Venti di guerra in Libia. Raid egiziani contro l’Isis
Mentre in Libia continua ad esserci un clima di caos, con due governi paralleli e due eserciti che attualmente controllano rispettivamente alcune parti del paese, i poteri in campo sembrano contrapporsi e complicarsi in territorio libico: da una parte il governo nella capitale Tripoli dominato dalla coalizione Fajr Lybia e sostenuto da Qatar e Turchia che include moderati e fazioni islamiste più estremiste, insieme con milizie tribali e locali, dall’altra parte un esecutivo approvato internazionalmente ma dichiarato incostituzionale dalla Corte Suprema, ma appoggiato da alcune milizie che puntano all’indipendenza regionale e da coazioni legate in passato al colonnello Muammar Gheddafi, oltre a gruppi di islamisti. Il governo della coalizione si è spostato quindi a Tobruk quando Fair Lybia ha occupato la capitale lo scorso agosto.
Ma lo scenario geopolitico del territorio libico si complica ulteriormente con il ramo libico dell’Isis, che stando ad alcune fonti, avrebbe base nella città di Derna. La conquista di Tripoli da parte dell’Isis sembra essere diventata la nuova crociata, mentre le truppe islamiche sono riuscite a farsi strada fino a Sirte la scorsa settimana.
In questo contesto, il timore che l’Isis si diriga verso l’Italia viene promosso dal premier libico che chiede sostegno ai paesi occidentali, alimentando la paura di una supposta invasione e chiedendo esplicitamente un intervento militare aereo nel territorio libico. Da qui l’annuncio odierno del ministro degli esteri Gentiloni il quale avverte di predisposizioni militari per un’eventuale intervento in Libia. Tra le conseguenze che un eventuale intervento militare italiano in Libia porterà, è da considerare l’ulteriore sperpero di denaro pubblico che già si assesta ordinariamente su una spesa militare pari a 52 milioni di euro al giorno senza calcolare le spese indotte come gli F35 o le missioni militari all’estero, con le quali si arriva a 75 milioni di euro al giorno. Ancora una volta in un momento di completa crisi sociale e economica, il governo italiano potrebbe preferire un incremento delle spese militari che andranno ulteriormente ad aggravare le condizioni sociali di milioni di persone.
Il timore dell’avanzata dell’Isis potrebbe essere dall’altra parte, un buon pretesto per andare a rimettere le mani su un paese che la stessa banca mondiale classificava come il più avanzato dell’Africa, con un aumento del pil del 7,7% annuo. Lo scenario che si sta delineando accentuerà quindi molto probabilmente gli interessi da parte di alcune potenze occidentali, in primis gli Stati Uniti, laddove la convenienza di intraprendere una nuova guerra in Libia, risulterà essere ancora una volta in termini di potere economico e politico.
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