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Quirra: sarà Stato contro Stato?

Da arrèxini.info

Si dovrà attendere l’11 Marzo per conoscere la decisione del gup di Nuoro Nicola Clivio sul rinvio a giudizio delle venti personalità, tra militari e civili, ritenute in diversa misura colpevoli del disastro ambientale rilevato nell’intorno del Poligono Interforze Salto di Quirra. L’udienza preliminare, inizialmente fissata al 20 Febbraio era poi slittata a causa di uno sciopero degli avvocati.

Le indagini preliminari
L’inchiesta, aperta dal pubblico ministero Domenico Fiordalisi della Procura di Lanusei nel gennaio 2011, inizialmente fu avviata su un duplice binario: la pista dell’omicidio volontario e quella di reati connessi al disastro ambientale. L’indagine riguardante le accuse di omicidio fu presto abbandonata da Fiordalisi (anche se pare che non sia stata archiviata e che quindi possa in un qualsiasi momento tornare d’attualità).
A scatenare il caso hanno avuto un ruolo determinante le frequenti nascite di capi di bestiame deformi, oltre all’elevatissimo numero di leucemie e linfomi di Hodgkin riscontrati su un gran numero di militari e abitanti della zona, in particolare pastori che usufruivano dei pascoli all’interno dei quali i militari compiono le esercitazioni .
Il punto cruciale delle ricerche è la difficoltà di dimostrare il nesso di causalità tra le attività di sperimentazione da una parte e le numerose morti e deformazioni dall’altra.
Inizialmente si pensava all’utilizzo di armamenti contenenti uranio impoverito; la svolta è arrivata in seguito alla riesumazione dei cadaveri di alcuni pastori che per lungo tempo svolsero la propria attività lavorativa nell’area incriminata: una quantità assolutamente fuori norma di torio 232 è stata rinvenuta nei loro corpi ed esiti analoghi hanno avuto le analisi sui corpi degli animali deformati.  Pare che questo materiale radioattivo venisse liberato al momento dell’esplosione di proiettili utilizzati durante le esercitazioni.
Intanto continua ad essere off-limits l’area delle sperimentazioni, in seguito alla disposizione del gip Paola Murru che vieta qualsiasi attività agropastorale: provvedimento volto alla salvaguardia della salute di pastori e agricoltori dell’area ottiene piuttosto l’effetto di un colpo di grazia su chi necessita dell’accesso alle terre al fine della sopravvivenza, e conferisce ai militari il dominio pressoché assoluto sull’area, in quanto agevola le esercitazioni che possono orza essere effettuate senza la benché minima preoccupazione di scacciare prima i lavoratori.
La labilità dei confini (o meglio, l’inesistenza di essi) tra aree destinate al pascolo e zone destinate alla guerra simulata sono all’origine della formulazione dell’accusa: lasciando libero accesso alle aree delle esercitazioni e non informando i cittadini dei possibili rischi derivati da esse, lo Stato Italiano avrebbe infranto attraverso i propri uomini il principio di precauzione.

Accusati e accuse
Le richieste di rinvio a giudizio avanzate da Fiordalisi riguardano: i generali Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberti Quattrociocchi, Valter Mauloni, Carlo Landi e Paolo Ricci, che si alternarono al comando del PISQ tra 2004 e 2010, e due comandanti del distaccamento dell’Aeronautica di Capo San Lorenzo, i colonnelli Gianfranco Fois e Francesco Fulvio Ragazzon, tutti accusati di omissione dolosa e aggravata di cautele contro infortuni e disastri, alla quale si somma per Molteni, Cecchetti e Quattrociocchi l’accusa di omissione di atti d’ufficio dovuti per ragioni di igiene e sanità;
tre membri della commissione del Ministero della Difesa (il generale Giuseppe Di Donato, il dirigente Vittorio Sabbatini e il maggiore Vincenzo Mauro) accusati di omissione dolosa aggravata di cautele contro infortuni e disastri; quattro esperti dell’Istituto di Scienze Ambientali Sarfatti dell’Università di Siena (Francesco Riccobono, Giuseppe Protano, Fabio Baroni e Luigi Antonello Di Lella) accusati di omissione dolosa aggravata di cautele contro infortuni e disastri in seguito ai controlli ambientali eseguiti tra 2002 e 2004 per conto del Ministero della Difesa;
due chimici della SGS Italia (Gilberto Nobile e Gabriella Fasciani) accusati di falsità ideologica aggravata in atto pubblico e per ostacolo aggravato alla difesa da un disastro; il medico del poligono, nonché docente universitario dell’Università degli Studi di Cagliari Pierluigi Cocco, accusato di omissione dolosa e aggravata di cautele contro infortuni e disastri, omissioni d’atti d’ufficio, ostacolo aggravato alla difesa da un disastro e favoreggiamento aggravato; l’ex sindaco di Perdasdefogu Walter Mura, accusato di ostacolo aggravato alla difesa da un disastro e favoreggiamento aggravato; infine il responsabile del servizio di prevenzione e protezione del poligono, il tenente Walter Carta, per omissione dolosa aggravata di cautele contro infortuni e disastri.

Parti civili
Nelle fasi successive del processo, ammesso che si arrivi ad esse, c’è sicuramente da aspettarsi un aumento delle parti civili, in quanto le richieste di costituzione presentate da diversi soggetti (tra i quali l’associazione Gettiamo le Basi, il partito Sardinia Natzione, il WWF e il comitato Su Jassu, composto da cittadini residenti nella zona) sono state respinte con motivazioni tutt’altro che univoche. Inoltre, è possibile che diverse richieste vengano corrette da eventuali vizi di forma e ripresentate all’attenzione della magistratura.
Ambigua la posizione della Regione Sardegna che ha presentato richiesta oltre la scadenza stabilita; da sottolineare è invece l’accoglimento della richiesta di semplici cittadini residenti nel territorio, riconosciuti parte civile nonostante non abbiano subito lesioni, (bensì in quanto lamentano danni da esposizione causati dalla semplice vicinanza dal territorio del poligono), andando ad aggiungersi ad una folta lista di soggetti di varia natura: essa comprende la Provincia di Cagliari, tutte le municipalità che ospitano il poligono a parte il Comune di Perdasdefogu, la ASL e la Coldiretti, oltre a cittadini che hanno manifestato la cosiddetta “sindrome di Quirra” e le famiglie di coloro che non possono più raccontare di averla attraversata.

Un processo anomalo
Un’anomalia di questo processo è certamente il fatto che lo Stato italiano, in presenza di ipotesi di reato, prenda nettamente posizione, difendendo i sette generali indagati tramite avvocati a carico dei contribuenti. Ciò fa emergere un quadro di conflittualità all’interno del potere statale: lo Stato espropria i terreni e compromette la salute delle popolazioni residenti nell’area del poligono, sempre lo Stato imbastisce un processo che pretende di trovare i responsabili di questa tragedia, ancora lo Stato prende le difese degli accusati e giudica a più riprese fondamentali ai fini della sicurezza nazionale le attività svolte in questo territorio.
A farne le spese sono i cittadini dei comuni che ospitano gli insediamenti militari: prima per aver subito gli espropri e i lutti, successivamente per il danno di immagine subito dalla progressiva emersione di nuove inquietanti verità sulle attività del poligono con relativo blocco delle esportazioni alimentari, poi nuovamente quando l’area del poligono viene posta sotto sequestro dalla magistratura privando di una qualsiasi fonte di sostentamento chi aveva usufruito di quei pascoli da sempre. A queste problematiche, considerando la possibilità di un ridimensionamento dell’attività sperimentale dell’industria bellica all’interno del PISQ in seguito agli esiti del processo, si possono poi aggiungere le difficoltà di riconvertire l’economia locale a causa della compromissione della salubrità dell’ambiente.
Per questo, a parere di molti, risulta indispensabile approfittare dell’attenzione mediatica suscitata da questo clamorosa vicenda giudiziaria nella speranza di ottenere, oltre alla riduzione/eliminazione della presenza militare, un’onerosissima bonifica che aprirebbe la strada alla riscoperta di quella che per secoli è stata la vocazione dell’area: la pastorizia e l’agricoltura. Oggi poco più che un vaneggio a sfondo bucolico, l’11 marzo entreremo in possesso di qualche elemento in più per capire se potremo continuare a sognare o se il risveglio ci costringerà a vestire a lutto ancora, e ancora.

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