Messina: rabbiosa irruzione di ambulanti nell’ufficio del sindaco
Un episodio su cui si è alzato in queste ore un coro unanime (dalla stampa) di denuncia della violenza che diverse decine di ambulanti avrebbero commesso con l’irruzione al Comune di stamattina. Quello invece a cui crediamo essere di fronte, è una sana rabbia che oggi si è espressa in conseguenza all’operazione messa in campo ieri dai carabinieri contro gli ambulanti. In diverse zone sud del capoluogo peloritano (Largo La Rosa, Minissale, Villaggio CEP, Contesse) ieri, sono state infatti effettuate multe e sequestri di merce per circa 7.500 euro, giustificate dalla mancata “messa in regola” dei venditori ambulanti. Un copione questo, che si ripete da diversi mesi, come lo sono, puntualmente, i blocchi stradali (scaturiti in vera e propria rivolta mesi fa) che ne conseguono. Come ieri, dove infine sono intervenuti polizia e carabinieri in assetto antisommossa. Risultato, 3 denunciati per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale.
Oggi però, quello che è lecito aspettarsi dopo mesi di “crociate per la legalità” che rischiano di gettare nella miseria centinaia di persone per qualche costosissimo, e difficilissimo da ottenere ormai, pezzo di carta che autorizzi alla vendita.
Gli ambulanti stamane quindi, sono riusciti a introdursi a palazzo Zanca da un accesso secondario. Superata con irruenza la segreteria hanno occupato sala Falcone – Borsellino, sede della Giunta. Vedendo inascoltate le proprie richieste, hanno quindi deciso di dirigersi verso gli uffici del Sindaco. Anche qui, è stata irruzione. Come appare scontato (non certo per i “benpensanti” e asserviti organi di stampa) quando si porta avanti con determinazione e sana rabbia un’azione di lotta contro continui soprusi e chiare ingiustizie, il tutto ha dato vita a spintoni e probabilmente a dovute forzature per trovarsi faccia a faccia, finalmente, con il sindaco. A questo punto sembra siano intervenuti digos e polizia. L’incontro con il sindaco Accorinti è stato comunque ottenuto, e questo è il merito vero della questione, piuttosto che quanto irruento e “violento” sia stato l’episodio. Ovvero che la determinazione spesso, è necessaria. Ore di confronto ne sono infatti scaturite tra occupanti (ambulanti), sindaco e assessori.
Al momento la situazione sembra “rientrata”, o “normalizzata” che dir si voglia, nonostante la chiusura del Comune (“…non possiamo accettare un mercato per la strada, …invitiamo gli ambulanti a regolarizzarsi…”), e l’uscita pacifica degli occupanti dalle sale di palazzo Zanca.
In tutto ciò non possiamo che stare dalla parte di coloro che oggi hanno deciso di alzare la testa, con decisione e volontà, per fare sentire la loro voce e reclamare quelli che sono reali bisogni e dovrebbero essere riconosciuti come semplici diritti; quelli alla sopravvivenza e alla dignità di chi come gli ambulanti non ha altra possibilità di lavoro e di reddito; di chi è relegato ai margini di questa società dello sfruttamento. Solo parole come “legalità, decoro, strade pulite, etc” sentiamo invece uscir dalla bocca di una classe politica che usa il feticcio della legalità come arma di repressione ed esclusione sociale delle classi più povere e più impoverite dalla crisi. Da Messina a Palermo poi è proprio una sedicente sinistra, da Orlando ad Accorinti (eletto dalle ceneri e dalla strumentalizzazione di anni di movimento contro il ponte) a dispiegare ormai da tempo soprusi, sgomberi, sequestri, multe e polizia contro ambulanti e proletari che storicamente abitano e animano (proprio con i mercati popolari) porzioni di metropoli che ora si vorrebbero consegnare nelle mani di privati e palazzinari in nome del decoro e della legalità. In nome del giro d’affari e di grossi capitali… preferiamo dirla così. Ennesimo episodio, quello di oggi, che ha visto cittadini messinesi protestare veementemente contro la giunta Accorinti (come fu nel caso della dismissione dell’ospedale pubblico Piemonte mesi orsono). Un assaggio oggi, di cosa può succedere quando si è stanchi di ingiustizie e polizia. Un assaggio, sempre più frequente in Sicilia, di comunità che “insorgono” contro una classe politica che sperpera in favore dei privati e inghiotte denaro come una macchina mangia soldi riproducendo solo corruzione e stipendi da decine di migliaia di euro al mese.
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