Palestina: rilascio dei prigionieri, rabbia e felicità tra i palestinesi
I palestinesi rilasciati, tra cui alcune donne e molti bambini, sono potuti tornare dopo mesi, anni, alcuni decenni, nelle loro case. Dopo la prima fase del rilascio che ha portato alla liberazione di 450 palestinesi, degli ulteriori 550 rilasciati ieri, 506 provengono della West Bank, 40 da Gaza, due da Gerusalemme e due dalla Giordania.
Mentre nella prima fase molti tra i rilasciati erano membri di Hamas, quelli che ieri hanno lasciato le carceri israeliane appartengono soprattutto a Fatah, attuale partito di governo della West Bank, accanto ad alcuni membri al PFLP, organizzazione della sinistra rivoluzionaria palestinese.
Nella prima fase dello scambio molti dei rilasciati erano condannati all’ergastolo con l’accusa di aver portato avanti azioni militari e di aver ucciso soldati o coloni israeliani, quelli rilasciati adesso erano invece accusati di “reati minori”. Tra questi molti hanno passato anni in prigione per possesso di armi oppure perché accusati di essere membri, a vario titolo, della resistenza palestinese.
Nonostante lo stato ebraico stia cercando di mostrarsi come un governo che rispetta gli accordi presi, la vera faccia del regime sionista si è mostrata anche in questa occasione. Nel periodo intercorso tra la prima e la seconda fase dello scambio, centinaia sono stati gli arresti dei palestinesi da parte delle forze militari israeliane, al punto che il numero dei prigionieri palestinesi detenuti è andato ad eguagliare quello precedente l’inizio dello scambio.
Da tutti i territori palestinesi quotidiane sono le notizie di arresti, sia di molti dei membri della sinistra rivoluzionaria palestinese particolarmente sotto attacco in questi giorni, che dei molti altri che quotidianamente si battono contro l’occupazione; ma vi sono stati arresti anche tra coloro che erano stati liberati durante la prima fase dello storico accordo, coloro cioè che, magari dopo decenni, hanno solo per poche ore ritrovato la libertà.
I palestinesi, molti dei quali hanno provato oggi una felicità senza precedenti nel veder liberati i propri compagni e i propri cari, vivono in una situazione di costante repressione, dal momento in cui il governo israeliano, mentre libera 450 palestinesi, ne incarcera altri 10 giornalmente. Accanto all’indubbia felicità per la liberazione di ieri, forte è anche la rabbia, pronta ad esplodere in ogni momento.
Lo si è visto ieri quando tra i familiari dei prigionieri che si trovavano di fronte la prigione di Ofer e i militari israeliani è sorto un confronto che si è concluso con feriti da parte palestinese. Situazione per molti versi simile si è avuta di fronte al check-point di Beitunia, punto di frontiera adiacente al muro di separazione tra i territori israeliani e quelli della West Bank. Anche qui, territorio in cui sarebbe dovuto avvenire il rilascio, per ore si sono avuti scontri tra i familiari dei prigionieri e le forze militari israeliane con palestinesi che lanciavano sassi ed i militari israeliani che rispondevano lanciando lacrimogeni e bombe-suono.
Dunque, mentre l’occupazione dei territori palestinesi,le uccisioni, mirate e non, le aggressioni e la violenza dei coloni continuano, la Palestina, quello stato mai riconosciuto ma che giornalmente continua a lottare, è consapevole che lo scambio dei prigionieri, come qualunque altra delle concessioni derivate dagli accordi o dal fallimentare “processo di pace”, sono nient’altro che un tentativo di fermare quella lotta che da sempre si batte per l’autodeterminazione; quella resistenza che è consapevole che nessuna pace è, e sarà mai, possibile senza una vera giustizia sociale.
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