InfoAut
Immagine di copertina per il post

Sulle macerie e sulle coste – Dal colonialismo genocidario israeliano alla villeggiatura in Sardegna

I fatti, più o meno, li conosciamo. La popolazione palestinese sta subendo un genocidio da parte dello stato di Israele, appoggiato da complici occidentali.

da A Foras

La soluzione finale è in corso, come dichiarato dal Primo Ministro israeliano Netanyahu. La guerra di Israele contro la Palestina dura da più di settant’anni, con dei picchi di sterminio che partono dalla Nakba e che oggi superano qualsiasi misura mai conosciuta prima. E da allora la popolazione palestinese resiste.

Cosa farne di una terra devastata non è mai stato un gran problema per lo Stato Ebraico. Da mesi si chiacchiera del progetto di costruzione della cosiddetta “Gaza Riviera”, che ora sembra concretizzarsi attraverso un piano di investimenti da parte di Israele e USA: il Washington Post ha reso noto che il Gaza Reconstitution, Economic Acceleration and Transformation (GREAT) è stato effettivamente steso in un documento di 38 pagine.

Ufficialmente “trasferimenti temporanei” e “partenze volontarie”, sono di fatto una deportazione degli oltre 2 milioni abitanti della Striscia a seguito di una guerra che ha raso al suolo il territorio palestinese e sterminato la sua popolazione.

La guerra di Israele alla popolazione palestinese è sempre stata riconosciuta nella sua natura di guerra di insediamento coloniale per la realizzazione di un progetto etno-nazionalista, fondamentalista religioso, con la speficifica caratteristica di essere un solido baluardo capitalista occidentale nei paesi arabi. Cosa significa tutto questo è disvelato dagli espliciti discorsi sionisti, dal pronunciato odio verso la popolazione araba, dalla tecnologia militare e dal coinvolgimento totale della popolazione civile israeliana nella guerra. E ultimo, ma non per importanza, dai piani di ricostruzione del futuro della Striscia – futuro di cui i coloni israeliani si sono appropriati- e tra questi piani spicca appunto il GREAT.

Così Israele si presenta come avanguardia colonialista per eccellenza, con il caratteristico sincretismo di lusso, investimenti immobiliari, turismo, Hi-tech, tutto sotto stretta sorveglianza militare.

Arriviamo al dunque. C’è un filo nemmeno troppo sottile che collega l’industria del turismo di lusso modello israeliano e la Sardegna. Proprio questa estate, mentre a Gaza prosegue il genocidio, viene fatto su un mega yatch a largo della Costa Smeralda un summit con Steve Witkoff, rappresentante diplomatico statunitense, il primo ministro del Qatar e il ministro israeliano Ron Dermer, annunciato come una trattativa per il cessate fuoco a Gaza e conclusosi con un nulla di fatto ma con i tratti di una piacevole villeggiatura.

E’ stata poi annunciata per giugno l’inaugurazione della nuova tratta diretta Olbia-Tel Aviv, rinforzata da controlli speciali su passeggeri e bagagli, che saranno gestiti in collaborazione con le autorità israeliane, ovvero agenti in borghese – con tutta probabilità, ci sentiamo di aggiungere, agenti del Mossad.

La popolazione sarda durante gli ultimi mesi ha manifestato più volte in mille contesti e con mille strumenti differenti la propria solidarietà verso il popolo palestinese. Una solidarietà fatta da piccole azioni spontanee e individuali come l’esibizione di bandiere e striscioni durante le feste popolari e di mobilitazioni più strutturate da parte del mondo dell’associazionismo, dell’antagonismo, delle realtà politiche indipendentiste e della sinistra di classe fino ad arrivare al mondo cattolico. Anche nel caso degli arrivi da Tel Aviv questa solidarietà non è venuta meno e già dal primo arrivo, in data 27 agosto 2025, i turisti sionisti hanno trovato un nutrito comitato di accoglienza a destinazione. Durante il presidio di domenica 31 agosto circa 200 manifestanti sono addirittura riusciti a bloccare per 3 ore il transito dei turisti israeliani verso il loro hotel, ricevendo sostegno e solidarietà dal personale aeroportuale e da tanti altri turisti in transito all’aeroporto di Olbia. Come spesso accade, in funzione dell’arrivo del 4 settembre, probabilmente sotto pressioni del Mossad, la polizia italiana si è dotata delle dovute contromisure schierando l’antisommossa e scortando gli autobus del turismo sionista fino al loro hotel, arrivando addirittura a identificare 5 cittadine (di cui un bambino) che semplicemente passeggiavano in aeroporto perché riconosciute come solidali alla causa palestinese.

La scelta della Sardegna come avamposto di villeggiatura e riposo per civili e militari israeliani non riteniamo sia casuale. Per cominciare, la Costa Smeralda è un baluardo del turismo di lusso, un territorio di fatto inaccessibile alle persone sarde, proibitivo a causa dei costi diretti e indiretti, schiavile nei termini delle condizioni di lavoro con cui nostr3 compaesan3 vengono assunt3 nelle strutture ricettive. Materialmente e moralmente lontano dai nostri desideri su come vivere la nostra terra.

A questo si aggiunge la militarizzazione diretta di così tante aree che qualsiasi destinazione turistica si ritrova confinante con basi Nato o altre strutture militari, dato probabilmente rilevante per chi ne fa una questione di sicurezza in un momento così teso dal punto di vista geopolitico. Togliendo le aree di turismo ad alto impatto e le zone militari, si capisce che a noi resta ben poco.

Un insulto, per noi, essere la destinazione favorita dai coloni israeliani complici del genocidio. Un insegnamento, per loro, su come ri-valorizzare una terra ormai inaridita ma con un grande potenziale di estrattivismo economico. Così si intersecano senza troppi nodi i fili che legano un genocidio, l’economia della guerra, il colonialismo e il turismo. Da grandi condanne derivano grandi responsabilità: fare di tutto per liberare la Palestina è fare di tutto per togliere le basi alle guerre coloniali e ai grandi capitali partendo dai centri economici delle nostre terre occidentali.

La proposta è già in atto ma ha bisogno di qualche chiarimento: l’intento dei presidi e delle azioni di disturbo all’aeroporto non è stato solo quello di esprimere un dissenso, ma quello di portare alla luce dove partono, dove atterrano e che itinerario percorrono i legami dei poteri forti da qui a Gaza.

E’ a proposito di itinerari e ospitanti che ci proponiamo quindi di rendere pubbliche alcune informazioni che abbiamo reperito prima e durante le azioni di disturbo. L’obiettivo sarà quello di rendere la Sardegna un luogo dove i complici del genocidio non siano i benvenuti, e quindi la cancellazione della tratta Tel Aviv-Olbia, il rifiuto da parte delle strutture locali di ospitare e accogliere i responsabili della guerra in Palestina, decostruire il mito dell’industria turistica come possibilità di sviluppo; ma anche trasformare il dissenso e la solidarietà fine a se stessa in mobilitazione contro l’occupazione militare, la fabbrica di bombe RWM di Domusnovas, i rapporti economici fra università e istituzioni con lo stato di Israele, la partecipazione della Brigata Sassari a “missioni di pace” che di fatto sostengono l’occupazione sionista del Libano, il boicottaggio delle merci legate al genocidio. Insomma, lottare per liberare noi stesse e i nostri territori è un contributo attivo e diretto alla libertà del popolo palestinese.

Fondamentale è per questo organizzarsi e sostenere chi di noi persone sarde lavora nel settore della ristorazione o nel settore alberghiero in condizioni contrattuali (o non contrattuali!) pessime, le stesse che non permettono di avere forza sindacale per rifiutarsi di far disossare la nostra terra da chi stermina la popolazione palestinese e dai pesci grossi del turismo. Così come la Sumud Flottilla prende il vento per rompere l’assedio grazie al sostegno di migliaia di persone, ognuna che fa il suo pezzo partendo dal proprio quotidiano e dal proprio luogo di studio o di lavoro, anche la Sardegna ha la responsabilità di aggredire le proprie contraddizioni.

Rinnovando l’invito a prendere contatti e raccogliere informazioni , elenchiamo alcune delle strutture e infrastrutture coinvolte nell’accoglienza di coloni-turisti israeliani

  • Geasar, azienda che gestisce l’aeroporto di Olbia
  • Mangia’s Sardinia Resort, Santa Teresa, Via Antares 1
  • Cantina Surrau, Arzachena, località Chilvagghja
  • Ristorante Pizzeria La Ruota, Arzachena, località Cascioni
  • Phi Beach Club, Baja Sardinia, località Forte Cappellini
  • Boutique del Mar, Palau, località Mannena Spiaggia Bruciata

Questa invece la compagnia che organizza viaggi per i dipendenti del settore della comunicazione hi-tech, Vaad Cellcom:


Alcune di queste strutture, come ad esempio il Mangia’s Sardinia Resort (Aeroviaggi) e il Phi Beach (la cui struttura è proprietà della Regione Sardegna), non rappresentano altro che la forma del colonialismo turistico che noi sarde conosciamo bene e che in questo caso particolare aggravano la loro presenza prepotente sulla nostra terra permettendosi di ospitare coloni di uno stato genocida. Strutture di coloni che ospitano altri coloni e che lucrano da decenni sul nostro territorio in cambio di qualche busta paga da cameriere e lavapiatti. Decostruire il mito dell’industria turistica, smascherarne i ritmi di lavoro disumani, sindacalizzare le lavoratrici, criticarne e combatterne la presenza sul territorio è un obbiettivo urgente che dovremmo porci e quest’ultima gravissima contraddizione ci dà l’occasione di cominciare.

In sostanza, sappiamo che il genocidio inizia anche da qui, da dietro casa nostra, dai porti e aeroporti che visitiamo spesso quando costrette ad emigrare, dai luoghi del lusso della Costa Smeralda, cioè il parco giochi dei coloni per altri coloni, dai poligoni e dalle installazioni militari.
Dunque, cosa possiamo fare noi?
Come anche il BDS suggerisce, le pratiche possono essere tante, diverse e creative.

  • Presidiare e disturbare i luoghi frequentati dai sionisti, affinché sia evidente che il popolo sardo sa cosa succede e di che crimini siano macchiati.
  • Essere presenti agli arrivi da Tel Aviv all’aeroporto di Olbia, sia ai presidi pubblici sia individualmente.
  • Boicottare tutti i locali elencati sopra.
  • Chiedere loro conto della complicità al genocidio: dal vivo, per e-mail, sui social. Intasiamo i loro canali: ospitano e intrattengono criminali di guerra.
  • Fare pressione alle amministrazioni locali e regionali affinché si esprimano e blocchino lo scempio in atto.
  • Diffondere queste informazioni affinché tutte/i possano posizionarsi in merito.
  • Contattarci per segnalazioni a riguardo, locali o strutture coinvolte, aggressioni sioniste ai danni delle lavoratrici in Gallura.
  • Organizzare e partecipare alle mobilitazioni contro la guerra.


La lotta non è semplice, spesso ci sentiamo impotenti di fronte a ciò che accade in Palestina, però sappiamo che non siamo sole: i popoli del mondo intero si stanno schierando con i propri corpi contro il genocidio, in ogni modo possibile. Abbiamo amici dappertutto! I governi sostengono lo sterminio, ma le persone no; sta a noi, con la nostra forza e la consapevolezza di essere dalla parte giusta, riconquistare una vita e una terra di libertà, per noi e per il popolo palestinese. E non solo.



Il silenzio è complicità.
La storia chiederà il conto.

Contra sa gherra
Palestina libera, Sardigna libera

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

ASSEDIO DI GAZAgenocidioidfsardegnaSERVITU MILITARI

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Il grande reggimento cinese dell’esercito globale dei gig-workers

200 milioni di precari tra industria e servizi, ma soprattutto giovani che rifiutano il mito del lavoro

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Brasile: la destra bolsonarista dietro la strage nelle favelas, Lula in difficoltà

Il 28 ottobre scorso circa 140 persone, di cui 4 agenti, sono state uccise e un centinaio sono state arrestate nel corso di un assalto condotto da 2500 membri della Polizia Civile e della Polizia Militare brasiliane

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bolivia: La ex presidente golpista Jeanine Áñez è liberata per ordine del TSJ

Durante il suo governo di fatto, la Áñez ha emanato il decreto supremo 4.078, che esentò dalle responsabilità i militari e i poliziotti che attuarono i massacri di Senkata e Sacaba, nei quali furono assassinate 36 persone.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Youtube ha cancellato silenziosamente oltre 700 video che documentano le violazioni dei diritti umani da parte di Israele

Il gigante della tecnologia ha cancellato i canali YouTube di tre importanti gruppi palestinesi per i diritti umani, una capitolazione alle sanzioni di Trump.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ucraina: logoramento militare sul fronte orientale, esodo di giovani sul fronte interno

La situazione sul campo in Ucraina è sempre più difficile per le truppe di Kiev.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Venezuela: la strategia Trump del “cortile di casa”

Le dichiarazioni di Trump delle ultime settimane sono molte e contraddittorie rispetto alle azioni da intraprendere nei confronti del Sud America in particolare al largo del Venezuela

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Un “pericoloso comunista” sindaco di New York… E vai!

Riprendiamo questo articolo apparso su Il Pungolo Rosso sulla elezione di Mamdani a sindaco di New York. Il contenuto ci pare largamente condivisibile in diversi punti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Sudan. Dopo il Darfur le RSF puntano al Kordofan, proseguono i massacri

Il Sudan continua a precipitare in una spirale di violenza che sembra non avere fine.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

NYC: la vittoria di Mamdani

La vittoria del candidato sindaco democratico Mamdani è stata in prima pagina su tutti i giornali nostrani sia ieri che oggi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Quando fallirà la promessa gialla?

Da Balfour a Trump, dal distintivo giallo alla linea gialla, la stessa storia si ripete in un unico colore, un colore che macchia le mappe e dipinge sia la geografia che la memoria.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cosa c’è dietro il nuovo piano di Israele per dividere Gaza in due

Mentre Trump elogia la “pace”, Israele sta consolidando un nuovo regime di confini fortificati, governo per procura e disperazione orchestrata, con l’espulsione ancora obiettivo finale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Napoli: occupata l’Aula Nugnes del Consiglio Comunale, “Rispettate la mozione contro la collaborazione con Israele”

Nel corso del pomeriggio di venerdì 31 ottobre è stata occupata dalla rete Napoli con la Palestina l’aula Nugnes del consiglio comunale di Napoli.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cosa c’entra la base del Tuscania al CISAM con il genocidio in corso in Sudan?

In Sudan si consuma un massacro che il mondo continua a ignorare.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gaza è Rio de Janeiro. Gaza è il mondo intero

Non ci sono parole sufficienti per descrivere l’orrore che ci provoca il massacro di oltre 130 giovani neri, poveri, uccisi dalla polizia di Rio de Janeiro, con la scusa di combattere il narcotraffico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

I “potenti attacchi” su Gaza ordinati da Netanyahu hanno ucciso 100 palestinesi

I palestinesi uccisi ieri dai raid aerei israeliani sono un centinaio, tra cui 24 bambini, decine i feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Monza: martedì 4 novembre corteo “contro la guerra e chi la produce”

Martedì 4 novembre a Monza la Rete Lotte Sociali Monza e Brianza e i Collettivi studenteschi di Monza hanno organizzato un corteo “Contro la guerra e chi la produce “.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cosa c’entra Leonardo con il genocidio a Gaza?

Gianni Alioti, ricercatore di The Weapon Watch – Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei, ha scritto per Pressenza un approfondimento, con notizie inedite, sulle responsabilità di Leonardo nel genocidio a Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: continuano gli attacchi israeliani nonostante la tregua del novembre 2024. Due persone uccise

Ancora bombardamenti israeliani nel sud del Libano, nonostante l’accordo di tregua concordato nel novembre 2024.