Sudafrica: inizia lo sciopero ad oltranza dei minatori
Da ieri nella Repubblica di Sudafrica più di 70 mila lavoratori delle miniere di platino sono in sciopero ad oltranza. Si tratta dello sciopero più grande e partecipato dopo il massacro di 34 minatori sui quali la polizia ha aperto fuoco davanti allo stabilimento di Marikana nel 2012.
I siti coinvolti sono quelli di Anglo Americana Platinum (Amplats) nei pressi di Johannesburg, Lonmin di Rustenburg e Impala Platinum (Implats): i tre maggiori colossi dell’estrazione del platino a livello mondiale. La richiesta, già avanzate nel 2012, è essenziale per la sopravvivenza: ciò che chiedono i lavoratori è l’aumento del salario che attualmente si aggira intorno ai 335 euro al mese. Una somma irrisoria che non permette nemmeno di arrivare a fine mese ai minatori, i quali rischiano ogni giorno la propria pelle nel sottoterra. Nella riunione di domenica con il direttore esecutivo di Lonmin, i lavoratori non hanno usato i mezzi termini per presentare la loro disperata situazione di vita: essi hanno esortato il direttore a fare un po’ di calcoli e mettere a confronto quanto egli spenda al mese per il proprio cane e quali siano le paghe dei minatori. Il direttore si è limitato a commentare che il salario di 850 euro è “non abbordabile e non attuabile”, in seguito a questo netto rifiuto i principali sindacati insieme ai lavoratori hanno deciso di indire lo sciopero ad oltranza finché le loro rivendicazioni non saranno soddisfatte.
Ieri il sito di Implats è stato chiuso con l’arresto di tutti i processi lavorativi per “ragioni di sicurezza” e Amplats ha registrato un’affluenza di minatori bassa che comunque non ha permesso di svolgere i lavori. Davanti allo stabilimento di Lonmin è stato schierato un ingente dispiegamento delle forze dell’ordine, ma nonostante quest’intimidazione, diverse migliaia di lavoratori hanno trascorso la giornata tra danze e canti.
In questo scenario, il presidente Zuma preme per aprire un nuovo tavolo di discussioni per mettere fine allo sciopero sia per arginare “i danni all’economia”, ma soprattutto per accaparrarsi qualche voto in più alle elezioni che si terranno tra tre mesi.
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