Un combattente italiano nell’operazione di Raqqa
Çekdar Egid, un volontario torinese che combatte nelle fila delle YPG ha raccontato all’ANF come mai sia in Rojava e perché si sia unito alla battaglia per la rivoluzione contro la tirannia. Sta ora prendendo parte all’operazione per liberare Raqqa dall’ISIS.
Egid dice di essere fondamentalmente un anarchico ed uno squatter, parte di un piccolo movimento politico, e di essere stato un attivista in Italia per 10-15 anni.
Il combattente italiano dice di essere venuto in Kurdistan quattro volte dal 2014, durante la battaglia di Kobanê che ha monitorato dal confine del distretto di Suruç ad Urfa, Kurdistan del nord. E’ poi riuscito a recarsi a Kobanê per 3 mesi dopo la sua liberazione.
“Mi sono unito alle YPG per la rivoluzione. Come anarchico, sono contro lo stato. Questa rivoluzione ha tre punti significativi. Il primo è quello politico; il confederalismo democratico. Il secondo punto è l’ecologismo radicale, nel quale credo completamente. In Italia lotto anche contro il capitalismo, che vuole distruggere l’ambiente per far soldi – il normale comportamento capitalista. Il terzo punto, assolutamente fondamentale, è la libertà ed i diritti delle donne e delle ragazze, che non sono ad un buon livello nel mondo, ma sono problematici in particolare qui in Medio Oriente.
Perciò penso che – e non sono solo io a dirlo, ma anche Abdullah Öcalan nei suoi liberi – prima arriveranno i diritti delle donne e delle ragazze, prima saranno libere e quindi l’umanità in generale potrà essere liberata in tutto il mondo. Così, fondamentalmente, sono qui per la rivoluzione, perché questa particolare rivoluzione non viene da un punto di vista nazionalista. Perché questa rivoluzione non vuole uno “stato curdo”, ma un confederalismo in cui tutti i diversi gruppi etnici possano vivere insieme. Curdi, arabi, ceceni, turcomanni, ezidi – non è una questione di religione, tutti possono avere la propria religione, ma non serve che si facciano la guerra a vicenda, e tutte le persone possono vivere e lavorare, possibilmente in pace. Ma non sono completamente idealista, e non sono pacifista, in un certo senso. Se un gruppo fascista, capitalista e brutale come il DAESH, guidato da Abubakr Al Baghdadi, vuole distruggere tutto il territorio e andare contro il popolo curdo, ovviamente quest’ultimo ha bisogno di prendere le armi in mano e difendere la propria vita. Se un gruppo di persone non ha la possibilità di autodifendersi, non è libero. Sarebbero divenuti schiavi. Quindi ecco perché sono qui. Sono stato qui per circa 7 mesi. E mi sono unito alle YPG, facendo tutto ciò che posso fare. Sto effettuando operazioni logistiche per sostenere tutti i gruppi su vari fronti.”
Un altro punto che è importante per me è che la rivoluzione è fondamentale per il popolo curdo, perché in tutto il mondo tutti i popoli hanno il diritto di parlare la propria lingua, di vivere come vogliono. Ma qui nel Medio Oriente il popolo curdo non ha questo diritto. Essi non possono parlare la propria lingua, non possono nemmeno dare nomi curdi ai propri bambini. Non possono studiare la propria lingua, non possono esprimere la cultura curda. Tutti i popoli hanno il diritto di agire secondo la loro cultura e le loro tradizioni, ma i curdi no. Il popolo curdo esiste, ma non esiste. Così sono in questa situazione, ed il Kurdistan è stato diviso tra 4 stati – come sanno tutti, ma questo è solo un promemoria: Bakur in Turchia, Başur in Iraq, Rojava in Siria e Rojhilat in Iran. Tutti e quattro gli stati opprimono il popolo curdo perché preferirebbero che non esistesse. E ovviamente questo può portare alla rivoluzione, alla resistenza, o la berxwedan come viene chiamata qui.”
Çekdar Egid che è stato addestrato all’accademia di Karachok (Qereçox) afferma che la cosa più importante che abbia trovato là è l’“hevalti” – hevalti è l’essere compagni – e dice; “Tutti provano ad aiutare gli altri. Se io ho un problema qualche altro heval mi fa delle domande. Ogni volta, tutti i compagni continuano a chiedere, “Come stai? Stai bene? Hai qualche problema? Hai bisogno di qualcosa?” – sempre, sempre, sempre! E non lo dicono così per dire, ma realmente. E’ un buon posto, trovo un sacco di persone qui che hanno un cuore molto molto grande e trattano gli altri molto bene. Mangiano insieme, vivono insieme e fanno la guerra insieme. Se non ci fosse questo tipo di unità, questa forma di essere compagni, non sarebbe possibile fronteggiare nessun nemico. Non il DAESH, non la Turchia o qualsiasi altro. Perché prima c’è il gruppo, e dopo che si ha un buon gruppo si può anche entrare in guerra e nelle battaglie.”
Tratto da anfenglish.com
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