InfoAut
Immagine di copertina per il post

Palestina. Una giornata di assedio all’università

Mercoledì 22 gennaio. Come al solito, come tutti i miei studenti e colleghi, salgo nella mia macchina abbondantemente in anticipo rispetto all’orario di inizio delle lezioni. In Palestina non esiste altro modo per “fare fronte” all’evenienza di qualsiasi ritardo che il muro tra Cisgiordania e attuale Israele, i checkpoint e tutti gli altri ostacoli che il sistema di occupazione, colonialismo e apartheid messo in atto contro i palestinesi può creare quotidianamente. È l’unico modo per essere “sicuri” di “arrivare in tempo” all’università.

Scrivo “fare fronte”, “sicuri” e “arrivare in tempo” tra virgolette perché a volte all’università non ci si arriva proprio. Magari perché l’esercito israeliano blocca le strade o le entrate, o perché il sistema dei checkpoint che circonda le città palestinesi crea degli intasamenti che durano ore, e addio lezioni e università.
Arrivato al campus dell’Università di Al Quds, nella piccola città-bantustan di Abu Dis (dove da qualche anno insegno e dove dirigo il Programma di Diritti Umani e Diritto Internazionale), trovo cinque jeep militari dell’esercito di occupazione israeliano che sostano di fronte all’Università. Secondo quanto riportano fonti dell’Università di Al Quds, alcune settimane fa l’esercito aveva demolito un’abitazione situata di fronte al nostro campus e considerata un “rischio per la sicurezza di Israele” perché troppo vicina al muro che separa l’università da Gerusalemme. La mattina del 22 gennaio, i proprietari stavano cercando di ricostruire la piccola strada che porta alla casa e l’esercito è intervenuto.

Ovviamente la ricostruzione di una casa demolita o in questo caso della strada che conduce a essa, costituisce, in un contesto coloniale, un enorme affronto. Cancellare e ricostruire una presenza indigena è al cuore dello scontro tra chi da un lato costruisce colonie e demolisce case indigene, e chi invece dall’altro le costruisce e ricostruisce come forma di r-esistenza. Poco dopo che il proprietario ha iniziato a lavorare con un bulldozer per riaprire strada, l’esercito è intervenuto, ha confiscato il bulldozer e stazionato a lungo – come spesso accade, in maniera provocatoria– nei pressi delle entrate principali del nostro campus.

Alle nove e un quarto lascio la mia macchina in un parcheggio “protetto” – visto che normalmente, quando l’esercito attacca il nostro campus, le macchine parcheggiate agli ingressi subiscono gravi danni. Entro nel campus e inizio il mio ricevimento studenti, “come se niente fosse”. Poco dopo le dieci e mezzo incontro un laureando e usciamo in cortile per discutere il suo progetto di tesi sul perché il diritto internazionale è applicato solo ad alcuni crimini e criminali, ma non ad altri. Poco dopo avergli consigliato di includere nella tesi una sezione su Ariel Sharon, Sabra e Chatila e il mancato processo internazionale per crimini di guerra prima che Sharon morisse, iniziamo a lacrimare. L’esercito aveva appena dato inizio alle cinque ore di gas lacrimogeni, spari di pallottole rivestite di gomma, granate stordenti e pallottole vere che hanno segnato la nostra giornata universitaria.

Gli attacchi dell’esercito sul nostro campus sono frequenti. Ma questa volta la giornata di ordinaria vita universitaria è stata particolarmente dura. Molti studenti e personale sono rimasti feriti e hanno riportato sintomi di soffocamento (il gas utilizzato era particolarmente forte e provocava forti irritazioni su varie parti del viso). In uno degli edifici del campus il fitto lancio di lacrimogeni al piano terra ha bloccato dentro alcuni studenti e il personale universitario, poi usciti con delle scale dopo aver spaccato le vetrate dei piani superiori. Le pallottole dell’esercito hanno distrutto molte delle finestre e vetrate dell’università. L’università ha messo in atto un piano di evacuazione e fatto uscire parte degli studenti e del personale. Ma dopo ore di spari e sassaiole l’esercito è entrato dentro il campus e assediato diversi edifici, compreso quello dove mi trovavo.

Intrappolati dentro con i colleghi e gli studenti rimasti, abbiamo incominciato a pensare cosa fare nel caso che i soldati avessero fatto irruzione. Una collega dice: «Forse è meglio che gli uomini si nascondano in cucina, potrebbero essere arrestati». Proprio un attimo dopo entra l’esercito nel nostro corridoio. Uomini in passamontagna catturano uno studente di fronte ai nostri occhi, a pochi centimetri da me. Escono e lo trascinano via. Continuano gli scontri e gli arresti. Usciamo dal nostro edificio alle tre e mezzo del pomeriggio. Il personale amministrativo e il servizio di sicurezza dell’università iniziano a valutare gli ingenti danni. Arriva la televisione nazionale palestinese. Qualche intervista. Il responsabile della sicurezza dell’università che dice: «Questo è il nostro destino: lo stato di assedio».

Dopo cinque ore di accerchiamento usciamo dall’unica strada che l’esercito ha lasciato aperta.

[Le immagini dell’attacco del 22 gennaio 2014]

 

di Nicola Perugini, pubblicato su lavoroculturale.org

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

israelepalestinauniversità

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cosa c’entra la base del Tuscania al CISAM con il genocidio in corso in Sudan?

In Sudan si consuma un massacro che il mondo continua a ignorare.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Argentina: Milei-Trump hanno vinto e si sono tenuti la colonia

Il governo libertario ha imposto la paura della debacle e ha vinto nelle elezioni legislative.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina libera, Taranto libera

Riceviamo e pubblichiamo da Taranto per la Palestina: Il porto di Taranto non è complice di genocidio: i nostri mari sono luoghi di liberazione! Domani, la nostra comunità e il nostro territorio torneranno in piazza per ribadire la solidarietà politica alla resistenza palestinese. Taranto rifiuta di essere zona di guerra e complice del genocidio: non […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gaza è Rio de Janeiro. Gaza è il mondo intero

Non ci sono parole sufficienti per descrivere l’orrore che ci provoca il massacro di oltre 130 giovani neri, poveri, uccisi dalla polizia di Rio de Janeiro, con la scusa di combattere il narcotraffico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

I “potenti attacchi” su Gaza ordinati da Netanyahu hanno ucciso 100 palestinesi

I palestinesi uccisi ieri dai raid aerei israeliani sono un centinaio, tra cui 24 bambini, decine i feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Monza: martedì 4 novembre corteo “contro la guerra e chi la produce”

Martedì 4 novembre a Monza la Rete Lotte Sociali Monza e Brianza e i Collettivi studenteschi di Monza hanno organizzato un corteo “Contro la guerra e chi la produce “.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cosa c’entra Leonardo con il genocidio a Gaza?

Gianni Alioti, ricercatore di The Weapon Watch – Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei, ha scritto per Pressenza un approfondimento, con notizie inedite, sulle responsabilità di Leonardo nel genocidio a Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: continuano gli attacchi israeliani nonostante la tregua del novembre 2024. Due persone uccise

Ancora bombardamenti israeliani nel sud del Libano, nonostante l’accordo di tregua concordato nel novembre 2024.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Coloni lanciano attacchi coordinati contro agricoltori e terreni della Cisgiordania

Cisgiordania. Negli ultimi giorni, gruppi di coloni hanno lanciato una serie di attacchi coordinati contro agricoltori e terreni agricoli palestinesi a Betlemme, al-Khalil/Hebron e nella Valle del Giordano settentrionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Occupazioni e proteste per la Palestina: gli aggiornamenti da Napoli, Torino e Verona

Proseguono le mobilitazioni in solidarietà con il popolo palestinese.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Occupazioni a Torino: cronaca di un mese senza precedenti.

Una cronaca dalle occupazioni e autogestioni delle scuole torinesi del mese di ottobre.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Un opuscolo su riarmo, genocidio e logistica della guerra

Ripubblichiamo un opuscolo realizzato dall’assemblea cittadina torinese STOP RIARMO.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Guerra alla Guerra! Blocchiamo Tutto!

Di seguito il comunicato di GUERRA alla GUERRA rispetto a valutazioni e prospettive del percorso.