Il regista Gabriele Salvatores racconterà il movimento NoTav
La notizia è clamorosa: Salvatores, che ha recentemente rifiutato la direzione del Torino Film Festival, impegna il proprio prestigio internazionale per tentare di rimediare a quella che viene percepita come una solenne ingiustizia: l’oscuramento mediatico ai danni della protesta valsusina, la cui “voce” non arriva mai sul grande schermo. «Seguivo da tempo la vicenda della valle di Susa – dice Salvatores – ma solo venendo sul posto, tra la gente della valle, mi sono reso conto della straordinaria umanità che anima questo territorio». In poche ore, il regista ha preso la sua decisione e l’ha annunciata, suscitando l’entusiasmo del pubblico del “Valsusa Film Festival”, coraggiosa rassegna diretta da Roberto Canu e Chiara Sasso, che quest’anno ha ospitato, tra gli altri, Daniele Vicari e Giorgio Diritti. Un altro regista, Marco Ponti, originario di Avigliana, ha aperto una piccola finestra No-Tav nella sua commedia “Passione sinistra”, mentre in valle di Susa sono al lavoro – per realizzare documentari – il genovese Carlo Bachschmidt, autore di “Black bloc”, e il torinese Daniele Gaglianone, regista di film come “I nostri anni” e “Ruggine” e vincitore del David di Donatello con il drammatico documentario “Rata Nece Biti” sull’eredità della guerra civile in Bosnia.
Con Salvatores, sulla valle di Susa ora irrompe addirittura Hollywood, grazie all’alto patronato del regista di pellicole-mito come “Blade Runner”, “Alien” e “Thelma & Louise”. Da Ridley Scott, carta bianca a Salvatores per raccontare la “sua” Italia attraverso la formula del social-movie: il montaggio di filmati autoprodotti sul posto, generati da operatori locali in presa diretta, per raccontare il sapore di una “giornata particolare”. Primo esperimento globale per la creazione del più grande lungometraggio generato dagli utenti, “Life in a day” ha esordito nel 2010: il 24 luglio, gli utenti della community di “YouTube” hanno avuto 24 ore di tempo per immortalare uno spaccato della propria vita. Il film è stato distribuito negli Usa da National Geographic. Ridley Scott, nei panni di produttore esecutivo, ha deciso di ampliare il progetto, estendendolo a diversi paesi. Per l’Italia ha scelto Salvatores, che a sua volta ha deciso per la valle di Susa. Un’operazione “dal basso”, ingaggiando giovani operatori locali: «E’ un sogno che si avvera – dicono Chiara Sasso e Roberto Canu – perché proprio il “Valsusa Film Festival” ha trasmesso ai giovanissimi la passione per il video: molti di loro hanno preso in mano per la prima volta la telecamera per partecipare ai nostri concorsi».
Salvatores si schiera con la valle di Susa proprio nel giorno in cui infuriano le polemiche per le molotov scagliate nella notte al cantiere di Chiomonte: azione condannata con fermezza dai No-Tav, che si dichiarano estranei al blitz. E mentre la magistratura paventa il rischio di un’escalation di tensioni, la politica si scatena: da Alfano a Lupi, l’establishment si affretta a ripetere che la Torino-Lione “si deve fare, punto e basta”, ancora una volta rifiutando di dare spiegazioni. Contro la maxi-opera si sono mobilitati i migliori tecnici dell’università italiana, spiegando che si tratta di un’infrastruttura totalmente inutile, devastante per l’ambiente, pericolosa per la salute e letteralmente suicida per il peso che avrebbe sul debito pubblico. Argomentazioni mai affrontate in un vero contraddittorio, nel silenzio assordante dei grandi partiti, Pd e Pdl, ora anche formalmente alleati. Colpito dalla vitalità civile del territorio valsusino, Salvatores si prepara a mobilitare proprio le risorse locali, coordinandole nell’ambito di un progetto cinematografico internazionale. «Fare film – dice – significa anche cercare di contribuire a migliorare il mondo: raccontare la bellezza serve a dare coraggio».
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