IL FALLIMENTO DELLA SANITÀ REGIONALE PIEMONTESE. Tra ritardi, passerelle politiche e azioni di propaganda
In un momento storico, economico e sociale come quello attuale, per chi si occupa della gestione dei fondi pubblici destinati alla sanità, l’arrivo di una pandemia come quella che stiamo vivendo ha un solo ed unico significato e cioè “perdita”. Mentre per il mondo della sanità privata si traduce tutto in “profitto” e, purtroppo, a volte anche in “sciacallaggio”.
Lo Stato oggi deve necessariamente correre velocemente ai ripari considerato che negli ultimi sei mesi, nonostante l’attesa di una seconda ondata a detta degli esperti peggiore rispetto alla precedente, non è stata presa alcuna misura preventiva di alleggerimento delle strutture sanitarie territoriali ed ospedaliere volte a contenere nuovi posti letto in grado di gestire l’emergenza.
E così ci troviamo ad affrontare questa fase critica con (addirittura!) meno strumenti rispetto allo scorso marzo.
Ma entriamo nel merito: come ha pensato di agire la Regione Piemonte?
Arriva oggi, in corner, ad affrontare la situazione aprendo il portafogli e concedendo alle grandi aziende sanitarie private quello che queste ultime richiedono. Poco importa che le aziende sanitarie private, durante la prima ondata, avessero già storto il naso nel dare sostegno e respiro pratico alle ASL locali. Poco importa se le cifre richieste siano scellerate o ben ponderate rispetto ai costi che devono realmente sostenere perché il problema è il principio che sta a monte che rende tutto ciò che sta a valle sbagliato. E cioè che la salute è un diritto che va garantito e pertanto la sanità è un bene che deve restare pubblico, che non va monetizzato o dato in pasto agli squali del profitto.
Una Regione come quella piemontese che, con l’avallo del Governo, nonostante l’emergenza sanitaria, la crisi economica, le attività commerciali chiuse, il numero di aziende in crisi da mesi, dipendenti che ancora aspettano la cassa integrazione (relativa agli stanziamenti regionali e poi a quelli nazionali), ha continuato senza sosta a promuovere un’opera scellerata come il Tav Torino-Lione, non solo non ha a cuore il futuro dei propri abitanti, ma non ha nemmeno alcun interesse a gestire dei fondi pubblici se non per il proprio ritorno politico.
Non ci stupisce infatti questo arrocco della giunta diretta dal presidente Cirio (esattamente come tutte le altre che hanno coperto quel posto in passato) considerato che, Covid-19 a parte, sin da quando si è insediata ha promesso che avrebbe investito per valorizzare il ruolo della sanità privata… a dispetto di quella pubblica aggiungiamo noi.
Sono anni che denunciamo questa situazione indecente, anni che continuiamo a ripetere che non si possono spendere soldi pubblici per fare gli interessi di pochi privati attraverso grandi opere e scelte politiche economiche che si ribaltano, come è ben visibile in questo caso, su aspetti sociali fondamentali per la collettività, che nulla hanno a che vedere con il benessere della popolazione.
Una Regione che firma un accordo con i privati, all’ultimo, in corsa e di fretta, è solo sintomo di una netta incapacità gestionale, oltre che di disinteresse totale di quelle che sono le priorità di chi abita quel dato territorio. Questo dato conferma e rende lampante la mancata competenza offerta dalla Giunta piemontese, come dalla stessa Unità di Crisi all’interno della quale – ricordiamo – opera l’ex Pm Rinaudo, che ha passato anni della sua carriera a prodigarsi nel tentativo di far condannare decine di No Tav.
Una Regione che ha davvero a cuore la popolazione che la vive non si sarebbe mai permessa di lasciare spazio a chi oggi ha tutto l’interesse monetario e il peso contrattuale per chiudere accordi per rendere disponibili le proprie strutture private ad utilizzo pubblico (convenzionato). Perché mentre i privati fanno il loro interesse, le Istituzioni dovrebbero solo guardare alla cosa pubblica e alle reali necessità delle persone che abitano i territori.
Rispetto al Piemonte, va anche aggiunto che i circa 10 milioni di euro spesi per allestire le OGR come “ricovero” emergenziale con una joint venture pubblico-privato di quelle che piacciono a Cirio sono stati completamente inutili visto che poi sono state smantellate, spendendo ancora denaro e con ogni probabilità verranno sborsate ulteriori somme per realizzare lo stesso identico progetto al Lingotto.
Insomma, forse a Cirio è entrato in testa fin troppo bene la pratica del tondino e del cemento: oggi lo costruisco e domani lo smonto per ricostruirlo dopo domani.
Nel nostro caso, se Cirio al posto di perdere tempo e buttare ulteriori soldi a fare convegni sul Tav, avesse utilizzato quel tempo e quello stesso denaro per provvedere ad aumentare posti letto nelle terapie intensive, spingere affinché le aziende sanitarie territoriali assumessero nuovo personale medico e sanitario, fare in modo che la sanità territoriale venisse potenziata il giusto, a quest’ora non ci ritroveremmo sicuramente in questa valle di lacrime in cui invece siamo.
Ma del resto ormai è chiaro a tutti che Cirio lancia proclami, ma poi, come tanti altri prima di lui, smuove denari solo per foraggiare le tasche dei privati, lasciando indietro le milioni di persone che abitano il Piemonte.
Da notav.info
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