Sabato 25 febbraio: manifestazione contro la guerra a Genova.
Il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova ha lanciato per questo sabato un appuntamento nazionale al porto della città per opporsi alla guerra in corso in Ucraina e per ribadire la forte opposizione all’invio di armi da parte del nostro governo che di fatto alimenta l’escalation bellica.
La manifestazione lanciata dai lavoratori del porto di Genova è una preziosa occasione e possibilità per praticare una forma significativa e incisiva di opposizione alla guerra in corso. In questa fase di crisi globale scaricata verso il basso mettere in campo iniziative come questa significa aprire degli spazi importanti per interferire con l’ingranaggio violento e mortifero perpetrato dal sistema capitalistico e incarnato dai governi degli stati.
Come viene sottolineato dalle parole dei Calp è necessario contrastare il traffico di armi:
“Caricare armi dai porti italiani destinate a paesi in guerra è vietato. Il transito di armi destinate a paesi in guerra è anch’esso vietato. Ma una piccola formula di poche parole aggiunte, non si sa quando e da chi, aggira questa disposizione e così i traffici di armi, gli interessi delle multinazionali produttrici di armi, la politica piegata a questi interessi causano guerra e disperazione in tante parti del mondo. Il conflitto in Ucraina prende una forma sempre più pericolosa. Come lavoratori portuali continuiamo insieme a tanti a contrastare il traffico di armi ma vogliamo andare oltre, vogliamo vincere questa battaglia!”
Il governo Meloni nei suoi primi passi ha già dimostrato quali sono e di chi sono gli interessi che intende tutelare dunque, opporsi alla guerra oggi significa anche opporsi a un governo che sta andando in questa direzione. La crisi economica e sociale, alle nostre latitudini, viene ampliata dal taglio ai pochi strumenti di redistribuzione del reddito e dagli aumenti speculativi adoperati dalle grandi multiutilities dell’energia, il tutto accompagnato dalla bolla che rischierà di scoppiare nell’ambito dell’edilizia, dall’inflazione e dalla cosiddetta transizione ecologica pagata a caro prezzo dalla popolazione di questo paese.
La propaganda bellica, animata da programmi televisivi in cui la morte di migliaia di persone viene normalizzata e supportata dalle proposte formative in ambito militaresco, assume forme infime ed estese. La visita in Ucraina della premier e le battute attirate da Berlusconi trasformano la drammaticità e la gravità di questa fase in un farsesco gioco in cui bottiglie di vodka e rischio di escalation nucleare assumono lo stesso peso.
Gli interessi della produzione di armi si misurano negli accordi italiani con paesi esportatori di gas facendo di questi merce di scambio perché investitori esteri finanzino l’industria bellica nostrana, in un panorama in cui il paradigma della green economy e della sicurezza energetica diventa prioritario di fronte a qualsiasi devastazione ambientale e territoriale.
Individuare nei gangli produttivi e nelle articolazioni della filiera della guerra i nodi centrali su cui intervenire in un orizzonte di blocco è sicuramente un punto di partenza.
Di seguito il comunicato (datato 10 febbraio) dei Calp in merito allo sciopero convocato in concomitanza alla manifestazione di sabato:
25 FEBBRAIO SCIOPERO DI 24 ORE IN TUTTI I PORTI ITALIANI
ORE 14:30 MANIFESTAZIONE NEL PORTO DI GENOVA
Nella giornata odierna un altro lavoratore portuale è deceduto sul lavoro nel porto di Trieste.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad alcuni avvenimenti che impongono prima di tutto una profonda riflessione all’interno della nostra comunità.
Un pugno di società private sta conquistando il controllo dei nostri porti e inizia a dettare legge imponendo nuove regole sull’organizzazione del lavoro e mettendoci in competizione l’uno con l’altro.
Lo Stato italiano, invece di promuovere leggi per aumentare i salari a fronte dell’inflazione all’11% e ad un carovita insostenibile ha deciso di portarci in guerra spendendo miliardi di euro in armamenti da inviare in Ucraina. Armi che passano dai nostri porti e che servono ad uccidere lavoratori come noi. Qualche giorno fa nel Porto di Monfalcone, poi Genova e ancora prima Livorno.
Un delegato sindacale nel porto di Goia Tauro viene licenziato dopo numerose denunce e segnalazioni sulla sicurezza e per essersi opposto alla firma di un integrativo che “legalizza” di fatto il cottimo. Quanto lavori, quanto guadagni.
Abbiamo l’obbligo di capire che tutti questi avvenimenti non sono slegati tra loro e finché non saremo in grado di mettere in piedi una strategia comune saremo destinati a subire. I portuali in Italia sono 13 mila. 13 mila lavoratori che potrebbero mettere in ginocchio uno Stato intero nel giro di una settimana.
A partire da questa riflessione, il coordinamento nazionale USB ha deciso di estendere la proclamazione di sciopero per il 25 febbraio dichiarando 24 ore di astensione dal lavoro in tutti i porti italiani.
Sempre il 25 febbraio dalle ore 14:30 saremo in Piazza a Genova di fronte al Varco Etiopia per una manifestazione nazionale. “abbassate le armi, alzate i salari” sarà la parola d’ordine.
Contro la guerra e il traffico di armi
Contro gli omicidi sul lavoro
A fianco di Domenico e di tutti i portuali che non si arrendono.
Partenza da Torino dalla Stazione Porta Nuova ore 11
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