Continua la mobilitazione per Rosia Montana
Ieri, domenica 15 settembre, più di 25 mila persone, con lo slogan “Uniti salviamo Rosia Montana”, sono scese in piazza a Bucarest per manifestare contro l’apertura della miniera con blocchi stradali durati più di 4 ore. Nei giorni precedenti, ogni sera circa 3 mila persone si davano appuntamento nella piazza dell’Università per un sit-in e la giornata di ieri ha dimostrato che il movimento sta crescendo di giorno in giorno sviluppando una straordinaria forza e capacità di mobilitazione. Analoghe manifestazioni si sono tenute in 27 città della Romania, con particolare successo a Cluj Napoca, dove sono scese in piazza più di 12 mila persone. La battaglia per Rosia Montana ha creato una salda rete di solidarietà anche all’estero: domenica in 34 paesi, tra cui Stati Uniti, Italia, Spagna, Irlanda e molti altri, si sono tenuti presidi in sostegno alla causa romena. Il movimento ha concluso la serata lanciando un altro appuntamento: “Questa domenica siamo stati di più rispetto domenica scorsa ma domenica prossima saremo ancora di più rispetto a oggi!”
Sempre nella giornata di ieri, i 33 operai che sono scesi nella miniera, 22 da mercoledì e altri 11 da venerdì, per protestare contro il primo parere negativo della commissione giuridica del Senato riguardo al progetto estrattivo hanno interrotto il loro sciopero e sono venuti fuori accompagnati dal primo ministro Victor Ponta. Secondo i giornali e i media mainstream, gli operai sono scesi dentro la miniera, iniziando lo sciopero della fame, per affermare l’importanza dell’avvio dei lavori nel comune di Rosia Montana in quanto ciò creerà posti di lavoro. Il primo ministro è andato di corsa a portare la propria solidarietà ai lavoratori dentro la miniera, promettendo loro di portare sul posto la commissione affinché questa rivaluti la sua posizione, perché “Nessuno ha il diritto di bocciare questo progetto se non è mai stato sul posto e non sa che vita fanno queste povere persone”. Alla fine della giornata, Ponta è riuscito a convincere gli operai a uscire dalla miniera con tanto di dichiarazioni infarcite di paternalismo sentimentale.
Questo è il racconto dei media, ma vediamo come stanno realmente le cose. La verità è che i lavoratori erano scesi dentro la mineira-museo presente sul posto, una miniera quindi dotata di tutte le comodità, e che hanno semplicemente occupato per qualche giorno.
Il dato interessante è che negli ultimi 5 anni, la Gold Corporation, controllata dalla canadese Gabriel Resources, ha investito considerevoli somme di denaro nella televisione pubblica e privata: forse sta proprio qui il principio dell’informazione distorta e menzognera riguardo alle proteste legate a Rosia Montana, riservando ampio spazio allo sciopero-farsa e una totale indifferenza per le mobilitazioni che da 15 giorni animano il paese. Inoltre, questi “lavoratori”, pronti a devastare l’ambiente e mettere a repentaglio la salute di un’intera comunità per un temporaneo ed esiguo profitto, compaiono sporadicamente solo quando si tratta di fare un po’ di pubblicità alla Gold Corporation, dopo di che scompaiono misteriosamente.
La verità è che la Gabriel Resources manipola con dei compensi miseri le persone che vivono in uno stato di povertà materiale, le quali sono pronte a fare di tutto per guadagnare un po’ di soldi, ma nemmeno questa strategia meschina funziona dato che dall’inizio delle mobilitazioni questa società ha perso più della metà delle sue quotazioni in borsa.
Ruolo strategico dei media embedded, “operai” che piangono e invocano la protezione dei primi ministri, mettendo in atto scioperi-farsa, una popolazione determinata a opporsi con tutte le sue forze alla devastazione dell’ambiente e al pericolo per la salute di tutta la comunità: uno scenario déjà-vu che si ripete a diverse longitudini. L’unica certezza è che dei movimenti tanto determinati e capaci a sviluppare un’opposizione popolare resisteranno sempre un metro e un minuto in più rispetto a chi porta distruzione e rovina.
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