Il foglio di via dello scrittore No Tav (di Stefano Dorigo)
Molti partono a piedi dal campeggio, mentre tre auto partono per prendere il sentiero che prende avvio da Giaglione.
Lungo la strada, passando per Susa, l’ultima vettura della nostra micro-carovana viene fermata per un controllo: forse la più visibile tra le tre, se non altro per i suoi componenti. Tutti giovani e abbigliati in maniera comoda, mentre nelle due auto davanti c’erano bambini e chi non è più troppo giovane anagraficamente.
Decidiamo comunque di fermarci, a portare solidarietà ed accertarsi che non avvenga nulla di anomalo. La regola è sempre quella: si parte e si torna assieme.
Sembra che stia andando tutto regolare: non c’è nulla da segnalare nei loro confronti, e come di prassi chiedono i documenti anche a noi che ci siamo avvicinati.
“Due minuti e finisce tutto“. Parole del maresciallo dei Carabinieri che ci aveva fermato.
Ma purtroppo il mio documento fa perdere troppi minuti.
“Risulta in sospeso un atto di notifica per lei“.
Comincia lo spettacolo che vede contrapporsi Carabinieri e Polizia di stato per la consegna della notifica, con noi in impotenti spettatori.
Si cerca di fare di tutto per rendere effettiva la consegna dell’atto alla caserma di Susa: al maresciallo non piace l’idea di scortarmi fino alla questura di Torino. Ma la Polizia insiste: devono notificare loro l’atto. Si mette di mezzo anche il capitano dei Carabinieri di Susa, il quale però riesce solo a trattare per una mediazione: la consegna avverrà alla questura di Rivoli. Una via di mezzo tra Torino e il comune dove mi hanno fermato. Susa.
Lungo il tragitto il maresciallo si confida.
“Non ne posso più di questa valle. Per fortuna che non dobbiamo andare fino a Torino, ma poi anche tu… ma chi te lo ha fatto fare di avvicinarti all’auto? Non te ne potevi stare tranquillo ad aspettare più in là? Ora dobbiamo gestirci tutto questo casino. Poi sembri un bravo ragazzo: non ha la faccia da testa di cazzo…“
Grazie, ma a sapere che c’era una notifica per me, di sicuro non mi avvicinavo all’auto fermata.
Comincia il pronostico sulle possibilità del contenuto dell’atto. La Polizia non ha voluto dire ai Carabinieri di che si tratti. Si va dall’avviso orale al foglio di via. Tutto può essere, ma con l’aria che tira in questi tempi non c’è molto da sperare.
Il giorno prima il giornale titolava: 35 fogli di via per i fatti del treno delle scorie nucleari.
Quella notte, il 24 luglio, passava un treno carico di scorie diretto verso la Francia, transitante per la stazione di Bussoleno, comune a due fermate di treno da Chiomonte. Per la mezzanotte era previsto un presidio No Nuke fuori dalla stazione. Dal campeggio c’è chi ci arriva in auto, chi in treno.
Io sono tra quelli che vanno in treno. Lo stesso maledetto treno che si vedrà bloccato alla stazione di Bussoleno, con 115 persone tra attivisti e passeggeri comuni dentro, e fuori centinaia e centinaia di poliziotti in assetto antisommossa e atteggiamento molto poco amichevole. Casco calato, fazzoletto alzato, mano al manganello e scudo pronto. Chi aveva la vista lunga ha notato un adesivo che copriva il numero di identificazione sul petto.
Ostaggi per quattro ore e mezza, fino a quando non è arrivata una delegazione di valligiani, avvocati e un ex parlamentare a controllare che l’identificazione si svolgesse senza casini. Io non ho paura a negare il mio ruolo dentro quel treno. Mio malgrado, mi sono trovato a gestire le comunicazioni con Radio Black Out e i compagni della valle, mentre altri ragazzi gestivano improvvisate trattative con la Digos per uscire da quella situazione, peggiorata dal fatto che non c’era nessun valligiano a bordo.
Ma si arriva alla questura di Rivoli, dove avviene una piccola nota di colore, che mi fa capire quanto sono stato fortunato ad essere stato fermato dai Carabinieri e non dalla Polizia. Saliti al primo piano del palazzo, scortato da due marescialli dell’Arma, mi presentano al comandante in servizio al momento.
C’è da attendere che arrivi l’ufficiale di Polizia giudiziaria, ma intanto i Carabinieri fanno registrare il mio arrivo in questura.
“A che riguardo di preciso? Non è chiara la situazione: noi abbiamo preparato la stanza…“
Ci sono due secondi di lunghissimo silenzio. Un improvviso brivido mi gela.
Il maresciallo spacca quella tormentata pausa. “Ma quale stanza? Qui c’è solo da notificare un atto!“
La situazione ritorna all’assurda normalità.
Il maresciallo tranquillizza me e Giustina, che mi aveva accompagnato lungo tutto il percorso fin dentro le stanze della questura: “Ora arriva l’ufficiale della Digos. Vi consegna la notifica e tutto finisce. Solo che davvero non so dirvi cosa c’è in quell’atto.“
Ma come previsto c’è poco da sperare. Foglio di via della durata di due anni dai comuni di: Avigliana, Bussoleno, Chiomonte, Exilles, Gravere, Giaglione e Susa.
I motivi sono vaghi, e a tratti esilaranti.
Risulta che insieme ad altri facinorosi manifestatamene appartenenti all’area di contestazione o anarco-insurrezionalista o marxista-disobbendiente, nelle prime ore del 24 corrente luglio prendevo quel famoso treno per Bussoleno. Si dice in più che prima che il treno entrasse in stazione, gli occupanti ne arrestavano la corsa mediante l’azionamento del freno di emergenza. Io mi ricordavo che a fermare il treno, e ad impedire che ripartisse, fossero centinaia di poliziotti che gradivano la nostra compagnia in stazione.
Mi si accusa di campeggiare in luoghi dalla dubbia fama e scegliermi compagni di viaggio poco raccomandabili e che questo, unito al fatto che nei paesi indicati nel foglio di via, non svolgo alcuna stabile attività lavorativa, non ho residenza, o legami famigliari o nessun interesse dichiarato rilevante, fa di me una persona pericolosa per la società.
Ora vorrei soffermarmi sulla mia effettiva pericolosità sociale.
Sono uno scrittore, ho scritto A Riot Of My Own, un romanzo sugli anni ’70 e gli esiliati italiani a Parigi, composto assieme a uno degli esuli, Pantaleo Elicio, libro che ho presentato anche al campeggio No Tav verso fine luglio. Il mio prossimo romanzo sarà sulla lotta No Tav. Oltre a questo, sto scrivendo una tesi di laurea sul movimento No Tav e sul suo uso di Internet a fini organizzativi e di contro-informazione, sotto la direzione dell’università di Parigi 8.
Se si tiene conto di questi fatti, la faccenda risulta chiara. Sono pericoloso, pericolosissimo. Perché un ragazzo che lancia pietre loro se lo riescono a gestire, non sanno invece gestirsi chi invece scrive di chi tira le pietre. A lui non puoi sparare lacrimogeni o puntarlo con l’idrante quando è sotto le reti: uno scrittore non è facilmente identificabile come uno con una videocamera o una macchina fotografica in mano.
Mi hanno atteso al varco, quando la situazione era tranquilla per prendermi e mandarmi via dai coglioni. Io per il mio lavoro ho bisogno di essere sul campo, per avere accesso diretto alle fonti, con questo atto sperano di tagliarmi le gambe e farmi ripiegare a scrivere le mie opere tramite la lettura di comunicati, come fanno i giornalisti del Tg1 o della Stampa. Ma questo non è la mia modalità di lavoro.
Per tanto, dico chiaramente che non sarà un pezzo di carta a tenere lontano me e Giustina da una valle dove lasciamo il cuore, oltre che concentrare le nostre passioni in compagnia delle persone più splendide che abbiamo mai incontrato. I No Tav,
A l’è düra!
Stefano Dorigo
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