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Paese Mapuche: parla il CAM, “La Commissione di Pace e di Intesa è una farsa” (I)

Siamo chiari, questa Commissione non rappresenta gli obiettivi politici della nostra organizzazione e del movimento mapuche autonomista che è attivo nei processi di recupero territoriale.

di Héctor Llaitul

La nostra politica continua ad essere la ricostruzione nazionale e la liberazione del Wallmapu, obiettivi che, una volta di più, non sono compresi né abbordati dalla classe politica cilena e da tutti i suoi settori vicini.

Fin dal suo inizio abbiamo sostenuto che questa Commissione era condannata al fallimento, dato che, più che rappresentare le richieste delle comunità e dei gruppi che lottano per le proprie terre, incarna gli interessi della classe imprenditoriale e del latifondo che oggi si nascondono con falsi discorsi di pace e di benessere sociale. Sono questi settori quelli che cercano di legittimare la loro propria concezione di “pace e intesa”, che non è altro che un nuovo marchingegno per assicurare le migliori condizioni per incrementare ed accumulare i loro profitti nel nostro territorio ancestrale. Per la stessa ragione questa Commissione funziona anche come uno strumento politico e mediatico tentando di escludere il movimento mapuche autonomista, e per affermare pubblicamente che gli interessi dello stato e del gran capitale sono sotto minaccia, impongono le loro regole e il loro modo di far politica nei settori mapuche istituzionali. Di fatto, hanno avuto voce solo i settori cooptati e funzionali.

Aggiunto a quanto prima, è importante sottolineare che una Commissione che nasce, si riunisce e conclude durante uno Stato d’Emergenza attivo su quel territorio oggetto della stessa, non ha legittimità. Vogliono “fare politica”, anche se il termine è troppo grande, con la pistola sul tavolo e con i soldati che presidiano le comunità. Mostrando con queste “proclamate pratiche democratice”, una grande contraddizione.

Una Commissione che sorge in mezzo alla militarizzazione del Wallmapu, e che riunisce posizioni e materiali di informazione dei territori sotto queste circostanze, non rispetta nemmeno i più minimi standard di rispetto dei DDUU in materia internazionale. Simultaneamente, è una Commissione che ha operato fin dai suoi inizi sotto un modello neoindigenista, perché non sono state consultate le comunità mapuche, né coloro che sarebbero i suoi rappresentanti, né quali sono i temi centrali, né come dovrebbero essere le forme di risoluzione di questi. Questa logica verticistica e tutelare è erede dei più vecchi sistemi politici coloniali, dove la rappresentanza politica fu imposta a sangue e fuoco. Una cosa certa è che questa logica impedisce ai popoli originari di avere il diritto di decidere sulla propria realtà, mentre altri, ricchi e nobili, lo fanno per loro. Oggi si torna a ripetere il formato coloniale, e razzista, dello stato capitalista cileno.

Di fronte a questa realtà, che ha permeato per decine di anni i meccanismi con cui lo Stato del Cile tratta la “questione indigena”, il fatto è che il movimento mapuche autonomista sorge con forza a partire dagli anni 90, con una sua propria politica, parlando e facendo per conto nostro, senza che altri ci soppiantino o ci rappresentino. Ma oggi di nuovo questa situazione è stata ignorata -a proposito- dagli illuminati progressisti che stanno dietro alla Commissione. E la cosa più paradossale è che coloro che hanno voce sono i rappresentanti della classe politica e imprenditoriale antimapuche.

Sono coloro che da tre decenni pensano che lo storico conflitto sostenuto tra comunità mobilitate, lo stato e i rappresentanti del capitale nel Wallmapu abbia soluzione con persecuzione, criminalizzazione, montature, processi e carcere. Sembra irrisorio che il presunto “dialogo” per la pace, concretizzato con questa Commissione, includa precisamente i militaristi che non la vogliono e che hanno ingrossato le proprie tasche a spese dell’occupazione usurpatrice. È il caso di comandi paramilitari, come l’APRA, che effettuano operazioni politiche, più che agire come un’associazione che rappresenta un gruppo in cerca di questa presunta “pace”.

A livello costituzionale e operativo, risulta essere una Commissione costruita sulle sabbie mobili, così come lo fu la partecipazione dei mapuche alla Convenzione Costituente. Per la stessa ragione, non giungendo ad accordi concreti, il massimo risultato è mostrare questa Commissione nel suo lavoro di elaborazione di una diagnosi riguardo a quello che loro hanno chiamato il recupero delle terre, questione che nel mondo mapuche non ha assolutamente nessun senso perché il nostro popolo, le comunità, hanno assolutamente chiaro quali siano le rivendicazioni territoriali che ci interessano per ristabilire un disegno territoriale che permetta la ricostruzione del nostro Popolo Nazione.

Con questa diagnosi, la Commissione vuol giustificare che esistono i meccanismi di restituzione della terra, non essendoci una proposta concreta e precisa che determini o che renda reale la restituzione dei territori. Nonostante ciò, costituisce il “cavallo di battaglia” per occultare un inganno maiuscolo, che è l’imposizione delle tecniche del mercato, con incluse le corruttele, per risistemare i grandi investimenti capitalisti nel nostro territorio ancestrale.

Una diagnosi che sarà presentata come un grande obiettivo, ma che non sarà conclusa con questo governo. Nemmeno le restituzioni territoriali, che saranno a lungo termine e che indicheranno o stabiliranno solo un tipo di meccanismo, un tipo di forma per, politicamente, cercare compromessi e negoziati nei futuri governi.

In definitiva, questa nuova Commissione costituisce una vera farsa, una nuova combine e passerà a formare un altro anello affinché l’attuale amministrazione, l’attuale governo neoliberale, lanci un futuro governo che sarà nelle mani dell’ultradestra.

Cercare la pace e l’intesa con l’esclusione di coloro che lottano è il grande interrogativo, come si può cercare la pace in un contesto di militarizzazione e di maggior repressione? Ancor di più, con l’esistenza di molti prigionieri politici mapuche (PPM) che stiamo venendo processati e condannati solo per rappresentare la lotta territoriale, autonomista e rivoluzionaria attraverso idee forza e proposte politiche per la ricostruzione del nostro popolo. Nulla è stato detto di noi weichafe (guerrieri) che siamo sequestrati dallo stato cileno. Perché finché ci saranno militarizzazione e prigionieri politici mapuche non è possibile neppure iniziare dialoghi che portino ad accordi.

L’esistenza dei PPM avviene in un contesto di maggior persecuzione e sulla base di leggi d’emergenza che ci rimandano ai tempi dittatoriali. In effetti, oggi ci sono prigionieri politici mapuche frutto di politiche più sofisticate per reprimere e perseguitare il movimento autonomista, di noi che con più forza ci siamo fatti carico della lotta contro l’estrattivismo e per la ricostruzione del nostro popolo, processi sostenuti con il recupero degli spazi territoriali, oggi in mano principalmente delle imprese forestali.

Come anticamera della presentazione degli accordi o dei punti della Commissione per la Pace e l’Intesa si sta implementando una vera campagna mediatica a cui partecipano i settori più fascisti della destra cilena, ovviamente coperti dai mezzi di comunicazione che sono al loro servizio, dove si reinstalla il discorso che demonizza la causa mapuche, condannando la violenza che esercitano le comunità per il recupero territoriale. Un discorso che reinstalla i concetti di terrorismo, violenza rurale, crimine organizzato per delegittimare e depoliticizzare la giusta causa per il territorio.

D’altra parte, si sta insinuando l’idea di un presunto accordo di restituzione delle terre con il quale ci sarebbe un’enorme cifra di denaro che sarà disposta per la riparazione territoriale verso le comunità, fatto che fa parte della farsa che già conosciamo, perché nei fatti questa proposta sempre svanisce lungo il cammino e alla fine termina in magre risorse e in una quasi nulla fattibilità di restituzione delle terre. Fatto che è una costante nella legislazione vigente con la partecipazione della CONADI, un organismo putrefatto e funzionale dello stato capitalista. Ci saranno soldi solo per risarcire i latifondisti e per ingrossare i forzieri delle imprese forestali, che fanno il grande affare con la speculazione finanziaria della compravendita dei fondi usurpati alle comunità.

Senza dubbio, si è messa in marcia una nuova operazione politica che cerca di dare forza e importanza ad una Commissione che in realtà non ha nulla da offrire per la soluzione del conflitto, perché lo scontro è posto su basi strutturali, economiche, che implicano la lotta di un popolo originario oppresso contro uno stato coloniale invasore e di fronte al quale esiste già un processo di lotta e di resistenza per la ricostruzione della Nazione mapuche.

L’attuale lotta mapuche è e sarà per il territorio e l’autonomia per la Nazione mapuche.

La lotta continua!!

Amulepe taiñ weichan !!

5 maggio 2025

Kaos en la Red

Tradotto da Comitato Carlos Fonseca

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