Tregua in Ucraina? Yanukovich arretra, la piazza non cede
Dopo una notte di trattative incrociate nel palazzo presidenziale di Kiev sembra sia stato raggiunto un accordo tra i leaders dell’opposizione parlamentare e il presidente Yanukovich. La tregua, mediata dai ministri degli Esteri di Polonia, Germania e Francia e dal rappresentante del Cremlino Vladimir Lukin, prevederebbe elezioni presidenziali anticipate, una riforma costituzionale che riduca i poteri del capo dello Stato tornando alla carta del 2004 e la formazione di un governo d’unità nazionale. Ad annunciare la firma di un accordo di questo di questo tipo sarebbe Oleg Tiaghnibok, capo della formazione nazionalista Svoboda e uno dei tre leader del fronte parlamentare della protesta.
Maidan però non smobilita. Il precipitare della crisi, che ha visto 67 manifestanti uccisi da martedì pomeriggio a oggi (di cui 47 nella sola giornata di ieri), ha portato a un ulteriore rimescolamento delle carte nelle complesse dinamiche della protesta ucraina. Da mercoledì piazza Indipendenza, fino a quel momento animata da una composizione per lo più rurale e proveniente dai territori occidentali, ha visto riversarsi tantissimi giovani della periferia di Kiev disposti a ingaggiare battaglia con le forze di sicurezza (Berkut). Circa 60 agenti sono stati catturati negli scontri e sono stati fatti ostaggio da parte dei manifestanti. In migliaia hanno occupato la piazza, presidiandola tutta la notte, evitando così lo sgombero violento della protesta che con tutta probabilità, con migliaia di manifestanti pronti a difendersi con ogni mezzo, avrebbe condotto a una carneficina di grosse proporzioni. Nel frattempo, mentre la polizia veniva armata con equipaggiamento da guerra e l’esercito veniva allertato dai ministri di Yanukovich, le forze di sicurezza dai palazzi circostanti hanno continuato a sparare sulla piazza uccidendo decine di persone. Oltre 500 sono i feriti di questi giorni di combattimenti.
Il radicalizzarsi dello scontro ha alimentato la rabbia dei manifestanti sia contro Yanukovich sia contro i leaders dell’opposizione nazionalista, i quali si sono comunque sentiti titolati ad avviare le trattative con il Presidente a nome del movimento. Proprio quest’ultimo passaggio, mentre la pressione attorno alla piazza si allenta, sembra però essere particolarmente delicato. La stragrande maggioranza dei manifestanti chiede la cacciata e l’arresto di Yanukovich. Il conflitto si allarga e generalizza riversando su Maidan una composizione maggiormente stratificata che, attorno ai nodi del rigetto di una fiscalità pari a zero per le grandi aziende e dello strapotere delle oligarchie, potrebbe non accontentarsi di una normalizzazione del movimento gestita da un governo delle opposizioni nazionaliste tesa a garantire un’equilibrata tutela degli interessi dei capitali europei e del credito russo.
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