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Genova, la Tav diventa arancione

E’ bastata la promessa di una compensazione al quartiere per convincere Sel e gli “arancioni” della lista Doria a votare sì su uno degli snodi del Terzo Valico, la tav genovese. Ieri sera a palazzo Tursi è stato deciso quali saranno le cave destinate ad accogliere lo smarino (il detrito dei lavori di scavo). Si tratta di tre cave in val Chiaravagna e lo scempio viene presentato come un recupero «atteso da decenni».
Regista dell’operazione il vicesindaco del Pd Stefano Bernini. Il suo partito, già dall’estate, aveva iniziato un pressing sul sindaco proprio sulla questione delle Grandi opere (l’altra è la mostruosa Gronda autostradale). In sostanza veniva detto, nello stile consueto dei democratici, di scaricare l’Idv, imbarcare l’Udc per aprire quei cantieri sulla pelle di chi ci abita intorno. La lista Doria s’è accontentata di qualche emendamento per aggiungere controlli e prevedere una serie di compensazioni al quartiere. In cambio ha votato compatta (astenuto solo il capogruppo Enrico Pignone) la delibera rimasta in sospeso prima di Natale, quando era stato fatto mancare il numero legale. Anche Sel non ha voluto perdere l’occasione di sostenere la maggioranza.
Così l’emendamento presentato dal Movimento Cinque Stelle, che chiedeva di sospendere la pratica, è stato bocciato, passa invece la delibera con 31 voti a favore. Contrario solo Antonio Bruno, della Federazione della Sinistra, mentre i grullini hanno lasciato l’aula dicendo «Quando si parla di salute non c’è compensazione che tenga». Questo perché l’ smarino del terzo valico è velenoso come quello della Val Susa: milioni milione di metri cubi di terra, roccia, amianto e additivi “schiumogeni” stabilizzanti. Da cento a duecentomila camion che viaggerebbero per anni, a tutte le ore, giorno e notte. Che l’amianto ci sia è testimoniato dalle varie delibere di approvazione del Terzo Valico così come la pericolosità degli additivi stabilizzanti.
Totalmente contraria la cittadinanza della Val Chiaravagna che ha sempre definito «inaccettabile definire recupero ambientale il deposito di smarino nella ex cava “Vecchie Fornaci”: l’intervento cancellerebbe il seppur faticoso processo di rinverdimento naturalmente avviato anni fa con l’abbandono dell’estrazione e pregiudicherebbe l’esistenza stessa del Parco Urbano del Monte Gazzo». Anche la gradonatura prospettata per le cave Gneo e Giunchetto «mette in dubbio il ritorno del verde ma soprattutto la soprattutto la sicurezza idrogeologica», secondo l’Associazione Amici del Chiaravagna Onlus. Vengono formulate comande precise e inquietanti: «Come garantire in tempo reale il controllo sulla natura dei materiali in transito e sulle acque essendo parte delle aree della zona ricche di fibra d’amianto? Cosa verrà poi realizzato negli ampi piazzali che resteranno disponibili dopo l’esaurimento delle cave e quali impieghi avrà il deposito di smarino prospettato per la base della discarica di Scarpino?».
Il Pd ha la maggioranza relativa a Tursi, il municipio genovese, ma Doria potrebbe avere una maggioranza più di sinistra potendo contare, ipoteticamente, su Sel, sulla lista a suo nome che ha eletto esponenti dei movimenti cittadini, sull’anomala Idv locale (divisa tra persone che vengono da sinistra e quelle al seguito del potente leader di un sindacato di polizia tutt’altro che di sinistra), oltre alla Fds.
Doria è stato eletto sull’onda dell’entusiasmo per una nuova politica sul territorio ma il suo programma sulle Grandi opere lascia dubbi fin dall’inizio. Cosa accadrà ora che si dovrà parlare di Gronda, Piano Urbanistico Comunale, inceneritore/ gassificatore, rispetto del referendum in merito all’eliminazione della remunerazione del capitale investito nella bolletta?
Se, come il grigio, anche l’arancione ha cinquanta sfumature, quello di Doria sembra proprio tendente al grigio.
Checchino Antonini
da Liberazione

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