corridoio Interoceanico e del Tren Maya, nella primavera del 2023, con l’obbiettivo di riconnetterci dopo tre anni di pandemia e articolare le nostre esperienze, i nostri sentire, forme di lotta e resistenza. Questa chiamata è estemporanea e urgente, di fronte alla devastazione, al saccheggio e l’esproprio che sta avvenendo in questo momento, mentre l’orologio del giudizio finale continua a correre e le conseguenze della crisi climatica impattano sui nostri territori.

Per questo realizzeremo e inviteremo a riunioni di preparazione, organizzazione e articolazione nei diversi territori del Messico e del Mondo, e per questo invitiamo ad essere attenti delle prossime chiamate, sussurri e passi da fare tra tutt*.

Senza dubbio sono di più le vene che ci uniscono,

che le crepe che ci dividono,

da Layú Nabee questa è la nostra parola:

Asamblea de los Pueblos Indígenas del Istmo en Defensa de la Tierra y el Territorio – APIIDTT

 

 

Chiarimenti:

Il titolo di questo testo in 3 parti, prende come esempio quello lanciato dai Subcomandanti Moises e Galeano nel comunicato del 03/03/22. Perché? Perché come è ben specificato nel comunicato dell’EZLN, passata l’invasione non ci sara “chi dia conto del paesaggio”. La guerra, a cui fanno riferimento i compas zapatisti nel loro comunicato, coincide con la trasformazione che il Corridoio Interoceanico pretende per l’Istmo, anche qui in Layú Bee: “Ci sono interessi del grande capitale in gioco, per ambo le parti”, “esistono interventi-invasioni-distruzioni buone, e quelle buone sono quelle che realizzano per i loro fini” e “Chi guadagna sono i grandi consorzi di armamenti e i grandi capitali che vedono l’opportunità di poter conquistare, distruggere/ricostruire territori, sarebbe a dire, creare nuovi mercati di merci e di consumatori, di persone”. È per questo che: Non Ci Sarà Paesaggio Dopo la Trasformazione.

 

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