“Riprendiamoci il futuro: lotte territoriali ai tempi del Covid-19”: assemblea 13/06 Presidio di Venaus
Abbiamo guardato dalla Valsusa a quanto successo negli ultimi due anni con grande preoccupazione ed allo stesso tempo grande voglia di continuare a lottare. La pandemia globale ci ha mostrato ancora una volta l’inadeguatezza del sistema di sviluppo in cui viviamo nel tutelare la vita, la dignità e la natura. Non riusciamo (e non vogliamo) dimenticare le immagini delle file di camion cariche di vittime dell’epidemia di Bergamo, quelle delle terapie intensive piene, quelle dei più deboli e fragili costretti ad affrontare la malattia spesso da soli e senza mezzi.
Una gestione della pandemia, quella degli ultimi due anni, che non esitiamo a definire criminale: mentre il bollettino giornaliero segnava migliaia di nuove morti e contagi, a comandare le scelte della politica erano le indicazioni economiche di Confindustria, delle lobbies della grande impresa e della speculazione.
La verità è che da questa pandemia chi governa ed amministra il nostro paese non ha imparato nulla, o non ha voluto farlo.
La prova l’abbiamo vista con i nostri occhi in Val Susa dove, sotto il nome della transizione ecologica, in pieno lockdown abbiamo assistito a ben tre blitz militari in piena regola per allargare il cantiere in Clarea ed installare il nuovo fortino di San Didero. Milioni di euro dei contribuenti spesi per degli spot pubblicitari di una grande opera la cui inutilità, antieconomicità e il cui impatto ambientale devastante, ormai sono ratificati persino dalla Corte dei Conti Europea. Mentre la sanità pubblica subiva le pressioni della pandemia, mentre la scuola e l’università erano costrette ad andare in DAD per la mancanza di mezzi e strutture, mentre milioni di lavoratori erano sottoposti al ricatto tra salute e lavoro ed altre centinaia di migliaia perdevano la propria occupazione, la priorità dei governi era devastare ed inquinare, occupando militarmente un territorio. Nonostante sia ormai provata la relazione tra inquinamento e diffusione della pandemia, nessun ripensamento ha toccato minimamente le sfere governative disposte a rilasciare 10 milioni di tonnellate di CO2 nell’aria per la costruzione di un’opera inutile (che probabilmente non verranno recuperate mai), a smuovere terreni ricchi di pcb e diossine, a rendere asfissiante l’aria della Val Susa con il previsto e continuo spostamento dei camion dello smarino.
In questi due lunghi anni abbiamo, però, visto la resistenza di molti e molte che hanno compreso che non è più possibile vivere (e morire) secondo la legge del profitto. Abbiamo visto gli scioperi selvaggi degli operai posti di fronte al ricatto della salute, abbiamo visto la ribellione di riders e facchini, lavoratori essenziali, ma solo quando conviene, abbiamo parlato con i lavoratori e le lavoratrici della sanità che si schierano contro l’aziendalizzazione e la privatizzazione della sanità, che ha contribuito a rendere l’impatto della pandemia ancora più devastante. Abbiamo incontrato migliaia di giovani da tutta Italia che hanno compreso il legame che esiste tra le grandi opere inutili e devastanti ed il cambiamento climatico. Ci hanno accompagnati, supportati, hanno riempito il movimento di nuova linfa, nuove idee, nuova forza. Abbiamo visto nuove resistenze ambientali e territoriali nascere, altre rinvigorirsi e abbiamo sperimentato insieme a molti altri in Italia esperienze di mutuo soccorso dal basso, di comunità in lotta per far fronte ad i momenti più duri della pandemia. Da Nord a Sud nonostante il momento di grande difficoltà si sono attivate energie nuove, si sono aperti percorsi, pensati itinerari per farla finita con questo modello di sviluppo assassino.
Oggi nuove sfide ci attendono, la crisi pandemica si sta ormai trasformando da tempo in crisi sociale ed i governi paiono più interessati a tornare a riempire le tasche delle lobbies del cemento e del tondino, degli imprenditori falliti di questo paese, piuttosto che pensare ad i bisogni dei più fragili, di lavoratori e lavoratrici, di chi è stato in prima linea in questa fase di pandemia, di chi si è trovato a vivere in solitudine questi lunghi due anni. La famigerata transizione ecologica di cui il governo Draghi si sta riempiendo la bocca non è altro che una sverniciata di verde sui soliti processi di devastazione ambientale, estrattivismo e sfruttamento, puro soluzionismo tecnologico, imposto manu militari che non farà che provocare un ulteriore approfondimento della catastrofe ambientale. Il 30 giugno probabilmente assisteremo allo sblocco dei licenziamenti tanto voluto da Confindustria che lascerà a casa altre centinaia di migliaia di persone. Nulla è stato fatto per potenziare la sanità territoriale, anello debole della risposta al virus ed in nessun modo è stata messa in discussione la progressiva privatizzazione degli istituti dedicati alla cura ed alla salute.
Ancora una volta solo la lotta dal basso può costruire un mondo diverso in cui non sia messa in pericolo la nostra sopravvivenza, in cui si estingua lo sfruttamento dell’uomo sulla natura e dell’uomo sull’uomo.
Per iniziare a pensare insieme, a confrontarci sugli itinerari per affrontare queste sfide, per poterci finalmente incontrare e discutere le esperienze di questa pandemia abbiamo deciso di lanciare questa assemblea popolare, il 13 giugno alle ore 10,00 al presidio di Venaus aperta ai movimenti, ai comitati, ai collettivi e a chiunque si ponga le nostre stesse domande su un futuro diverso necessario, su un futuro diverso possibile.
Da notav.info
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