26 anni di Askatasuna: “In lotta nel presente, lo sguardo sul futuro”
Sono passati 26 anni: turbolenti, eccezionali, difficili, ma sempre ribelli.
Siamo ancora qui, nell’ ex asilo degli gnomi, nella casa rossa, al 47 di Corso Regina Margherita.
In questi ventisei anni molto è cambiato: il nostro quartiere, la nostra città, il mondo che abbiamo intorno. Nuove sfide, nuovi problemi, nuovi sogni sono venuti alla luce in questo quarto di secolo, a cavallo tra due secoli. Quello che abbiamo visto è un sistema sociale inesorabilmente in crisi in cui la violenza dello sfruttamento, della devastazione, del dominio si è approfondita di anno in anno. Tra crisi economiche, sociali e climatiche viviamo nella cancrena di un modello di sviluppo che mette al centro il profitto, invece che l’umano ed i suoi bisogni. La difesa cieca dei privilegi di pochi, contro la vita di molti.
In questi ventisei anni non siamo mai rimasti a guardare, abbiamo intrapreso la strada ostinata e contraria di immaginare e praticare un altro mondo possibile a partire dal quartiere in cui ci troviamo, dalla nostra città, ma con uno sguardo globale. Potremmo scorrere l’album di famiglia di un’esperienza come tante nel nostro paese, ma allo stesso tempo unica nel suo genere, potremmo celebrare le giornate formidabili o i momenti di una quotidianità entusiasmante di un percorso di lotta collettiva che vede insieme ancora oggi gente che ventisei anni fa era presente quando nacque questa esperienza e gente che nel 1996 non era nemmeno ancora nata. Ma non ci interessa fare qualche buffa “operazione nostalgia” e nemmeno elogiare la nostra storia collettiva come qualcosa di straordinario.
La verità è che stiamo affrontando tempi difficili, fatti di guerra, di impoverimento di massa, di disgregazione sociale e paura. La verità è che non ci bastiamo, che non è sufficiente quel che siamo oggi per le sfide che abbiamo di fronte. Nessuna nostalgia, ma nessuna autoassoluzione. In questo mondo complesso non basta essere un frammento inconciliabile, non vogliamo cadere nella sindrome della “riserva indiana”. Abbiamo bisogno di tutta la forza, l’intelligenza collettiva, l’immaginazione di chi si trova scomodo in questo mondo che ci è stato consegnato. Abbiamo bisogno di sognare insieme a tutti e tutte voi e metterci in movimento, di questo si tratta, per rendere questi sogni concreti.
Di che materia sono fatti i nostri sogni?
Oggi affrontiamo un attacco senza precedenti da parte di quelle istituzioni che sfruttano e devastano, che non sono in grado di garantire una vita dignitosa a strati sempre più larghi della società, e dunque agiscono per impedire qualsiasi spiraglio di dissenso, qualsiasi tentativo di organizzarsi per risolvere dal basso i danni che hanno provocato. Oggi 16 compagni e compagne rischiano condanne pesantissime, con l’accusa di associazione a delinquere per aver scelto di non adeguarsi al degrado politico e culturale in cui versa il nostro paese. Ma questo attacco non riguarda solo noi, abbiamo visto nell’immediato di che pasta è fatto il nuovo governo con i suoi decreti volti a ridurre gli spazi di dissenso, di protesta, di espressione. E’ un attacco a tutto campo nei confronti di chiunque si ribella, ma anche di chiunque è escluso dai confini delle ZTL e deve sudare, sanguinare, ammalarsi per poter sopravvivere.
La nostra stessa esistenza come esperienza collettiva non è la causa, ma un sintomo, delle lotte di una città che negli ultimi trentanni è diventata sempre più disuguale, inospitale per i poveri ed i “diversi”, è andata impoverendosi dal punto di vista materiale e culturale. Questa condizione non si può nascondere sotto il tappeto, non si può negare perchè è un fatto di realtà che vive nella carne, nella storia di centinaia di migliaia di persone.
Questo attacco che stiamo affrontando è la misura di una società ormai incapace di guardarsi nello specchio, perchè se lo facesse dovrebbe confrontarsi con l’abisso di sofferenze che accetta di tollerare.
Se qualcosa ci hanno insegnato questi ventisei anni è che partendo dal quotidiano, fino ad arrivare ad i massimi sistemi, solo noi, dal basso, insieme, possiamo prenderci carico dei nostri destini, perchè nessuno lo farà al posto nostro. La lotta ha un costo, ma la lotta paga. Dunque nessuna nostalgia, siamo qui per camminare insieme in mezzo alle avversità, con determinazione, curiosità e voglia di esplorare l’idea di un altro futuro possibile, più degno e più giusto e vogliamo condividere il nostro viaggio con tutti e tutte voi.
Que Viva Askatasuna!
Que Viva la Torino Ribelle!
Qui l’evento facebook.
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