[Riceviamo e pubblichiamo. Roger Bromley, professore emerito della Nottingham University, che già aveva scritto per noi il meraviglioso Back home. Time, Memory and Football, ci ha inviato questo articolo sulla storia del Nottingham Forest FC e sui suoi legami con la figura di Giuseppe Garibaldi]
di Roger Bromley
Ho vissuto a Nottingham per circa venti anni e durante questo periodo ho tifato Nottingham Forest. A volte, dopo prestazioni scarse della squadra, mi capitava di sentire i tifosi lasciare il campo borbottando «they’re not fit to wear the Garibaldi» [«non sono adatti a indossare la Garibaldi», NdT]. Questa frase ha continuato a intrigarmi per anni e, di recente, ho iniziato a cercare le origini della locuzione “the Garibaldi”. Che le maglie della squadra siano rosse costituisce un ovvio collegamento, ma mi chiedevo se fosse qualcosa di più che una semplice coincidenza. Le mie ricerche mi hanno portato indietro al 1865, anno in cui è stato fondato il Forest Football Club.
Una notizia del 1905 riporta «The Forest Club owed its existence to a number of active young fellows, many of whom are now well-known in the public life of Nottingham, who were accustomed to play the old-fashioned game of bandy on the Forest Recreation Ground» [«Il Forest deve la sua esistenza a una compagnia di giovani attivi, molti dei quali ora sono molto noti nella vita pubblica di Nottingham, che erano soliti praticare l’antico gioco del bandy sul Forest Recreation Ground», NdT]. Il “Bandy” detto anche “Shinney” o “Shinty” è un gioco di origini gaeliche con alcune somiglianze con l’hockey, le cui origini sono precedenti al cristianesimo. In Inghilterra era giocato in particolare da esuli scozzesi migrati al sud per lavoro o affari.
Quanti dei 15 membri fondatori fossero scozzesi non è certo anche se, con tre sole possibili eccezioni, i nomi non lasciano dubbi sulle loro origini. Si incontrarono al Clinton Arms Hotel (oggi The Orange Tree), all’angolo di Shakespeare Street diagonalmente opposto all’edificio dove D.H. Lawrence avrebbe studiato botanica nel primi anni venti del ventesimo secolo e dove, nel giugno del 1930, Albert Einstein avrebbe presentato le sue teorie sulla relatività nel Dipartimento di Fisica dell’allora University College di Notthingham.
Cosa abbia portato quel gruppo di giovani a mettere su una squadra di football è difficile da dire, forse la fondazione nel 1862 del Notts County e la presenza in quel club di Richard Daft, fratello di uno dei fondatori del Forest. Senza sorpresa la squadra giocò la sua prima partita contro il Notts County, nel marzo del 1866.
Il club fu chiamato “Forest” perché la squadra giocava all’ippodromo nel Forest Recreation Ground (un tempo parte della Foresta di Sherwood, casa di quell’altro ribelle leggendario chiamato Robin Hood), non lontano da Clinton Arms. Il comitato fondatore aveva stabilito una risoluzione secondo la quale i colori della squadra dovessero ispirarsi al “rosso garibaldi”, tributo al comandante italiano Giuseppe Garibaldi i cui soldati indossavano camice rosse. Non si tratta dunque soltanto di un collegamento casuale, ma un esplicita decisione formale e un omaggio.
Garibaldi aveva visitato l’Inghilterra nell’aprile del 1864 ed era stato salutato da grandi folle ovunque si fosse recato. A Londra fu accolto anche da un corteo di associazioni di “Benefit, Temperance, Friendly and Trade” (associazionismo massonico tipico del mondo anglosassone nel XVIII sec., NdR) e azzarderei che la composizione dei membri fondatori del Forest Football Club sia stata simile: negozianti, piccoli imprenditori e membri della “aristocrazia del lavoro” o, al più, figli delle famiglie borghesi della citta. Non diversi, forse, dagli uomini di una generazione più anziana che formarono nel 1849 il Proprietary Bowling Green Club, circa un paio di centinaia di metri su per la strada da Clinton Arms (club di cui sono membro).
Più tardi designarono sé stessi come “gentiluomini dilettanti”, quando decisero di non entrare a far parte della Football League fondata nel 1888, che essi vedevano legata al professionismo (il club invero vi aderì nel 1891). Questa auto-definizione suggerisce l’appartenenza alla classe media. Garibaldi stesso aderiva alla massoneria e forse anche alcuni di questi uomini, o i loro padri. Non erano necessariamente radicali, ma è probabile che la camicia di Garibaldi fosse percepita allora come lo sarebbe stata la t-shirt di Che Guevera un centinaio di anni dopo o più, comunemente accettata senza problemi.
Tuttavia Feargus O’Connor, leader Cartista (un movimento politico inglese prevalentemente working class, il cui nome derivava dalla People’s Charter, la “Carta del Popolo”, NdT), era stato membro del Parlamento per la circoscrizione di Nottingham dal 1847 al 1852, il che suggerisce una forte presenza liberale e simpatie cartiste nel collegio elettorale (al tempo la working class non aveva diritto di voto). La sua statua oggi è situata a circa 300 metri da Clinton Arms.
Ispirato dall’immagine romantica dell’“eroe combattente” dell’Unificazione italiana, questa “compagnia di giovani attivi” (ognuno dei quali partecipava alle spese con un contributo mensile) ordinò una dozzina di divise con nappa di flanella rossa, da cui “Reds”, il coro che ancora echeggia sul campo durante le partite. Venti anni dopo due dei giocatori si trasferirono a Woolwich, e il club inviò loro un pallone e un set di uniformi rosse perché avevano fondato la squadra di lavoratori che un giorno sarebbe divenuta l’Arsenal, ancora oggi in campo con gli stessi colori del Forest. Non solo pioniere delle uniformi rosse, il Forest è accreditato anche per avere introdotto nel gioco i parastinchi (originariamente ricavati tagliando gambali da cricket) e il fischietto dell’arbitro (che aveva rimpiazzato una bandiera bianca).
Raccolta di cori dei tifosi del Nottingham FC
Quello che aveva avuto origine come sport della classe media evolse in passione della working class e, anche se forse non molti membri del club oggi dipingerebbero sé stessi come “garibaldini”, tra i tifosi è ancora prevalente la presenza della classe lavoratrice in una città considerata roccaforte del Labour Party. Il precedente proprietario della squadra era un finanziatore del partito e il suo leggendario allenatore Brian Clough era un socialista che aveva attivamente supportato (e finanziato) i minatori locali nello sciopero del 1984/85.
Oggi, sotto la proprietà del miliardario kuwaitiano (Fawaz Mubarak Al-Hasawi, NdR), la “Garibaldi” continua a esistere solo come brand del marketing – nelle forme della Garibaldi Room (una sala conferenze) o della “Garibaldi Golden Goal Gamble”, una sfida a premi per i tifosi allo stadio che da poco si tiene alla fine del primo tempo delle partite casalinghe.
Nondimeno alcuni blog mantengono accesa la fiamma di Garibaldi e la primissima presenza su web si deve al sito “The Unofficial Nottingham Forest Football Club Home Page”, creata da due tecnici informatici della Nottingham University che hanno scelto il nome di “Garibaldi Reds”.
Retrocesso dalla Premier League alla fine del secolo scorso, oggi il Forest gioca in Championship (seconda serie inglese, NdT), ma i tifosi più anziani ancora serbano i ricordi dell’“era di Clough” e delle due Coppe dei Campioni consecutive vinte nel 1979 e nel 1980. Se la fortuna dovesse cambiare e il club tornare alla Champions’ o all’Europa League, gli spettatori italiani potranno alzare un bicchiere alla vista della “Garibaldi” tornata al suo posto e parte anche della loro storia.
[Traduzione Christo xho Presutti, l’originale in inglese segue in basso]
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Roger Bromley è esperto di Cultural Studies, professore emerito in studi sociali alla Nottingham University (Emeritus Professor of Cultural Studies e Honorary Professor of Sociology), Visiting Professor della University of Lancaster, Associate Fellow alla Rhodes University, SA.
Durante la sua lunga carriera accademica ha effettuato ricerche in diversi ambiti e su diversi argomenti. Le pubblicazioni recenti includono un film documentario sul Rwanda, analisi del Sud Africa post apartheid, studi sul cinema of displacement e sulle forme di cultura pubblica e comunità.
In una delle email che ci ha scritto c’è una frase meravigliosa che riportiamo in originale:
«Everything I write is political and always has been, otherwise I see no point in bothering. This ‘football’ piece is only indirectly political but is the beginning of an auto-ethnography which will be a blend of sociological, political and cultural analysis, although at times it will be painful to write».
Su questo blog di Roger Bromley puoi leggere anche Back home. Time, Memory and Football.