La sera del 9 marzo del 1973 Franca Rame – attivista politica della sinistra radicale e femminista, oltre che attrice – viene rapita da una banda di esponenti dell’estrema destra. Venne affiancata da un furgone con 5 uomini a bordo, e costretta a salire. La violentarono a turno, gridandole “Muoviti puttana, devi farmi godere”, spegnendole le sigarette sui seni e tagliandole la pelle con delle lamette. Subì violenza fisica e sessuale, ma il reato cadde in prescrizione 25 anni dopo. Ebbene, “rovistando” tra gli articoli dell’epoca se ne trova uno molto interessante, del 1998, pubblicato sul quotidiano la Repubblica. Nel pezzo si rivela come furono alcuni ufficiali dell’arma dei Carabinieri a ordinare lo stupro di Franca Rame.
A rivelarlo furono, nel 1988, l’ex neofascista Angelo Izzo e l’altro esponente di spicco della destra eversiva milanese Biagio Pitarresi. La testimonianza è agli atti, venne confermata al giudice istruttore Guido Salvini ed occupa 2 delle 450 pagine della sentenza. “Pitarresi – si legge – ha fatto il nome dei camerati stupratori: Angelo Angeli e, con lui, ‘un certo Muller’ e ‘un certo Patrizio’. Neofascisti coinvolti in traffici d’ armi, doppiogiochisti che agivano come agenti provocatori negli ambienti di sinistra e informavano i carabinieri, balordi in contatto con la mala. Fu proprio in quella terra di nessuno dove negli Anni 70 s’ incontravano apparati dello Stato e terroristi che nacque la decisione di colpire la compagna di Dario Fo. Ha detto Pitarresi: ‘L’ azione contro Franca Rame fu ispirata da alcuni carabinieri della Divisione Pastrengo. Angeli ed io eravamo da tempo in contatto col comando dell’ Arma’.
L’affermazione di Pitarresi venne confermata dal giudice Salvini, che commentò: ”Il probabile coinvolgimento come suggeritori di alcuni ufficiali della divisione Pastrengo non deve stupire… il comando della Pastrengo era stato pesantemente coinvolto, negli Anni 70, in attività di collusione con strutture eversive e di depistaggio delle indagini in corso, quali la copertura di traffici d’armi, la soppressione di fonti informative che avrebbero potuto portare a scoprire le responsabilità nelle stragi dei neofascisti Freda e Ventura”.
All’epoca Izzo era in carcere per l’omicidio del Circeo e i suoi racconti sul coinvolgimento dei carabinieri non venne considerato sufficientemente attendibile. Poi, durante le indagini sulla strage della stazione di Bologna gli inquirenti si imbatterono in un appunto dell’ ex dirigente dei Servizi Gianadelio Maletti: riferiva di una violenta discussione tra due generali Giovanni Battista Palumbo (un iscritto alla loggia P2 che poi sarebbe andato a comandare proprio la “Pastrengo”) e Vito Miceli (futuro capo del servizio segreto). Palumbo, durante l’alterco, aveva rinfacciato a Miceli “l’azione contro Franca Rame”. Insomma, l’ordine di violentare Franca Rame sarebbe arrivato da molto in alto.
A confermarlo, in un’intervista a La Nostra Storia del 13 febbraio 1998, fu l’ex generale dei carabinieri Nicolò Bozzo, che disse che in occasione del sequestro e stupro di Franca Rame ci fu “una volontà molto superiore” a quella del generale Palumbo. Bozzo concluse: ”A parte le sue convinzioni politiche io ricordo che Palumbo riceveva spesso telefonate dal ministero, dal ministro. So che parlava con il ministro della Difesa e degli Interni. E’ norma – proseguì l’ufficiale nel suo intervento – che un ministro della Difesa chiami un comandante di divisione. Ma secondo me un crimine del genere non nasce a livello locale. E’ vero che alla notizia dello stupro ci furono manifestazioni di contentezza nella caserma”.