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Argentina: “Lo Stato Nazionale decide di non finanziare la lotta agli incendi”

Il fuoco devasta territori e vita nel Chubut, Río Negro e Neuquén. Di fronte alla scarsa azione del governo nazionale, abitanti locali, produttori e popoli originari indicano le cause: siccità prolungate e cambiamento climatico, monocolture di pini e mancanza di prevenzione. Un morto, centinaia di case distrutte e 23.000 ettari sono alcune delle conseguenze. Nel 2024 la Nazione ha utilizzato solo il 26% del bilancio per la gestione del fuoco.

di Nahuel Lag, da Comitato Carlos Fonseca

L’incendio a El Bolsón continua ad essere attivo. Dal suo inizio, giovedì, alla confluenza dei fiumi Azul e Blanco, ha devastato 2800 ettari, ha distrutto almeno 100 case, oltre a capannoni, veicoli, linee elettriche e animali. I momenti più critici si sono vissuti nei primi giorni, quando il fuoco ha attraversato le case e le fattorie nella zona di Mallín Ahogado. Nella lotta contro le fiamme è morto Ángel Reyes, un abitante di 83 anni. Justo Poso, portavoce della comunità mapuche Newen Che, ha affermato che “il fuoco lo ha fermato il popolo, se non fosse stato così, i danni sarebbero molto più grandi”.

La reazione solidale della Regione Andina -regione che unisce le località di El Bolsón con la ugualmente incendiata Epuyén, nel Chubut- è stata spontanea, con attrezzature, fuoristrada, donazioni e cibo per i brigatisti. “Non so se ci sia un corpo dello stato che possa far fronte a simili incendi, ma non ci sono nemmeno risorse, mancano attrezzature per i brigatisti. Gli abitanti da giorni stanno lavorando senza fermarsi, giorno e notte”, avverte Agustín Mavar, produttore dell’Unione dei Lavoratori della Terra (UTT) e volontario nell’incendio, che coincide con Poso sul ruolo fondamentale che hanno svolto gli abitanti. E aggiunge: “Gli incendi sono qualcosa di vistoso per coloro che li vedono in televisione o nel cellulare, ma come ogni notizia passa rapidamente e questa è una catastrofe, bisogna nei prossimi anni accompagnare la gente che ha perso tutto. E domandarsi perché? Perché si sono sviluppati gli incendi?”.

Secondo l’ultimo rapporto del Servizio di Prevenzione e Lotta conto gli Incendi Forestali (Splif) del Río Negro, sono ancora sei i focolai attivi nell’incendio di El Bolsón. Senza piogge in vista e una previsione di vento, nella zona delle fattorie i focolai si stanno raffreddando, mentre le fiamme avanzano dall’altro lato del fiume Azul verso la cordigliera e in direzione nord. Per far fronte ad un incendio di questa dimensione, il Servizio Nazionale per la Gestione del Fuoco (SMNF) ha inviato 45 brigatisti, mentre la provincia apporta il resto: 54 sono dello Splif provinciale e altri 120 appartengono ai pompieri volontari locali e dei municipi vicini, e brigatisti che sono giunti da Chubut. Il SMNF ha anche apportato tre aerei antincendio, due elicotteri e telefonini, Il Parco Nazionale Lago Puelo, invia altri 5 combattenti.

“Solo per operare, una motopompa ha bisogno di minimo 3 persone. È poca gente; come non bruciano 300 case”, dichiara Mavar. “Quelli che lavorano nei tagliafuoco sono persone che si sono organizzate, di brigatisti dello stato ce ne sono pochi e nulla, si vedono in alcuni punti; perché sono molti i focolai di incendio”, completa Mirta Ñancunao, portavoce del Parlamento Mapuche Tehuelche del Río Negro.

C’è un dato che contrassegna la politica del governo nazionale per far fronte agli incendi. Il SNMF, che da dicembre dipende dal Ministero della Sicurezza di Patricia Bullrich, a gennaio non ha speso nemmeno un solo peso e recentemente nella prima settimana di febbraio ha messo a disposizione i primi 75,2 milioni, secondo quanto scaturisce dai dati ufficiali del bilancio aperto. Il Governo nazionale, inoltre, ha terminato il 2024 impiegando solo il 22 per cento del totale del bilancio nazionale destinato all’area, il SNMF ha altre fonti di finanziamento -fidecommessi della Gestione del Fuoco e trasferimenti dalla Sovrintendenza delle Previdenze della Nazione per la riscossione di aliquote di previdenza-, che permettono di mobilitare personale e veicoli, ma potrebbe iniettare più fondi e la decisione, fino a gennaio, è stata di non farlo.

Di fatto la ministra Bullrich -da cui dal 27 dicembre dipende il SNMF- nei primi sei giorni non ha menzionato pubblicamente gli incendi. Di fronte alla domanda di Tierra Viva su quali fossero i compiti che svolgeva il Ministero di fronte agli incendi, dal ministero della Sicurezza non c’è stata risposta. La ministra, che a gennaio era presente in Patagonia per guidare lo sgombero della Lof Pailako, ha deciso di rimanere assente dalla catastrofe ambientale che subiscono gli abitanti del Río Negro e del Chubut. Chi è presente a El Bolsón è il governatore Alberto Weretilneck. Ha riconosciuto la mancanza di risorse ringraziando: “Voglio evidenziare la solidarietà di tutti coloro che sono in questa lotta: pompieri, brigatisti, forze di sicurezza e abitanti che si sono uniti con le loro risorse”.

“Questo apre un interrogativo sul ruolo del Servizio Nazionale di Gestione del Fuoco. Come può essere che di fronte a simili incendi non intervenga? Il Servizio può intervenire attraverso altre fonti di finanziamento, ma ciò che stiamo vedendo è che lo stato decide di non finanziare con le fonti che dipendono dal bilancio nazionale”, dichiara a Tierra Viva Matías Cena Trebucq, economista dell’area di ricerca della Fondazione di Ambiente e Risorse Naturali (FARN), che seguono l’attuazione del bilancio attraverso  il Monitoraggio Ambientale del Bilancio.

Quello di El Bolsón non è l’unico focolaio di incendio nella Patagonia. Già sono rimasti sotto il fuoco 22.800 ettari di bosco nativo, fattorie produttive e abitazioni, secondo quanto ha stimato Greenpeace, in cinque focolai ancora attivi: 10.764 ettari nel Parco Nazionale Nahuel Huapi (Río Negro), 2.723 a Mallín Ahogado (Río Negro), 3.530 a Epuyén (Chubut), 3.200 a Aldea Las Pamas/Atilio Viglione (Chubut) e 2.671 ettari nel Parco Nazionale Lanín (Neuquén).

Un’altra fonte di informazione per misurare l’avanzata degli incendi in Patagonia è la Commissione Nazionale per le Attività Speciali (Conae), che fa mappe delle aree colpite dagli incendi nel Río Negro e nel Chubut, a partire da informazioni fornite dai satelliti di osservazione della Terra. Il calcolo della Conae, che non contempla l’incendio attivo nel Parco Nazionale Lanín, assomma a 16.000 ettari devastati.

Il SNMF offriva, fino alla precedente gestione, un rapporto giornaliero degli incendi forestali in tutto il paese. Questa pagina di informazione ora dà solo un risultato di Errore.

El Bolsón si incendia: la risposta provinciale

Il governatore Alberto Weretilneck, che ha applicato sul suolo provinciale la politica di austerità ordinata dalla Casa Rosada, aveva visitato El Bolsón un giorno prima dell’inizio dell’incendio alla confluenza dei fiumi Azul e Blanco, nella località conosciuta come Wharton, porta d’accesso ai rifugi di montagna, dai quali sono dovuti essere evacuati circa 800 turisti.

In quella visita, è passato per lo Splif de Bolsón e ha affermato che “durante gli ultimi anni la provincia ha investito per rafforzare questa istituzione e garantire che possano contare sulle risorse necessarie per continuare a proteggere i nostri boschi e le comunità”.

Il governatore, parlando con TN, ha cercato di spiegare perché non ci sono state sufficienti risorse per fermare il fuoco che ha divorato case, campi, boschi e fauna: “Il fuoco ha corso ad una velocità di due chilometri l’ora, non ci sono meccanismi di prevenzione a questo”. E ha aggiunto, andando controcorrente al negazionismo della Casa Rosada, che le siccità e il cambiamento climatico “stanno facendo stragi, non abbiamo registrazioni di una siccità così importante, non avremo piogge per i prossimi 15 o 20 giorni”.

Di fronte alla gravità dell’incendio a El Bolsón, Weretilneck ha decretato fino al 30 aprile lo “Stato d’Emergenza Ignea” in tutta la provincia, che proibisce di accendere fuochi all’aria aperta o effettuare attività che possano provocare incendi. Su una possibile ipotesi dell’inizio del fuoco, il governatore ha rimarcato che si trattava di un “delitto”, evitando ora di accusare il Popolo Mapuche come il governatore Torres.

L’incendio avanza, il bilancio e la prevenzione no 

Gli incendi in tutto il paese sono ricorrenti. Gli effetti delle siccità e l’aumento delle temperature (frutto del cambiamento climatico) sono difficili da negare. Gli incendi del 2020 produssero una reazione dello Stato Nazionale, con più risorse, coordinamento e una modifica della Legge di Gestione del Fuoco, che evita la vendita delle terre distrutte, qualcosa che La Libertà Avanza minaccia di cambiare fin dall’annuncio del DNU 70/2023, ma che ancora non ha ottenuto.

Un anno addietro, quando Milei giunse al Governo, il Parco Nazionale Los Alerces ardeva. Alcuni mesi dopo, un’altra volta, incendi nei boschi nativi del Córdoba. Durante questo 2024, i fondi che la Nazione destinò per il Servizio di Gestione del Fuoco furono di 12.100 milioni, che furono aumentati a 33.342 milioni dopo gli incendi nel Córdoba. Nonostante ciò, precisa il ricercatore del FARN, sono stati spesi solo 7338 milioni di pesos, il 22 per cento. La cifra della spesa sale al 26,4 per cento se si aggiunge la partita di bilancio destinata alla gestione del fuoco nelle aree dei Parchi Nazionali, dove sono stati spesi 2061 milioni di pesos su un totale di 2172 milioni, anche se l’incendio a Los Manzanos (Parco Nazionale Nahuel Huapi) arde dalla fine di dicembre e ora se ne è attivato un altro nel Lanín.

Secondo quanto precisa Cena Trebucq, il livello di spesa del 26,4 per cento per la prevenzione e la lotta agli incendi negli ultimi anni è il più basso. La spesa del bilancio destinato al SNMF e la gestione del fuoco nei Parchi Nazionali fu del 99 per cento nel 2021, del 98 per cento nel 2022, e del 96 per cento nel 2023. Un altro dato significativo è quello che rappresentano questi investimenti per la preservazione dell’ambiente sul totale del bilancio nazionale: “Nel 2022, la spesa del SNMF e l’attività della Gestione del Fuoco (che dipende dall’APN), rappresentò lo 0,084 per cento del Bilancio Nazionale messo in opera. Nel 2023, rappresentò lo 0,035 per cento e, nel 2024, lo 0,001 per cento”, specifica il ricercatore del FARN.

Il Governo ha convocato le sessioni straordinarie che sono iniziate questa settimana, ma il Bilancio 2025 non è in agenda e si prorogherà quello del 2024, fatto che dà “maggiore discrezionalità al potere Esecutivo per poter fare modifiche arbitrarie al bilancio”, spiega il ricercatore del FARN.

Il Bilancio 2025, in tutti i modi, tornava a mettere in chiaro la preoccupazione della Casa Rosada per gli incendi; riduceva il bilancio nazionale per l’area a 28.603 milioni. Con la proroga, i fondi sono gli stessi del 2024, ma fino al 31 gennaio non si era speso nemmeno un solo peso. Solo 46,9 milioni corrispondenti alla partita dei Parchi Nazionali. Con vari focolai di incendio nella Patagonia, nella prima settimana di febbraio, secondo dati del bilancio aperto, sono stati spesi i primi 75,2 milioni di pesos di un bilancio prorogato di 33.342 milioni.

La reazione solidare degli abitanti

Mavar è un produttore ovino della località Desemboque, Chubut, situata tra l’incendio di Epuyén -ancora attivo nella zona della cordigliera- e il fuoco che avanza a El Bolsón. Giovedì, venerdì e sabato ha lasciato la sua fattoria ed è andato con la sua motosega ad aiutare gli altri produttori e i vicini dall’altro lato del Parallelo 42, nel Río Negro. “L’incendio a Golondrinas, nel 2021, sapevamo che sarebbe passato, io vivevo lì e potei salvare la mia casa. L’incendio nel Mallín lo si stava aspettando da tre anni, quello che non si sapeva era la dimensione”, spiega su come si vive in Patagonia gli ultimi anni.

“L’incendio del Mallín è stato contenuto, in gran parte, per il lavoro della gente. Senza gli abitanti questa sarebbe stata una catastrofe ancor peggiore”, coincide con le parole del werken Poso. Mavar spiega che l’azione è spontanea, senza il coordinamento di nessun organismo ufficiale. “In questa zona uno apprende cosa fare e cosa non fare”, dice e gli viene la pelle d’oca ricordando i giorni di solidarietà, di stare insieme ad un vicino al quale stava prendendo fuoco la casa. Le azioni dei brigatisti municipali, provinciali e nazionali vanno a turni, gli abitanti stanno giorno e notte quando il fuoco si avvicina alle loro case.

Al momento di raccontare come gli abitanti si preparano a ricevere il fuoco imminente, spiega che la cosa necessaria è un serbatoio d’acqua, da 20.000 a 100.000 litri, mantenere pulito da rami ed erba secca l’area che circonda la casa e attrezzarsi con manichette e motopompe. “Il fuoco quando avanza non lo fermi, quello che si può fare è attrezzarsi per sgomberare la tua casa”, spiega. Sulla ripetuta problematica della mancanza di controllo dei boschi di pino piantati, insiste: “Noi che siamo stati faccia a faccia con il fuoco sappiamo che ad un albero nativo -un cipresso, un maitén, un maqui- costa prendere fuoco; ti danno del tempo in più per contenerlo. Il pino, passa una scintilla ed è un fiammifero”.

“Le testimonianze sono strazianti e ribadiscono l’assenza di organismi statali; oltre al trattamento diseguale di fronte ad abitanti di migliore posizione economica, che sono stati assistiti con acqua di camion cisterna e fuoristrada 4×4. Il grosso della popolazione è stata assistita dai vicini e dalle vicine, e da centinaia di altri della Regione che sono giunti a lavorare per affrontare l’avanzata dei fuochi nelle zone popolate”, completa la portavoce del Parlamento Mapuche Tehuelche.

Mavar dichiara che le ipotesi sull’incendio possono essere molte perché “la gente che dà fuoco è incontrollabile, hanno qualche altro scopo: immobiliari, politici, economici, eccetera”, ma segnala che come gli stessi abitanti hanno cominciato a costruire i propri kit di emergenza e i propri equipaggiamenti, lo stato avrebbe dovuto avere una politica per aiutare con attrezzature, con riserve d’acqua o addestrare la gente a situazioni d’incendio. “In questi luoghi, i bambini nelle scuole dovrebbero apprendere a nuotare e a spegnere gli incendi, perché siamo circondati da acqua e bosco. Sono cose che si possono prevedere, ma è politica pubblica”, analizza.

“Queste sono catastrofi, sono famiglie che resteranno senza nulla per abbastanza tempo e qui in due mesi comincia seriamente a far freddo. Già c’è gente che sta mettendo insieme le lamiere che sono bruciate, le raddrizza, mette quattro pali e vi si mette sotto, perché non ha dove vivere”, fa pensare l’intensità delle conseguenze degli incendi.

Foto: Marcelo Martínez

Copertura congiunta di Tierra Viva e Revista Cítrica 

4 febbraio 2025

Agencia Tierra Viva

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