San Didero: filo spinato lungo la ferrovia
Chiunque abbia almeno una volta buttato l’occhio fuori dal finestrino di un treno avrà notato le recinzioni in cemento che spesso accompagnano la linea: di colore chiaro, prefabbricate in calcestruzzo, sono quasi parte del paesaggio ferroviario.
Negli anni le ferrovie hanno anche adottato altre soluzioni per mettere in sicurezza molti tratti di tracciato che frequentemente risultava senza alcuna protezione e pericoloso: da griglie metalliche a barriere fonoassorbenti per limitare il rumore, ad esempio. Ma mai, a nostra conoscenza, è stato proposto di recintare i binari con barriere antintrusione che normalmente, in Valsusa, vengono utilizzate per difendere porzioni di territorio sottratte illegalmente e con la forza e realizzate con “new jersey” e pannelli grigliati tipo “Betafence” alti 3 metri e sormontati da filo spinato militare. E si badi bene, non il filo spinato tradizionale, ma concertina fatta da lame metalliche capaci di lacerare le carni.
Rfi ha recentemente comunicato di voler utilizzare questa “soluzione” qui, nella nostra valle, lungo un tratto della linea ferroviaria che da Torino porta verso la Francia in corrispondenza al nuovo fortino di San Didero e posto proprio dietro il nuovo presidio No Tav che, in seguito allo sgombero, è sorto di fronte a quel cantiere illegittimo.
È una vicenda che la dice lunga sulla modalità arrogante e coloniale che caratterizza la gestione della questione Tav in Vasusa, e merita di essere raccontata nel dettaglio.
Lo scorso aprile, con un imponente schieramento militare, è stata occupata a San Didero una porzione di territorio che dovrebbe servire per costruire un nuovo autoporto, vale a dire un parcheggio per camion, legato alla realizzazione del Tav. L’area è stata recintata ed è attualmente presidiata da un ingente spiegamento di forze dell’ordine, al momento però non è ancora stata neppure affidata la gara d’appalto per i lavori e neanche quelle per la direzione lavori e il monitoraggio ambientale.
Questo “cantiere” costeggia la statale 24; oltre la strada c’è un parcheggio e a fianco un presidio del movimento No Tav. Al fondo del parcheggio corre la linea ferroviaria.
Un paio di settimane fa il Prefetto, il Questore e RFI accompagnati anche dalla Protezione Civile di Torino, hanno convocato il comune di San Didero per parlare di lavori di messa in sicurezza della tratta ferroviaria. Argomento, questo, davvero importante e prioritario per l’amministrazione valsusina che ha subito domandato quale tipo di barriere avrebbero voluto posizionare, senza però ottenere alcuna risposta.
Risposta che, naturalmente, è arrivata in maniera solerte pochi giorni dopo da parte di RFI che ha spedito al Comune una lettera in cui veniva presentata la soluzione progettuale per le recinzioni: barriere metalliche e filo spinato militare!
È necessario sottolineare come queste non siano in alcun modo funzionali a proteggere il cantiere, dovrebbero servire a evitare l’accesso sul sedime ferroviario, come tutte le barriere che costeggiano le linee ferroviarie. Ma allora perché realizzarle in questa discutibile modalità? Quella linea è utilizzata quotidianamente da chi si reca a lavoro, da chi sale verso l’alta valle o scende verso Torino per andare a scuola, dai turisti che salgono in montagna, da chi si sposta fra Francia e Italia. Che percezione può avere il viaggiatore che affacciandosi dal finestrino vede le montagne attraverso il filo spinato e la concertina militare?
L’inutilità di questa scelta mostra in maniera ancora più vistosa l’impostazione che si vuole dare alla questione Tav in Val Susa: scelte muscolari, una mentalità da colonialista che non ha alcun interesse a dialogare ma solo a imporre, un atteggiamento da bullo.
C’è poi anche un altro aspetto, infine, da considerare: il progetto della nuova linea Torino-Lione prevede diversi cantieri a Susa, Bussoleno, Caprie e Salbertrand larghi centinaia di migliaia di metri quadrati. Davvero intendono procedere in questo modo? Con prove di forza e rotoli di filo spinato? Per vent’anni?
Sono domande che non avranno mai risposta, come non avrà mai risposta la questione su chi ha deciso di prendere possesso dei terreni di San Didero quando ancora non erano neanche stati affidati i lavori, e quanto questa decisione sia costata alle casse pubbliche e alla collettività.
In ogni caso, a prescindere dalle domande senza risposta, chi pensa di affrontare le questioni in questa Valle con imposizioni e arroganza, troverà come al solito pane per i suoi denti.
C’eravamo ci siamo e ci saremo!
Movimento No Tav
Da notav.info
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