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Palestina: Israele all’attacco dell’ospedale Al Shifa, di Rafah e di Jabalya. Picchiato in carcere Marwan Barghouti.

Palestina. “A Gaza 150 strutture dell’Unrwa sono state distrutte, 400 addetti sono stati uccisi e più di 1.000 feriti. Israele ha inoltre arrestato diversi dipendenti e li ha maltrattati, mentre civili e bambini continuano a morire e la fame aumenta”.

Così dall’Egitto il commissario generale Unrwa, Philippe Lazzarini, a cui Tel Aviv ha negato l’ingresso a Gaza, chiesto per fare il punto sulla disastrosa situazione umanitaria. Su questo la Fao prevede una situazione di carestia generalizzata per il nord di Gaza entro maggio. Ancora più drastica l’Unicef: “la mancanza di nutrizione tra i bambini era raddoppiata in un mese, nonostante i ripetuti avvertimenti contro la carestia. E sta peggiorando”.

Dentro la Striscia il bilancio delle vittime palestinesi a Gaza dal 7 ottobre 2023 a oggi, martedì 19 marzo 2024, è salito a quota 31.819, di cui 93 nelle ultime 24 ore. I feriti sono 73.934, oltre a 10mila dispersi.

Nelle ultime ore in primo piano c’è ancora l’assalto dell’esercito israeliano contro l’ospedale di Al-Shifa di Gaza, il più grande della città palestinese. 30.000 le persone intrappolate dentro l’edificio, secondo fonti sanitarie. Si tratta di civili sfollati, feriti e personale medico. Le immagini mostrano bambini, civili, medici uccisi, lasciati a terra. Tel Aviv invece dice di avere ucciso 20 miliziani di Hamas e Jihad Islamica, con 200 prigionieri, compreso un noto giornalista di Al Jazeera, il 27enne Ismail al-Ghoul, picchiato davanti alle telecamere, denudato e fatto sparire, prima del rilascio a tarda notte. La sua colpa? Cercare di testimoniare l’ennesimo crimine di guerra israeliano. Nelle prime ore di martedì 19 marzo, altri attacchi aerei israeliani hanno colpito abitazioni civili a Rafah, nel sud di Gaza, con almeno 14 morti. 8 nel raid su Jabalya, nel nord della città: decine i feriti.

In questo scenario genocidiario, a Doha riprendono i negoziati. Una fonte diplomatica israeliana ha detto che gli incontri coinvolgeranno Sinwar, numero uno di Hamas, mentre la delegazione israeliana è guidata dal capo del Mossad, Barnea. Sul piatto una tregua possibile di 42 giorni, seguita da un progressivo scambio di prigionieri. Tel Aviv continua a prendete tempo, tanto che i mediatori internazionali – Qatar ed Egitto – hanno avvertito Israele che “si è arrivati alla fase finale dei negoziati” e che “se non verrà raggiunto un accordo, i colloqui cesseranno”.

Così il Wall Street Journal, mentre la Ue, pilatescamente, annuncia sanzioni sia contro Hamas che contro i coloni abusivi nella Cisgiordania occupata. Controreplica del ministro israeliano di ultradestra, Smotrich, titolare del dicastero delle Finanze: “La falsa campagna Bds (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni) contro Israele sta funzionando. Una campagna progettata nella sua interezza per infangarci: replicheremo rafforzando e radicando ulteriormente gli insediamenti colonici”.

Intanto Biden ha parlato con Netanyahu, nella prima telefonata dal 15 febbraio, “discutendo – dice una stringata nota della Casa Bianca – gli ultimi sviluppi in Israele e Gaza, compresa la situazione a Rafah e gli sforzi per aumentare l’assistenza umanitaria nella Striscia”. Le posizioni diplomatiche restano distanti, soprattutto sulla possibile invasione di Rafah: nonostante questo, prosegue il supporto militare e la copertura diplomatica Usa all’ultradestra israeliana al potere a Tel Aviv.

Da Gaza alla Cisgiordania, dove è caos politico a seguito della durissima nota di Fatah delle scorse ore, che ha di fatto dato la colpa ad Hamas e alla resistenza palestinese del genocidio israeliano. Un comunicato arrivato da ambienti vicini ad Abu Mazen e Anp, ma disconosciuto dalle Brigate dei Martiri di Al Aqsa, ala militare di Fatah, che ha fatto sapere di “combattere con i proprio militanti contro l’occupazione sionista a Gaza”. Il tutto dopo che Hamas, Fplp, Jihad Islamica e anche il partito non armato di sinistra Iniziativa Nazionale Palestinese di Mustapha Barghouti avevano condannato il nuovo governo Anp, in mano all’ennesimo economista di scuola Banca Mondiale, anziché creare un governo di unità nazionale, sulla scorta della richiesta delle varie fazioni di liberare dalle carceri israeliane anche di noti esponenti di Fatah, a partire dal più popolare, Marwan Barghouti.

Famigliari e compagni del leader politico, già leader di Tanzim – gruppo militare legato a Fatah durante la Seconda Intifada e sepolto in carcere con ben 5 ergastoli, dal 2002 – hanno denunciato nelle scorse ore pestaggi e violenze per mano israeliana. Le aggressioni risalgono al 6 marzo e al 12 marzo. Barghouti è stato attaccato dagli israeliani nella sua cella di isolamento nel carcere di Megiddo e lasciato con ferite gravi, “picchiato fino a che gli occhi sanguinavano”.

L’intervista a Samir Al Qayrouti, giornalista italopalestinese e collaboratore di molte testate, italiane e internazionali, come Al Jazeera e Bbc.

da Radio Onda D’Urto

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