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Raid israeliani sulla Siria e sul Libano. Hezbollah colpisce veicolo militare

AGGIORNAMENTO ORE 16 – DUE SOLDATI ISRAELIANI MORTI

Sono due i militari rimasti uccisi nell’attaco di Hazbollah contro un convoglio militare israeliano di questa mattina. Almeno altri otto i feriti, tra cui cinque soldati.

AGGIORNAMENTO ORE 14 – LEGA ARABA A ONU: FERMARE ESCALATION

Il segretario generale della Lega Araba, Nabil Elaraby, si è rivolto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per chiedere che intervenga per fermare l’escalation lungo la frontiera tra Libano e Israele. Intanto, fonti libanesi riferiscono di una nave israeliana entrata nelle acque territoriali del Paese dei Cedri.
Il ministro israeliano degli Esteri, Avigdor Lieberman, ha detto che Israele dovrà rispondere all’attacco di Hezbollah con forza e in maniera “sproporzionata, proprio come farebbero la Cina o gli Usa in circostanze simili”.
Non è ancora chiaro il numero delle vittime dell’attacco di Hezbollah che ha rivendicato l’assalto al convoglio militare israeliano con un comunicato. Secondo i media israeliani quattro soldati sono rimasti feriti, ma in un primo momento si era parlato di almeno un morti.

È invece stata confermata la morte di un casco blu spagnolo dell’Unifil nei raid israeliani sul Sud del Libano in risposta all’attacco di Hezbollah. Nella zona dell’attacco erano in corso operazioni militari di Israele per individuare i tunnel utilizzati dal Partito di Dio.
AGGIORNAMENTO – Scontri al confine tra Israele e Libano: duplice attacco di Hezbollah, Tel Aviv risponde con lancio granate
È una giornata di tensioni tra Israele e i suoi vicini. Dopo i raid israeliani di questa mattina sulla Siria, lo scontro si è spostato al confine con il Libano da dove, sempre stamattina, è stato lanciato un missile anticarro (secondo Al Arabya, l’attacco è stato rivendicato da Hezbollah) che ha colpito un veicolo militare israeliano, uccidendo almeno un soldato e ferendone sei. La risposta di Tel Aviv è stata immediata: una dozzina di granate sono state sparate in territorio libanese. Nena News
della redazione di Nena News
Roma, 28 gennaio 2015, Nena News – L’aviazione israeliana è entrata in azione nella prime ore di questa mattina per colpire obiettivi militari siriani. Non si è fatta attendere, dunque, la ritorsione di Tel Aviv per i due razzi che ieri sono caduti sul versante delle Alture del Golan occupato da Israele.
I due missili, che non hanno fatto vittime né danni, erano stati probabilmente lanciati dalla Siria, ma non è chiaro se si sia trattato di un’azione voluta, ancora non rivendicata, o di una conseguenza del conflitto in corso nel Paese da quasi quattro anni.
 

Per lo Stato ebraico è comunque stata una intollerabile “violazione della propria sovranità”, si legge in un comunicato delle Forze armate. Abbiamo lanciato “un messaggio chiaro”, ha detto il ministro israeliano della Difesa, Moshe Yaalon, “non tollereremo alcuno sparo contro il territorio israeliano e risponderemo con vigore e determinazione”. E il bersaglio della risposta israeliana è il governo del presidente siriano Bashar al Assad, le sue truppe di stanza nel Golan che combattono contro i gruppi islamisti, poiché Israele ha chiarito da tempo che ritiene Damasco responsabile per ogni violazione della propria “sovranità”. Tel Aviv ha occupato 1.200 chilometri quadrati di territorio del Golan durante la Guerra dei Sei Giorni, nel 1967, e li ha annessi unilateralmente nel 1981. Un’annessione che non è stata riconosciuta a livello internazionale.

La tensione è alta tra il governo di Benjamin Netanyahu e quello di Damasco, sostenuto dall’Iran e dal movimento sciita libanese Hezbollah. Quella odierna non è la prima incursione israeliana in territorio siriano e dieci giorni fa l’aviazione dello Stato ebraico ha colpito nella città di Quneitra, uccidendo sei uomini di Hezbollah, tra cui Jihad Mughniyeh, figlio dell’ex comandante dell’ala militare del Partito di Dio, Imad Mughniyeh, e il generale della guardia rivoluzionaria iraniana, Ali Allahdadi. Per questo omicidio Teheran ha promesso una “risposta” e ha detto di avere inviato il messaggio tramite funzionari statunitensi. Una circostanza che il dipartimento di Stato Usa non ha commentato né smentito.
Quneitra si trova nella zona demilitarizzata delle Alture del Golan, in teoria sotto il controllo della missione di peacekeeping Undof, ma in realtà è l’ultimo fronte che si è aperto nella battaglia tra l’esercito fedele ad Assad e i suoi oppositori, tra cui il Fronte al Nusra, braccio siriano di al Qaeda. Damasco da tempo accusa Israele di dare man forte ai cosiddetti ribelli. Assad ha accusato Tel Aviv di fornire un’aviazione ad al Qaeda, ribandendo l’illegalità dei raid israeliani sulla Siria. Lo scorso dicembre, Damasco ha denunciato un bombardamento israeliano sui sobborghi della capitale.

La cooperazione tra Israele e il Fronte al Nusra, che a rigor di logica dovrebbero essere nemici giurati, è stata confermata anche dagli osservatori dell’Undof. In un rapporto parlano di comunicazioni tra le due parti e di 59 incontri tenutisi dal marzo 2013 allo scorso maggio. Ancora secondo quando riferito dalla missione Onu, 89 miliziani feriti sono stati trasportati in ospedali israeliani e on 19 hanno fatto rientro in Siria. Quest’ultima circostanza è stata confermata da Tel Aviv e giustificata con ragioni umanitarie che, alla luce di quanto accaduto a Gaza la scorsa estate, hanno il sapore di una beffa.
Rapporti imbarazzanti, dietro cui si celano le mire israeliane sul Golan, che stanno minando la fragile tenuta dell’area. E sembra che Israele stia cercando di far perdere la pazienza ai suoi nemici. L’attacco del 18 gennaio, in cui sono morti esponenti del Partito di Dio, è stato messo a segno pochi giorni dopo le dichiarazioni del leader del movimento Sayyed Hassan Nasrallah che avvertiva lo Stato ebraico di non fare mosse “stupide” in Siria e in Libano: “I ripetuti raid in Siria sono una grave violazione e riteniamo che ogni bombardamento contro la Siria sia un bombardamento contro l’asse della resistenza (Assad, Hezbollah, Teheran, ndr) che è in grado di rispondere”. Il 2 febbraio Nasrallah dovrebbe tenere un discorso sulla questione.

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