Cesena: la protesta contro il gasdotto SNAM ha già raccolto 38.000 firme
Sono quasi 38mila le firme raccolte in due mesi sulla piattaforma Change.org dalla petizione per chiedere a SNAM di deviare il percorso del proprio metanodotto che, se costruito sul tracciato previsto, comporterà la distruzione di un rifugio nel quale vivono oltre 60 animali e di un bosco di circa 600 alberi.
di Stefano Baudino, da L’Indipendente
Sono quasi 38mila le firme raccolte in due mesi sulla piattaforma Change.org dalla petizione per chiedere a SNAM di deviare il percorso del proprio metanodotto che, se costruito sul tracciato previsto, comporterà la distruzione di un rifugio nel quale vivono oltre 60 animali e di un bosco di circa 600 alberi. A lanciare battaglia sono stati Marta Garaffoni e Federico Raspadori, i coniugi proprietari del rifugio. In segno di protesta, la donna ha anche iniziato uno sciopero della fame, durato ben due settimane. I coniugi hanno raccontato di aver cercato di aprire un confronto con l’azienda, chiedendo di prevedere una piccola deviazione del tracciato. Altrimenti, “una volta terminato il cantiere – hanno detto – ci restituiranno i nostri campi devastati”, che non potranno più utilizzare per i loro progetti “perché la servitù di passaggio a vita su quei terreni implica che SNAM, ogni volta che dovrà fare dei lavori di manutenzione, tornerà a scavare e distruggere ogni cosa”.
Il mega gasdotto SNAM Linea Adriatica si snoda lungo gli Appennini, ovvero nelle aree più a rischio sismico della Penisola. Da Massafra a Sulmona l’opera è già stata realizzata, mentre mancano ancora i 430 chilometri previsti tra Sulmona e Minerbio, i cui cantieri rischiano di deturpare il territorio in maniera indelebile. Tra le altre, verrà coinvolta anche l’area della provincia di Forlì-Cesena, in cui molti residenti, in seguito alla tragedia dell’alluvione che si è abbattuto sul territorio la scorsa primavera, si sono visti arrivare lettere di esproprio dalla SNAM. “Gli scavi per la posa saranno profondi dai 4 ai 5 m e la larghezza di pertinenza circa 50 m, e attraverseranno il nostro terreno in obliquo passandoci radente casa e impedendoci di raggiungere anche quel piccolissimo pezzetto di terra che non verrebbe distrutto – hanno spiegato Marta Garaffoni e Federico Raspadori all’interno della loro petizione, che ad oggi conta 37.643 firme –. Il nostro è un piccolo pezzo di terra, non un podere di centinaia di ettari e attorno al perimetro di esso ci sono solo campi arati, dove viene coltivato ogni anno grano o erba medica, coltivazioni che non avrebbero problemi a proseguire anche dopo la messa in posa del metanodotto; inoltre quelli intorno a casa nostra sono campi dove già passerà il metanodotto e quindi i proprietari di questi hanno già comunque ricevuto l’avviso di esproprio temporaneo di essi”. Invece, nel loro caso, se il percorso del gasdotto non sarà deviato, quando il cantiere sarà terminato la servitù di passaggio a vita che incomberà su quei terreni ne impedirà l’utilizzo, consentendo a SNAM di intervenirci al bisogno. “È un esproprio di fatto dei nostri terreni e senza quelli, per noi, anche la casa che abbiamo comprato non ha più nessun valore, perché non avremmo mai acquistato una casa senza terra”, denunciano i coniugi, aggiungendo che, a fronte a tale scenario, SNAM vuole dare loro “poco più 4 mila euro di risarcimento”. Inoltre, spiegano i promotori dell’iniziativa, “se anche SNAM accettasse le nostre richieste di deviazione esisterebbe comunque per noi il forte timore che con gli abbassamenti di falda acquifera, necessari per i lavori, rimarremmo con scarsi o nulli approvvigionamenti di acqua dai nostri pozzi, acqua vitale per le nostre piante e animali, quindi in ogni caso caso questo metanodotto per noi sarebbe terribilmente invasivo”.
In un primo momento il progetto del gasdotto era denominato “Rete Adriatica”, poiché la condotta sarebbe dovuta passare lungo la fascia costiera, ma in seguito alla realizzazione dei tratti a sud, in corrispondenza del Tap proveniente dall’Azerbaigian, la SNAM ha deciso di dirottare il tracciato sull’Appennino, nelle zone già ampiamente devastate dai terremoti dell’Aquila e di Umbria e Marche. Secondo i calcoli effettuati, milioni di alberi saranno abbattuti per la costruzione del gasdotto. L’opera avrà un costo di 2 miliardi e 500 milioni di euro, che verranno pagati dai cittadini attraverso la bolletta del gas e, se vedrà la luce entro il 2027, da finanziamenti europei. In occasione della Giornata internazionale di lotta contro le grandi opere inutili e imposte, lo scorso otto dicembre si sono svolte numerose manifestazioni di protesta che hanno coinvolto, tra gli altri, i Comuni di Forlì, Apecchio-Città di Castello, Colfiorito, Sulmona e Brindisi, organizzate da un network di associazioni in cui figurano la Campagna Per il Clima Fuori dal Fossile, il movimento No Tap, la Rete No Rigass No Gnl, No Hub, nonché i Comitati No Tubo delle varie regioni. Da anni queste realtà si oppongono al mega gasdotto SNAM Linea Adriatica, cercando di informare e sensibilizzare sul tema la popolazione. Che, accortasi del concreto pericolo, sta rispondendo presente.
A lanciare battaglia sono stati Marta Garaffoni e Federico Raspadori, i coniugi proprietari del rifugio. In segno di protesta, la donna ha anche iniziato uno sciopero della fame, durato ben due settimane. I coniugi hanno raccontato di aver cercato di aprire un confronto con l’azienda, chiedendo di prevedere una piccola deviazione del tracciato. Altrimenti, “una volta terminato il cantiere – hanno detto – ci restituiranno i nostri campi devastati”, che non potranno più utilizzare per i loro progetti “perché la servitù di passaggio a vita su quei terreni implica che SNAM, ogni volta che dovrà fare dei lavori di manutenzione, tornerà a scavare e distruggere ogni cosa”.
Il mega gasdotto SNAM Linea Adriatica si snoda lungo gli Appennini, ovvero nelle aree più a rischio sismico della Penisola. Da Massafra a Sulmona l’opera è già stata realizzata, mentre mancano ancora i 430 chilometri previsti tra Sulmona e Minerbio, i cui cantieri rischiano di deturpare il territorio in maniera indelebile. Tra le altre, verrà coinvolta anche l’area della provincia di Forlì-Cesena, in cui molti residenti, in seguito alla tragedia dell’alluvione che si è abbattuto sul territorio la scorsa primavera, si sono visti arrivare lettere di esproprio dalla SNAM. “Gli scavi per la posa saranno profondi dai 4 ai 5 m e la larghezza di pertinenza circa 50 m, e attraverseranno il nostro terreno in obliquo passandoci radente casa e impedendoci di raggiungere anche quel piccolissimo pezzetto di terra che non verrebbe distrutto – hanno spiegato Marta Garaffoni e Federico Raspadori all’interno della loro petizione, che ad oggi conta 37.643 firme –. Il nostro è un piccolo pezzo di terra, non un podere di centinaia di ettari e attorno al perimetro di esso ci sono solo campi arati, dove viene coltivato ogni anno grano o erba medica, coltivazioni che non avrebbero problemi a proseguire anche dopo la messa in posa del metanodotto; inoltre quelli intorno a casa nostra sono campi dove già passerà il metanodotto e quindi i proprietari di questi hanno già comunque ricevuto l’avviso di esproprio temporaneo di essi”. Invece, nel loro caso, se il percorso del gasdotto non sarà deviato, quando il cantiere sarà terminato la servitù di passaggio a vita che incomberà su quei terreni ne impedirà l’utilizzo, consentendo a SNAM di intervenirci al bisogno. “È un esproprio di fatto dei nostri terreni e senza quelli, per noi, anche la casa che abbiamo comprato non ha più nessun valore, perché non avremmo mai acquistato una casa senza terra”, denunciano i coniugi, aggiungendo che, a fronte a tale scenario, SNAM vuole dare loro “poco più 4 mila euro di risarcimento”. Inoltre, spiegano i promotori dell’iniziativa, “se anche SNAM accettasse le nostre richieste di deviazione esisterebbe comunque per noi il forte timore che con gli abbassamenti di falda acquifera, necessari per i lavori, rimarremmo con scarsi o nulli approvvigionamenti di acqua dai nostri pozzi, acqua vitale per le nostre piante e animali, quindi in ogni caso caso questo metanodotto per noi sarebbe terribilmente invasivo”.
In un primo momento il progetto del gasdotto era denominato “Rete Adriatica”, poiché la condotta sarebbe dovuta passare lungo la fascia costiera, ma in seguito alla realizzazione dei tratti a sud, in corrispondenza del Tap proveniente dall’Azerbaigian, la SNAM ha deciso di dirottare il tracciato sull’Appennino, nelle zone già ampiamente devastate dai terremoti dell’Aquila e di Umbria e Marche. Secondo i calcoli effettuati, milioni di alberi saranno abbattuti per la costruzione del gasdotto. L’opera avrà un costo di 2 miliardi e 500 milioni di euro, che verranno pagati dai cittadini attraverso la bolletta del gas e, se vedrà la luce entro il 2027, da finanziamenti europei. In occasione della Giornata internazionale di lotta contro le grandi opere inutili e imposte, lo scorso otto dicembre si sono svolte numerose manifestazioni di protesta che hanno coinvolto, tra gli altri, i Comuni di Forlì, Apecchio-Città di Castello, Colfiorito, Sulmona e Brindisi, organizzate da un network di associazioni in cui figurano la Campagna Per il Clima Fuori dal Fossile, il movimento No Tap, la Rete No Rigass No Gnl, No Hub, nonché i Comitati No Tubo delle varie regioni. Da anni queste realtà si oppongono al mega gasdotto SNAM Linea Adriatica, cercando di informare e sensibilizzare sul tema la popolazione. Che, accortasi del concreto pericolo, sta rispondendo presente.
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