L’Eni smentisce: aumenta la protesta degli operai a Gela
Mentre i dirigenti di Eni nelle ultime ore smentiscono la chiusura dello stabilimento preannunciando un investimento e una riconversione industriale per due miliardi di euro, dalle parti della raffineria i milletrecento operai che rischiano il licenziamento continuano a protestare e a manifestare, non riponendo molta fiducia nelle parole degli amministratori delegati dell’azienda. Anzi, tra promesse di bonifica ambientale e riconversione industriale verso i mercati dei carburanti verdi, gli operai intensificano le iniziative. Un corteo di circa duemila persone ha oggi attraversato le vie di Gela fino all’imbocco dello scorrimento veloce per Catania; si registrano forti rallentamenti e disagi al traffico. Un altro gruppo di circa sessanta lavoratori, sempre nella mattinata di oggi, ha interdetto gli ingressi della consociata di Eni, Enimed, azienda che si occupa di ricerca e sfruttamento dei pozzi estrattivi di gas e greggio. Quest’ultima iniziativa va immediatamente a colpire quelle che sono le uniche attività che sicuramente l’Eni non ha intenzione di dismettere, ovvero le estrazioni nei nostri mari.
Evidentemente al limite la credibilità dell’azienda, che ha appena reso noto un investimento di circa cinquanta miliardi in Mozambico. A poco, come detto, sono servite le rassicurazioni delle alte cariche di Eni, che smentiscono anche i licenziamenti. Gli operai pretendono infatti che le istituzioni, soprattutto quelle nazionali del Tesoro, che oltretutto detengono il trenta percento del pacchetto azionario, si pongano come garanti nella trattativa.
Ma se tra gli operai cresce l’insofferenza e la disillusione in una possibile trattativa, il tutto sembra rimanere imbrigliato nella mediazione sindacale dei confederali, che come sempre punteranno a raccogliere le briciole e a tenere buoni gli operai. Mentre ognuno fa il suo gioco, da Crocetta che minaccia di non concedere le autorizzazioni per perforazioni estrattive all’Eni dopo averli sottoscritti pochi mesi fa, all’Eni stessa che sembra voler prender tempo, ci si gioca molto, moltissimo: oltre a circa milletrecento operai tra diretto e indotto, un comprensorio lavorativo e occupazionale di più di tremila persone. I primi quindici licenziamenti di un’azienda fornitrice di Eni sono già arrivati la settimana scorsa.
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