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La Sicilia orientale si mobilita contro una nuova discarica

Il 21 dicembre 2012 l’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana ha concesso alla ditta SOAMBIENTE di Agrigento l’Autorizzazione Integrata Ambientale per trasformare alcune cave di pietra abbandonate in una discarica di ben 614.000 metri cubi.
Le vecchie cave di pietra dovrebbero essere riempite, nei piani della SOAMBIENTE, con rifiuti di metalli non ferrosi (rame, piombo, nichel, cromo, zinco, titanio, ecc…), rifiuti provenienti da operazioni di bonifica, carboni attivi esauriti, amianto, rifiuti non biodegradabili, pietrisco ferroviario, cemento, miscele bituminose, polveri, rifiuti da estrazione di minerali metalliferi e non metalliferi, e altro ancora.
Quello messo in atto non è il primo tentativo di costruzione di una discarica sul sito di Stallaini. Tentativi sempre falliti per l’opposizione del territorio che, così com’è accaduto con le mobilitazioni contro le trivellazioni petrolifere, ha respinto l’avanzata degli speculatori nel sud-est della Sicilia.
L’area del progetto, totalmente circondata da campi coltivati e da aree incontaminate adibite al pascolo, si trova a qualche centinaio di metri dalla Riserva Naturale di Cava Grande del Cassibile e a poche decine di metri da uno degli affluenti del fiume Manghisi, protetto sia dall’istituzione della riserva, sia dalla popolazione locale, che gli ha sempre riconosciuto una funzione fondamentale nel mantenimento della biodiversità in tutta l’area iblea. Il fiume alimenta, inoltre, la quasi totale disponibilità d’acqua del sottostante comune di Avola, oltre ad essere meta di decine di migliaia di visitatori l’anno.
La zona del progetto ricade, inoltre, e per intero, all’interno dell’area sottoposta a vincolo paesaggistico, in cui è vietata la costruzione di “discariche di materiale di qualsiasi genere” e nelle immediate vicinanze di una necropoli bizantina.
Alle prime notizie del progetto la popolazione e le associazioni di Avola e Noto (ma anche di Siracusa, Canicattini Bagni e altri comuni della zona) si sono subito mosse in difesa della propria salute, lanciando una raccolta di firme per ottenere la revoca dell’autorizzazione. L’adesione all’iniziativa è stata massiccia e le firme si contano nell’ordine delle migliaia.
Ma c’è la consapevolezza che può non bastare, che bisognerà proseguire nella lotta in difesa del territorio, per ogni via praticabile. I confini comunali e il campanilismo sono stati abbattuti dalla coscienza che se è a rischio l’ambiente di Cava Grande, allora lo è tutta la Sicilia sud-orientale.
Il Comune di Noto, pressato con decisione dalle associazioni e dai cittadini, già nel dicembre del 2010 espresse parere negativo sulla costruzione della discarica, formulando dubbi circa l’ubicazione, la stabilità del terreno, l’ammissibilità dei rifiuti e il sistema di controlli. Ma venne scavalcata dalla Regione che fece proprie le conclusioni di una Valutazione d’Impatto Ambientale da molti giudicata inesatta e compiacente verso le intenzioni della SOAMBIENTE.
Un primo risultato è stato già raggiunto: il progetto è stato fermato (a quanto pare anche per il sospetto di infiltrazioni mafiose nell’affare). Risultato accolto senza eccessi d’entusiasmo dalla popolazione, ma rilanciato con soddisfazione dai sindaci di Noto e Canicattini Bagni.
I rappresentanti delle istituzioni (e molte sono quelle che, al tempo, hanno espresso parere favorevole sulla discarica), sanno già che la popolazione non ha più intenzione di riporre fiducia negli annunci e nelle promesse. L’esperienza della discarica di Bommiscuro ha lasciato segni profondi nella zona.
I cittadini di quest’area hanno già sanzionato decenni di malgoverno e i partiti un tempo più gettonati registrano un calo di voti nell’ordine delle decine di migliaia, senatori e deputati hanno perso il loro scranno, forse per sempre.
Una popolazione che, tra elezioni regionali e politiche, ha disertato in massa le urne, arrivando a marcare una soglia di astensionismo massima del 41% in alcuni comuni.
Una popolazione già segnata dalla crisi del settore agricolo, dall’industrializzazione selvaggia e dall’invasione dei centri commerciali, che non attende più concessioni dall’alto e proclami dall’aspetto benefico, ma si organizza per la difesa del proprio ambiente e della propria salute.
Non c’è più spazio per le discariche, la lottizzazione, i petrolieri e i mille assalti del capitalismo.
Movimento Ales, Avola

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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