InfoAut
Immagine di copertina per il post

Unionize! Finalmente una vittoria contro Amazon

||||

Il centro logistico di Amazon a Staten Island comprende quattro magazzini che occupano più di diecimila lavoratrici e lavoratori, in grande maggioranza afroamericani e latini. A Staten Island si trova il centro nevralgico dal quale dipendono una cinquantina di magazzini di smistamento che consegnano nel più breve tempo possibile i 2.400.000 pacchi giornalieri nell’area metropolitana di New York.

di Felice Mometti da Connessioni Precarie

Ed è al JFK8 di Staten Island, magazzino con 8.300 dipendenti, che dal 25 al 30 marzo lavoratrici e lavoratori hanno votato, in una grande tenda nel parcheggio del centro logistico, per farsi rappresentare dall’Amazon Labor Union (ALU). Un sindacato nato nell’aprile dello scorso anno – non affiliato alle grandi confermazioni nazionali ‒ su iniziativa di alcuni lavoratori e lavoratrici che nel marzo 2020, durante la prima ondata della pandemia, avevano organizzato delle proteste per una maggiore sicurezza e la salvaguardia della salute. Dopo 27 anni, cioè da quando Amazon esiste, per la prima volta la creatura di Jeff Bezos viene sconfitta in un’elezione sindacale. La portata politica e simbolica della vittoria sindacale è accresciuta dalle dimensioni che ha avuto: 2.654 voti a favore del sindacato e 2.231 contrari.

Amazon ha messo in campo ogni tipo di strategia legale e soprattutto illegale, prima per impedire il voto e poi per ricattare lavoratrici e lavoratori se avessero votato per il sindacato. Nell’ottobre dello scorso anno Amazon si è rifiutata di comunicare preventivamente, in modo ufficiale, il numero di lavoratori presenti nei quattro magazzini di Staten Island. Un dato fondamentale per un sindacato che doveva raccogliere le firme di almeno il 30% delle lavoratrici e dei lavoratori per far approvare le elezioni dal National Labor Relations Board (NLRB). In modo surrettizio Amazon ha fatto circolare la voce che gli occupati fossero complessivamente 5.500 e, una volta che il sindacato ha raccolto le firme in base a quella cifra, ha dichiarato che le lavoratrici e i lavoratori di tutto il centro logistico erano 9.600 facendo, in questo modo, annullare le elezioni. Da qui la scelta di Amazon Labor Union di concentrarsi inizialmente solo su JFK8, il magazzino più grande, del quale aveva dati certi. Le firme sufficienti per convocare le elezioni sono state presentate alla fine di gennaio e a metà febbraio il NLRB ha fissato le date del voto. Da quel momento Amazon ha intensificato le riunioni obbligatorie, durante l’orario di lavoro, per ricattare lavoratrici e lavoratori e forzarli a non votare per l’ingresso del sindacato. Ha appaltato a società di consulenza una campagna mediatica contro i sindacati in quanto tali. Ha richiesto e ottenuto l’arresto degli attivisti sindacali che entravano nel parcheggio del magazzino per parlare con i lavoratori. Ha fatto appendere grandi striscioni agli ingressi e dentro la struttura con scritto: «Siamo una sola squadra. Lavoriamo meglio senza sindacato».

L’accanimento di Amazon verso qualsiasi forma organizzata della forza-lavoro che possa esprimere un potere sul luogo di lavoro si spiega innanzitutto con la necessità di mantenere costante il flusso dell’organizzazione del lavoro e della distribuzione dei pacchi. Ogni ostacolo o rallentamento può mettere in discussione un processo gestito in modo ibrido da algoritmi e da una divisione del lavoro verticalmente gerarchizzata. Il centro logistico di Staten Island è uno dei luoghi in cui Amazon sperimenta sempre nuove forme di organizzazione mediante algoritmi, di cooperazione e di comando sulla forza lavoro.

Gli attivisti di Amazon Labor Union, tutti lavoratori o ex lavoratori del magazzino JFK8, per mesi hanno mantenuto un presidio permanente alla fermata dei bus che portavano i lavoratori a Staten Island. Hanno fatto un uso massiccio dei social media, soprattutto Twitter e tik tok. E anche in prossimità del voto hanno organizzato lotte interne per ottenere pause più lunghe e l’accesso ai locali interni. Avere costantemente rimarcato la propria diversità dai sindacati tradizionali, visti sempre più spesso come business unionism, ha significato assumere degli impegni che andranno verificati. Non chiedere alcuna quota di adesione al sindacato fino al primo contratto aziendale approvato da lavoratrici e lavoratori, eleggere un comitato di contrattazione che comprenda anche i non iscritti al sindacato, esprimere sostegno e partecipazione politica alle lotte di Black Lives Matter e riferirsi anche l’immaginario del movimento Occupy sono stati elementi che hanno inciso positivamente sul voto di lavoratori in gran parte giovani afroamericani e latini. D’altro canto, l’eccessivo leaderismo del presidente Chris Smalls e un comitato esecutivo troppo ristretto che ha preso le decisioni durante tutta la fase elettorale hanno aperto delle contraddizioni non rinviabili. La cartina di tornasole sarà la gestione democratica e partecipata del conflitto con Amazon che si svilupperà sulla piattaforma per il primo contratto aziendale che prevede un salario minimo di 30 dollari all’ora, due pause di 30 minuti e una pausa pranzo di un’ora retribuite, oltre che maggiore trasparenza nella distribuzione di ruoli e mansioni. Nel frattempo, l’ALU ha raccolto le firme sufficienti per convocare, dal 25 a 29 aprile, le elezioni nel centro di smistamento LDJ5, sempre a Staten Island. Se il voto al JFK8 di Amazon avrà lo stesso effetto che ha avuto la vittoria sindacale nel dicembre scorso ‒ anch’essa per la prima volta negli Stati Uniti ‒ in uno Starbucks di Buffalo, alla quale sono seguite 150 raccolte firme per le elezioni negli Starbucks di 20 Stati, potrebbe aprirsi una nuova fase della conflittualità sui luoghi di lavoro ad opera di una forza lavoro in maggioranza giovane, multirazziale, attraversata da differenze di genere.

 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

amazonsindacatostati unitiUsa

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Israele e Turchia premono sulla Siria del Sud-Ovest e del Nord-Est

In queste giornate di repentini cambiamenti vogliamo fare il punto con Eliana Riva, caporedattrice del giornale di informazione Pagine Esteri, rispetto a due elementi di particolare pressione sul territorio siriano, ossia Israele da un lato e la Turchia dall’altro.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Kobane pronta a resistere all’imminente invasione guidata dalla Turchia

Le Forze Democratiche Siriane (SDF), martedì, hanno lanciato un duro monito contro l’imminente invasione di Kobane da parte della Turchia. Sottolineando la storica resistenza della città, le SDF hanno giurato di difenderla insieme al suo popolo, facendo appello alla solidarietà internazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: la Turchia ammassa le truppe al confine e bombarda Kobane

Siria. La Turchia continua ad ammassare truppe al confine per invadere con le sue milizie jihadiste la città di Kobane, simbolo della lotta anti-Isis e della rivoluzione confederale del nord-est siriano. Da questo martedì 17 dicembre in corso anche bombardamenti di artiglieria sulla città.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: la sfida di una ricostruzione indipendente dagli interessi imperialisti

Abbiamo posto alcune questioni a Yussef Boussoumah, co-fondatore del Partito degli Indigeni della Repubblica insieme a Houria Bouteldja e ora voce importante all’interno del media di informazione indipendente Parole d’Honneur a partire dalla caduta del regime di Bachar Al Assad in Siria.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La fine di Assad e l’inizio del califfato all’ombra di Ankara scompongono il mosaico siriano

La repentina caduta del regime alauita degli Assad riporta alla luce le fratture della Siria postcoloniale, frutto malsano dell’accordo Sykes Picot del 1916 fra Francia e Gran Bretagna, che ha diviso in modo arbitrario i territori che appartenevano all’impero ottomano.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gli USA minacciano la Siria: via le sanzioni solo se Damasco abbandonerà Teheran

Caduta Aleppo, si combatte intorno a Hama. Ieri migliaia di miliziani di Ha’yat Tahrir al Sham (Hts) e di altre formazioni jihadiste appoggiate dalla Turchia hanno ripreso ad avanzare verso la città un tempo roccaforte dell’islamismo sunnita. Incontrano la resistenza delle forze governative che sembrano aver in parte ricompattato i ranghi dopo il crollo ad […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Oltre 800 banche europee investono 371 miliardi di euro in aziende che sostengono gli insediamenti illegali in Cisgiordania

La Coalizione Don’t Buy Into Occupation nomina 58 aziende e 822 istituti finanziari europei complici dell’illegale impresa di insediamenti colonici di Israele.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: jihadisti filo-turchi entrano ad Aleppo. Attacata anche la regione curda di Shehba

In Siria a partire dal 27 novembre, milizie jihadiste legate alla Turchia hanno lanciato un’offensiva dalla regione di Idlib e raggiungendo i quartieri occidentali di Aleppo. Come sottolinea ai nostri microfoni Jacopo Bindi, dell’Accademia della Modernità Democratica, l’Esercito nazionale siriano, responsabile di attacchi nella regione di Shehba, è strettamente legato ad Ankara. Questo gruppo, che […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Una fragile (sanguinosa) tregua

Alle 10 di questa [ieri] mattina è partita la tregua di 60 giorni (rinnovabile) tra Israele e Hezbollah, orchestrata dagli Stati Uniti e in parte dalla Francia. Una tregua fragile e sporca, che riporta la situazione ad un impossibile status quo ex ante, come se di mezzo non ci fossero stati 4000 morti (restringendo la guerra al solo Libano) e 1.200.000 sfollati su un paese di circa 6 milioni di abitanti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Entra ufficialmente in vigore il cessate il fuoco tra Libano e Israele

Riprendiamo l’articolo di InfoPal: Beirut. Il cessate il fuoco israeliano con il Libano è entrato ufficialmente in vigore mercoledì alle 4:00 del mattino (ora locale). Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato martedì sera che il suo governo ha approvato un accordo di cessate il fuoco con Hezbollah in Libano, dopo settimane di colloqui […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Cosa ci dicono le catene del valore? Dipendenza, crisi industriali e predazione finanziaria

Il dibattito politico profondo latita e ci si scanna per lo più su ciò che intimamente si desidera, invece che su ciò che concretamente succede. Per sbrogliare questa matassa forse dobbiamo fare un passo indietro e porci alcune domande su dove sta andando il capitalismo. In questo caso lo faremo con un occhio di riguardo […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Il sintomo Mangione

Si è già detto tutto e il contrario di tutto sull’identità di Luigi Mangione, il giovane americano che qualche giorno fa ha ucciso a Manhattan il CEO di United HealthCare…

Immagine di copertina per il post
Traduzioni

“A fistful of dripping hate” Intervista a Phil A. Neel (Eng version)

Trumpism, war and militancy The year 2024 has been dense with significant events. Complexity is in motion, we see it accelerating in political transformations, electoral or otherwise, in the winds of war blowing across the globe, in social and political phenomena that are increasingly difficult to interpret with traditional keys. To try to provide us […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Guerra globale, una sola egemonia da garantire

Ich kenne Schritte die sehr nützen und werde euch vor Fehltritt schützen Und wer nicht tanzen will am Schluss weiß noch nicht dass er tanzen muss Io conosco passi che sono molto utili  e che vi proteggeranno dai passi falsi  e chi alla fine non vuole ballare  non sa ancora che deve ballare (Amerika – […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il coltello alla gola – Inflazione e lotta di classe

Con l’obiettivo di provare a fare un po’ di chiarezza abbiamo tradotto questo ottimo articolo del 2022 di Phil A. Neel, geografo comunista ed autore del libro “Hinterland. America’s New Landscape of Class and Conflict”, una delle opere che più lucidamente ha analizzato il contesto in cui è maturato il trumpismo, di cui purtroppo tutt’ora manca una traduzione in italiano.