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Bologna: un “mondo a parte” che non si lascerà mettere tanto facilmente da parte

Breve reportage sulla grande assemblea che si è tenuta l’altro ieri al parco Don Bosco: centinaia le persone accorse dopo il rilascio senza misure cautelari del diciannovenne arrestato la notte prima.

da Zic

All’inizio erano trecento, poi via via che l’assemblea è entrata nel vivo, nel giro di poche decine di minuti, sono diventati/e quattrocento, poi cinquecento… Quando, alla fine, è arrivato il corteo dal tribunale, ad accogliere Gio, il ragazzo diciannovenne arrestato la notte prima dopo essere stato malmenato con manganelli, taser e peperoncino spray da un gruppo di carabinieri, erano veramente in tante e in tanti. Di età molto diverse, con storie di impegno, di attivismo o di militanza molto variegate, vissute da anni o appena cominciate.

Il parco Don Bosco si è riempito come non mai di un’umanità vociante ma non chiassosa, di persone determinate, di ragazze e ragazzi non impauriti, di uomini e donne che hanno ancora tanta voglia di resistere. Se lo sono detto: “Siamo molti di più di martedì scorso, quando abbiamo messo i nostri corpi davanti a scudi e manganelli e, in forme diverse, abbiamo limitato i danni al parco e il taglio degli alberi voluti dal Comune e imposti con le cariche della polizia… E la nostra determinazione ci ha permesso di tornare qui, anche se le ferite prodotte all’ambiente sono evidenti”.

Gli interventi che si sono succeduti sono stati semplici e diretti: “Siamo partiti in poche decine, ma la nostra battaglia è riuscita a coinvolgere i tanti scontenti che ci sono in città… È stato un bene ‘mettere insieme le scontentezze’ di chi non vuole una cementificazione selvaggia, di chi non crede che l’ambiente si difende abbattendo alberi o costruendo il passante nord, di chi vuole esprimere il proprio dissenso contro scelte urbanistiche scellerate e si trova i manganelli sulle teste e sulle schiene…”.

Non era la giornata dei ragionamenti approfonditi e delle progettualità alternative, questi il Comitato Besta li ha presentati in vari luoghi e in diversi momenti nei mesi scorsi. Ieri era il momento dell’indignazione e dello sdegno per l’uso della celere nella giornata campale del 2 aprile e per la violenza dei carabinieri che si sono scagliati la notte scorsa contro un ragazzo che delle scuole Besta era stato alunno.

“Se questa è la città più progressista d’Europa, i signori e le signore della giunta comunale hanno un’idea terrificante di progresso sociale”… “Le manganellate di Pisa fanno male come quelle al parco Don Bosco, ma per quelle a Bologna alcuni non hanno avuto la saliva sufficiente per farsi uscire dalla bocca qualche parola di biasimo… In questo caso le divise di Piantedosi non hanno ricevuto critiche ma sostegno e vicinanza“… “Ancora la storia dei buoni e dei cattivi… anche basta… gli ambientalisti che si fanno strumentalizzare dai violenti, i ragazzi inesperti che vengono usati dai mestatori… Ma è così difficile pensare che le persone di età diverse, di sensibilità e interessi diversi, che si sono trovati insieme nel parco a difendere gli alberi hanno una testa e che la scelta che hanno fatto di essere lì è stata libera?… E forse è proprio per questo che difendono con consapevolezza e determinazione anche la loro libertà”.

Non sono mancate (poteva essere altrimenti?) le critiche, le invettive e la condanna al sindaco Lepore, ritenuto il responsabile politico di tutto quello che è avvenuto. La sua “apertura” di ieri, “a necessità di riprendere il dialogo”, non hanno scandalizzato, ma non sono state ritenute attendibili e realistiche: “Per trattare le bocce devono restare ferme, il cantiere non deve partire”… “Ci vuole parlare? per dirci cosa di nuovo?”… “Dia un segnale: il taser a Bologna non deve essere in dotazione a nessuno, polizia municipale, polizia di stato, carabinieri…”.

Parole pesanti sono volate anche contro Coalizione Civica, la costola di sinistra della maggioranza in Comune… La più riportabile: “Il suo peregrinare alla ricerca di un’utilità politica si è interrotto al parco Don Bosco, si è impigliato definitivamente nei rami buttati a terra degli alberi tagliati”.

All’arrivo del corteo dal Tribunale, che ha riportato Giò nel suo “habitat naturale”, l’assemblea si è trasformata in una festa, c’è chi ha proposto (secondo una tradizione cristiana) un abbraccio di pace, ma ha avuto il sopravvento un’idea pagana: una specie di ballo che mimava le mosse della haka, un’antica danza aborigena.

Sottovoce qualcuno, col sorriso sulle labbra, ha ricordato: “Don Bosco, che faceva parte del gruppo dei ‘santi sociali torinesi’, sosteneva: ‘Non con le percosse, ma con la mansuetudine e con la carità dovrai guadagnarti l’ascolto”… sindaco, poliziotti e carabinieri avrebbero tanto da imparare da quel prete”.

Insomma, quello che si è notato in questa enorme assemblea nel parco è sicuramente un “mondo a parte”, che nel suo “stare in basso” stride parecchio con le note della “città ufficiale“, quella che tende a svuotarsi di “cittadini” (con tutto quello che sottintende il significato di questa parola) e riempirsi di turisti, rappresentata (dall’alto) dal rumore assordante dei continui voli di Ryanair… Ne abbiamo contati ben 24 durante la durata dell’assemblea.

Un “mondo a parte” certo, ma che non facilmente si lascerà mettere da parte.

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