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Opere grandi e inutili da Stoccarda al Marocco

Non solo Tav. Di grandi opere infrastrutturali inutili, dannose e calate dall’alto al World Social Forum di Tunisi se n’è parlato tanto in seminari molto affollati, con testimonianze da Italia ed Europa, ma anche dal Marocco, dove la tratta ad alta velocità in fase di realizzazione tra Casablanca e Tangeri è frutto di un accordo tra le autorità locali e quelle francesi.

Non a caso in prima fila per i lavori, assegnati senza gara d’appalto internazionale, c’è la compagnia transalpina Alstom e parte dei 2,5 miliardi di euro necessari per i lavori provengono da Parigi. Tanto denaro che secondo l’attivista «Stop Tgv» Hassan Akrouid potrebbe essere impiegato per scuole e ospedali e che rischia solo di aumentare il debito estero del Paese. Le comunità rurali presenti sulla tratta stanno opponendo resistenza, ma alcune sono state già costrette a lasciare le loro terre in cambio di un tozzo di pane. Un progetto quello del Tgv marocchino, frutto solo di interessi economici e geopolitici, tutt’altro che necessario, un po’ come l’aeroporto di Hammamet, finanziato anche con i soldi della Banca europea per gli investimenti ai tempi del regime di Ben Ali. Un caso denunciato qui a Tunisi.

Tornando sul fronte italiano, al Wsf sono molteplici le testimonianze dei comitati locali. Davide Ghiglione di Stop al Terzo Valico ricorda come la nuova tratta merci tra Genova e Milano sia uno spreco enorme di risorse pubbliche (6,2 miliardi di euro), nonostante le linee esistenti siano già sottoutilizzate del 30%. Le tre bocciature ricevute dal progetto negli anni 90 sono state cancellate dalla Legge Obiettivo del 2001. Nel 2006 il Cipe ha stanziato i fondi e l’Impregilo è stata incaricata dei lavori, che rischiano di iniziare a breve, tanto che già ci sono i primi espropri. Un’ulteriore componente dell’Alta Velocità, racconta Tiziano Cardosi dei No Tav Firenze, è rappresentato dal tunnel di sotto-attraversamento del capoluogo toscano, una grande opera dal valore di oltre 3 miliardi che permetterà di “saltare” la stazione Fs di Santa Maria Novella. Uno sfregio sotterraneo che rischia di avere conseguenze pesanti su Firenze.

Queste lotte sono impegnate a fare fronte comune con i movimenti storici a livello europeo. Come quello contro la nuova stazione di Stoccarda e del suo binario ad alta velocità. «Sarà totalmente interrata e i costi non finiscono mai di lievitare, ormai siamo oltre i 10 miliardi di euro», spiega Andrea Schmidt. Molto attivi i francesi di Notre Dame des Landes, che da ben 40 anni dicono no a un nuovo aeroporto (costo sui 650 milioni) che comporterà la devastazione di 2mila ettari di terreno agricolo molto fertile e lo sfollamento di centinaia di famiglie. «Il tutto nonostante esista un altro aeroporto che vince premi per l’efficienza» afferma Rozenn Perrot. A Nantes la resistenza è repressa con mano pesante dalla polizia. Lo scorso ottobre c’è stata un’operazione che ha coinvolto 1.500 poliziotti per sfollare 150 giovani che occupavano terre confiscate.

La repressione è un filo rosso che lega la Val di Susa con Nantes, ma anche con i Paesi Baschi, dove gli attivisti della rete Gelditu Elkarlara rischiano tra i quattro e i nove anni di galera per aver tirato torte contro le autorità della Navarra che sostengono il progetto di alta velocità nella regione, denominato Aht.

Tutte queste realtà della società civile europea si incontreranno a Stoccarda dal 25 al 29 luglio prossimi per il terzo Forum sulle grandi opere inutili e imposte. Nel loro nuovo logo c’è l’elefante bianco, simbolo dei progetti inutili in India, dove da decenni ci si batte contro le mega dighe e i devastanti impatti estrattivi. Ma il tentativo di allargare ad altre importanti vertenze – a Tunisi hanno fatto degli interventi anche i No Tubo abruzzesi, i No Dal Molin vicentini, i No Grandi Navi veneziani, i No Muos siciliani e la rete StopEnel – è già in atto. Paolo Prieri dei No Tav ci anticipa che oggi sarà redatta la carta di Tunisi, «una piattaforma comune contro i progetti infrastrutturali inutili e dannosi, che servirà a dare dignità e riconoscimento alle tante realtà che non accettano un modello di sviluppo errato».

da Il Manifesto

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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