Madrid non riassorbe il referendum: maggioranza indipendentista alle elezioni catalane
La maggioranza dei seggi è indipendentista. Questo il risultato delle elezioni della Generalitat catalana convocate dopo lo scioglimento da parte del governo di Madrid delle istitutuzioni autonome dopo gli sviluppi del referendum sull’indipendenza del primo ottobre e la dichiarazione di indipendenza (a metà) di Puigdemont.
Il fronte indipendentista ha retto. Più per non cedere al ricatto spagnolista che per capacità di sviluppare la sfida intrapresa dopo l’1-O. Decine di prigionieri politici, la sospensione delle istituzioni autonome catalane e l’esilio dei leader politici a capo di queste hanno rappresentato una oggettiva difficoltà per il fronte indipendentista, ma allo stesso tempo il segno di una irrinunciabilità a cedere a una consultazione imposta per far vincere il principio del costituzionalismo spagnolo che produsse più di 1000 feriti il primo ottobre a danno di una popolo che si recava alle urne.
Il PP di Rajoy si schianta, il voto spagnolista e della stabilità madrilena confluisce nell’opzione liberal aggiornata di Ciudadanos (Ciutadans upgrade) che vince perdendo: primo partito ma senza la possibilità di formare una maggioranza politica, in mano invece al fronte indipendentista.
JuntsXCat, il partito di Puigdemont, supera le aspettative e si conferma reggendo il confronto con l’Esquerra Republicana de Catalunya di Oriol Junqueras. La CUP, invece, che aveva rappresentato il fronte intransigente contro le aperture al dialogo con Madrid di Puigdemont, accusa il colpo e perde ben 6 seggi rispetto al 2015. Sul partito di estrema sinistra ha pesato il principio del voto utile agli altri due più grossi aggregati del fronte indipendentista al fine di fronteggiare l’avanzata di Ciutadans. In ogni caso, ancora una volta, per la formazione di un’eventuale nuovo governo indipendentista, i voti della CUP saranno nuovamente determinanti.
La tornata elettorale conferma la realtà dello scontro politico come una faglia che attraversa e spacca in due la società catalana. Due dati: l’affluenza è altissima, 81,95% la più alta di sempre; chi non ha avuto posizioni chiare sulla questione indipendentista come Catalunya en Comu, propaggine catalana di Podemos, viene penalizzato. In termini di voti assoluti, rispetto al 2015, non c’è travaso da un blocco all’altro. La frattura è reale. Fallisce la missione spagnolista di ricomporre attorno alla costituzione madrilena e alla forza del diritto da questa espressa l’onta del referendum del 1-O.
Si aprono degli interrogativi, vecchie zone d’ombre si fanno problema politico. Arrimadas, la leader di Ciutadans, raccoglie consensi soprattutto nelle aree periferiche confermando un’egemonia del fronte indipendentista negli strati più “avanzati” della società. Dopo l’esilio dei leaders della Generalitat e l’imposizione di nuove elezioni il problema della prospettiva post-referendaria fuori dal recinto costituzionale spagnolo si rifa pressante per le formazioni indipendentiste che intanto, per ora, incassano una vittoria netta contro Madrid.
La questione di una forma di autonomia politica fuori dal principio della sovranità, d’altra parte, non è certo un nodo facile da sbrogliare tra una chiamata alle urne e un’altra…
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