L’ombra di Facebook: Fake News e nuove forme di censura
Riprendiamo da CremonaHacklab un ragionamento sulle recenti direttrici della dirigenza di Facebook rispetto al governo del fenomeno delle fake news.
Sviluppi che prendono atto delle preoccupazioni e degli interessi espressi nelle sedi istituzionali – investite a loro volta dal fenomeno e che guardano a strumenti di controllo preventivo della rete, vedere il nostro editoriale Post-verità, dov’è la novità? – rispetto alle quali Facebook intende comunque riasserire la propria sovranità sui flussi comunicativi della sua utenza.
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Le Fake News sono un problema contemporaneo nato in seno al web 2.0, lì dove tutti possono accedere a mezzi di comunicazione efficaci la veicolazione prettamente digitale di notizie non vere ha assunto una valenza diversa e strutturale, per così dire endemica.
Nello scenario della diffusione delle Fake uno degli indiscussi protagonisti è Facebook, il Social Network più utilizzato al mondo, popolato da un’utenza sempre più variegata e trasversale in grado di coinvolgere persone dai tratti demografici assai differenti. Un crogiolo di interazioni sociali-digitali che negli ultimi anni è stato fulcro di una presenza crescente di divulgatori di notizie false, sistematicamente studiate per differenti scopi, fra i quali lo screditamento e la propaganda, il fomentare odio e intolleranza, la generazione di introiti (più visite corrisponde a più visualizzazioni della pubblicità ospitata sui propri siti), il dissacrare e provocare (“for the Lulz”, avrebbe detto qualcuno qualche anno fa) o per una sommatoria di alcune di queste o altre ragioni.
Il fenomeno ha fagocitato alcuni livelli di interazione fra utenti ed altri nodi della rete, portando ad una crescente polarizzazione che vede da un lato chi tende ad identificare questi luoghi-digitali come saturi di emozioni ed interazioni non gradite (propagazione d’odio, di un flusso di pancia non tollerato, ecc..) e dall’altro chi coglie un’occasione per poter dar sfogo ai propri sentimenti ed istinti più bassi.
Fra i due estremi volutamente semplificati all’eccesso esistono sicuramente molte sfumature, ma proprio la riduzione di questi due poli sembra essere divenuta una priorità per la società controllata da Zuckerberg che soprattutto negli ultimi mesi si sta premurando di redarre comunicati stampa, creare algoritmi di Fact Checking (verifica dell’attendibilità della notizia) e diffondere inviti più o meno espliciti rivolti agli utenti al fine di metterli in guardia dalle Fake News, con l’obiettivo evidente di riuscire a ristabilire un equilibrio nella piattaforma senza correre il rischio di perdere un’utenza satura e non più a proprio agio (il mantra è noto: utenza = generazione di dati = valore/denaro).
Per rimarcare questo suo impegno continuo Facebook ha recentemente organizzato una conferenza stampa a metà luglio 2018 durante la quale John Hegeman il responsabile del News Feed, il flusso di notizie di tutte le home, e la Product Specialist Sara Su sono stati incalzati dalle domande di alcuni giornalisti in merito alla scelta di non aver ancora censurato alcune note fonti di Fake News, fra le quali ‘InfoWars’, comparsa diverse volte sulle prime pagine di molti giornali statunitensi e non solo a causa della massiva diffusione di teorie del complotto e affini.
La risposta è stata quanto mai chiara: queste realtà non saranno censurate, la rimozione di questi contenuti e di questi soggetti rappresenterebbe secondo Facebook una violazione della libertà d’espressione. Questa la risposta presentata durante la conferenza e ripresa poi in uno scambio di battute proseguito su Twitter che ha visto il coinvolgimento di alcuni giornalisti Cnn, New York Times, ecc.
Quale sarà dunque l’atteggiamento futuro del più grande Social al mondo?
Le Fake News e i loro diffusori non saranno censurati ma nemmeno ignorati, ciò che verrà considerato non affidabile sarà “declassato” e reso meno visibile anche dell’80%.
Un’ombra che avvolgerà utenti, pagine e contenuti in una forma meno “frontale” di censura e di controllo dell’informazione.
Azione che pare in linea con la volontà di Facebook di non perdere nessun tipo di utenza, evitando di cancellarla ed allontanarla dalla propria piattaforma, limitandosi a restringerne l’area di influenza, soprattutto in un momento in cui il titolo in borsa è in forte calo (nonostante la consueta fluidità e la forte oscillazione dei titoli legati alle economie digitali).
Una direzione chiara, “morbida” e tattica che si allontana dalle forme di rimozione dei contenuti in grado di generare polemiche e soprattutto malumori.
Andrà a definirsi dunque uno spartiacque fra tematiche considerate oscurabili (es. le Fake News), nell’ottica della salvaguardia della propria utenza e fra quelle considerate rimovibili, in quanto dannose per il proliferare del proprio ecosistema digitale.
Proprio a partire da ciò vale la pena ricordare come negli scorsi mesi la piattaforma si sia impegnata nella repressione sistematica di pezzi tematici specifici, come ad esempio la solidarietà internazionale verso la Siria del Nord: è il caso del profilo di Davide Grasso, ex-combattente YPG temporaneamente bloccato dalla piattaforma e poi riabilitato; del profilo di Paolo Pachino, combattente YPG il cui profilo è stato cancellato; della pagina del CSA Dordoni di Cremona, eliminata dopo aver pubblicato foto di bandiere con il volto di Abdullah Öcalan e di uno striscione recante la scritta “Save Afrin from turkish terrorists” durante i bombardamenti di Afrin venendo additati dalla piattaforma come fomentatori di odio.
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