Evadere o non evadere (dal carcere)… questo è il problema!
Ecco la notizia, è su La Repubblica di oggi, 10 giugno 2014
“Giustizia: negli ultimi sette anni il numero delle evasioni di detenuti è quasi raddoppiato”
Si va dai 50 evasi del 2007 ai 93 del 2013, fino ai 38 dei primi cinque mesi del 2014, con un picco nel 2012 – 113 casi – che da solo fa il venticinque per cento.
“Questo a fronte di un aumento della popolazione carceraria di più del ventotto per cento” spiegano dal Nic, Nucleo investigativo centrale al cui interno, dal 2009, agisce la Sezione Catturandi con il compito di riprendere gli evasi più pericolosi. Numeri comunque bassissimi, se si pensa che i detenuti sono oltre 64 mila, migliaia dei quali ammessi a forme di detenzione alternative come la semilibertà.
“L’evasione più frequente è quella dal permesso premio, seguita dall’evasione dalla semilibertà. Più rara è la fuga durante il trasporto (il 3 febbraio ne ha dato un saggio esemplare l’ergastolano Domenico Cutrì). Quella dal carcere, che chiamiamo “rocambolesca”, è la più difficile e la più rischiosa. Chi evade in questo modo in genere è furbo, coraggioso, atletico ed è l’evaso più difficile da riprendere”. Dei circa cinquanta ricercati dalla Catturandi, 25 sono stati riassicurati alla giustizia. […]
L’articolo lo fermiamo qui, chi lo vuol leggere per intero lo può fare a questo link:
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Quando penso al carcere e all’evasione, penso anche al suicidio. Evasione e suicidio sono le uniche due uscite dal carcere senza dover chiedere permesso a nessuno, senza dover compilare l’eterna domandina!
Le cifre, crude come sempre, ci dicono che in carcere il rapporto tra le due uscite senza permesso è inversamente proporzionale: se aumentano i suicidi, diminuiscono le evasioni, se aumentano le evasioni, diminuiscono i suicidi.
Difatti nei due decenni del grande internamento liberista (dalla prima metà degli anni Novanta ad oggi, le presenze in carcere sono passate da 33.000 a 68.000 alla fine del 2013), dovuto alle politiche di privatizzazione, delocalizzazione e precarizzazione che hanno espulso dal lavoro e quindi dal salario quote importanti di proletari, sbattuti poi in galera in quanto costretti a reperire reddito per via extralegale. Una vera deportazione di massa, dalle periferie alle galere di stato.
Da quegli anni Novanta le evasioni hanno cominciato a diminuire e i suicidi in carcere a crescere arrivando al massimo di 72 suicidi nel 2009, anno che ha contato anche il numero minimo di evasioni, meno di 50.
Dalle centinaia degli anni Settanta e primi ottanta a qualche decina. E purtroppo questi pochi vengono presto arrestati di nuovo.
Quale il motivo di questa diminuzione di evasioni? Le mura più alte? I sistemi di allarme più sofisticati? L’aumento delle guardie? Macché! Niente di tutto questo, anzi il sovraffollamento di questi anni dovrebbe favorire l’organizzazione di evasioni.
Il problema è un altro. Sta tutto nella mancanza di solidarietà esterna verso chi abita le galere. Così come per organizzare le rivolte, anche per portare a termine un’evasione è necessario l’aiuto esterno. Per l’evasione è ancor più decisivo in quanto se riesci a mettere i piedi fuori serve immediatamente un’accoglienza in una casa, altrimenti ti riprendono. Una casa disposta a ospitarti tutto il tempo necessario.
L’articolo ci dice che da qualche tempo le evasioni sono in aumento!
È una buona notizia!
Vedete? Qui si sfata un’altra diceria!
Negli anni Settanta si evadeva molto, si è arrivati a punte di 600 e anche 700 l’anno. Eppure quegli anni vengono definiti dai media: “anni di piombo”. E dunque anche per l’argomento “evasioni” quella definizione si dimostra senza senso.
Il piombo è pesante. Invece perché un’evasione riesca ci vuole leggerezza. Tanta leggerezza. Vedete quanta stupidità nelle definizioni mediatiche?
Buona evasione a tutte e tutti!
…da quanti posti e legami vorremmo evadere?
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