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I marò tornano in India

La decisione è stata annunciata ieri dopo settimane di tira e molla da parte del governo italiano, ingegnatosi in ogni modo per trattenere a casa ‘i propri ragazzi’.

I due marò sotto processo erano infatti rientrati in Italia con un permesso di un mese per partecipare alle elezioni ma il ministro degli esteri, Giulio Terzi, pochi giorni fa aveva annunciato con una nota che i due sarebbero rimasti, di fatto garantendogli la protezione per la latitanza dall’accusa di omicidio.

L’annuncio aveva prevedibilmente scatenato le ire dell’India, non solo a livello diplomatico ma anche con proteste nelle strade contro la decisione del governo italiano. L’ambasciatore indiano aveva minacciato di far arrestare il suo collega italiano che aveva fatto da garante nonché conseguenze economiche per l’Italia.

Il braccio di ferro si è quindi concluso ieri quando Monti ha incontrato il ministro della difesa, il sottosegretario agli esteri e i due marò e ha infine fatto sapere che i due sarebbero stati rispediti in India e così è stato: a poche ore dalla scadenza del permesso di permanenza in Italia Latorre e Girone sono stai imbarcati su un aereo questa notte.

Il governo ha giustificato il suo repentino cambio di rotta sulla vicenda affermando che la decisione è arrivata solo dopo aver ricevuto garanzia che i due assassini ‘non rischieranno la pena di morte’ e che ‘verranno tutelati i loro diritti fondamentali’…a questo proposito vale forse la pena di ricordare che dopo l’omicidio e fino a questo momento i due marò non sono mai stati condotti nemmeno per un giorno in carcere ma hanno trascorso comodamente il loro soggiorno in India in una guest house con tanto di aria condizionata e pasti serviti.

Ma al di là delle improbabili giustificazioni del governo – evidentemente mortificato e sbeffeggiato dalla gestione complessiva di questa vicenda – sembra che le inascoltabili retoriche scioviniste e razziste propagandate per settimane per giustificare il rientro in Italia dei marò si siano arrestate solo di fronte alla minaccia degli interessi commerciali italiani con l’India e quando la questione non rischiava più di finire nel calderone della campagna elettorale.

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