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ATHLETIC BILBAO: Chi ha ucciso Pitu?

A due anni di distanza, la famiglia e gli amici di Inigo, attendono ancora molte risposte alle tante domande che pongono alle autorità di polizia e governative. Chi ha sparato a Inigo? Perché un tale dispiegamento di forze di polizia se la prima pattuglia comunicò telefonicamente che nella piazzetta non vi era alcun disordine? Perché sparare a persone disarmate ed in una situazione tranquilla?

Le domande sono ancora molte, le risposte attese non ci sono. E la reazione in questi due anni da parte dei dirigenti responsabili della Ertzaintza e dell’Interno, ha tristi analogie con ben noti casi italiani.

Anzitutto è opportuno dire che oggi non vi è ancora un colpevole. Gli uomini dell’Ertzaintza agiscono coi volti coperti da passamontagna e caschi e non sono pertanto riconoscibili. Nessuno quindi sa chi e perché abbia sparato ad altezza d’uomo ad Inigo, nessuno si è fatto avanti. Nessuno sta rispondendo dell’insensato ordine di carica e nessuno ha offerto valide spiegazioni su quell’indiscriminato uso della forza.

Apparve infatti fin dal primo istante autoassolutoria la posizione della polizia che parlava di uno “svenimento” e non di un proiettile in testa. Poi, all’evidenza dei fatti e tutt’oggi, ha sempre liquidato l’accaduto come un “incidente”, posizione peraltro spalleggiata dal Consigliere agli affari interni basco e dal Ministero degli interni. Da un lato solidarietà alla famiglia e dichiarazioni di intento votate all’impegno per scoprire la verità, dall’altro reciproche coperture, omertà e mancate assunzioni di responsabilità.

C’è un’altra questione: quella della pallottola di gomma che ha ucciso Inigo. I protocolli impongono che queste pallottole, che raggiungono una velocità di 720km/h, non debbano essere sparate a una distanza inferiore ai 50 metri e che con queste armi si debba mirare in basso, perché indirizzate agli organi vitali “possono essere letali”, come appurato dalla Commissione Europea nel 1982 e dal Parlamento Europeo successivamente. Quel proiettile invece, venne sparato ad altezza d’uomo a una distanza di 30metri. Ma la responsabilità non è solo individuale ma anche politica, visto che le pallottole di gomma, teoricamente atte a disperdere le folle e ad evitare il corpo a corpo, avevano già ucciso e ferito diverse altre volte, e il rispetto dei protocolli si è spesso dimostrato difficile.

Non basta. Perché, sempre in un rincorrersi di drammatiche analogie con certi drammi “nostrani”, la famiglia Cabacas Liceranzu ha dovuto subire delle pesanti umiliazioni. Come quella della promozione a nuovo comandante dell’Ertzaintza di Jorge Aldekoa, che quel drammatico 5 aprile 2012 aveva il comando operativo del corpo di polizia di Bilbao. O come quella di vedersi negare la Commissione Parlamentare di inchiesta sui fatti del 5 aprile, dapprima promessa da tutti i gruppi politici e poi negata da tutti ad eccezione degli indipendentisti di sinistra di EH Bildu.

In questo clima difficile, i genitori e gli amici di Pitu non si sono arresi. Anzi, hanno messo in campo molteplici iniziative: hanno creato il gruppo “Inigo Gogoan” (Ricordo per Inigo) per la memoria di Inigo e per chiedere instancabilmente verità e giustizia; hanno contribuito a realizzare il documentario-inchiesta “Cronaca di una ferita aperta” con la partecipazione anche di testimoni, giornalisti e dei calciatori dell’Athletic, Gurpegui e Iraola; hanno raccolto 20mila firme per chiedere la sospensione della promozione di Aldekoa ed intervengono sulla stampa e i media per sollecitare le autorità.

La marcia per la giustizia appare ancora lunga, ma la determinazione a chi voleva bene a Inigo, non manca di certo.

da PoPoff

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