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Napolitano nomina 4 senatori a vita, salvagente alle larghe intese

Archiviata anche fisiologicamente, con la scomparsa di Andreotti e Colombo, la generazione della costituente, la nomina odierna di Claudio Abbado, Elena Cattaneo, Renzo Piano e Carlo Rubbia non è solo un istituto pre-repubblicano (pre-moderno?) e allo stesso tempo un tentativo di riconnettere una mitologica “società civile” (sempre più plagiata dai media nel correre dietro agli exploit esemplari individuali che alle lotte di emancipazione e liberazione collettive) alle torri d’avorio dei partiti; ma una mossa di riequilibrio e di blindatura delle parti di un governo che appena ieri aveva ostentatamente rimosso la propria data di scadenza in conferenza stampa. Troppo grande era il rischio del dilagare governista (e, chissà, elettorale) di un Berlusconi trionfante dopo aver incassato la cancellazione farsa dell’IMU (peraltro da lui stesso introdotta) davanti alla innata nullità politica del PD.

Così i quattro nominati sono tutte personalità che nei loro contenziosi passati con il Cavaliere (Abbado contro il conflitto d’interessi, la Cattaneo contro i limiti medioevali alla ricerca sulle cellule staminali, Piano sulla moralità, Rubbia per l’incapacità del governo Berlusconi di temperare le deleghe politiche del CdA dell’ENEA con iniezioni di sapere scientifico) alludono per interposta figura ad altrettante necessità della governance capitalista italiana di riformarsi per reggere l’impatto delle incipienti sfide globali. Legittimate come soddisfazione di tutta quella retorica sul rientro e riconoscimento dei “cervelli in fuga” laddove la disoccupazione giovanile al 40% (dati di oggi) rende sempre più l’espatrio un dramma piuttosto che una libera scelta.

Tutte esche per quelle formazioni politiche che rincorrono e si legittimano su estetiche e formalismi del merito e della partecipazione; dalla strizzata d’occhio alla base grillina (che almeno avrà da riflettere davanti al connubio tra meritocrazia e privilegi parlamentari) alla pacca sulla spalla ad una SeL appena uscita dai salotti di Che Tempo Che Fa.

Vari commentatori si sono già preventivamente sbracati a sottolineare la costituzionalità della decisione di Napolitano (che, en passant, diverrebbe esso stesso senatore a vita in caso di sue dimissioni). Ma l’ipoteca del Presidente sul parlamento in caso di ricerca di una nuova maggioranza e persino di nuove elezioni con l’attuale Porcellum – varata da quel Calderoli che oggi bercia e strepita, e con il quale è proprio il senato la camera più in bilico – è pesante ed indiscutibile. C’è da vedere se anche gli italiani faranno valere, come in Val Susa, a Niscemi, nelle lotte della logistica e nei movimenti, i propri altissimi meriti in campo scientifico, artistico e sociale andando a chiederne conto in massa il 19 ottobre a Roma, e guardare finalmente la corona di Re Giorgio dall’alto in basso.

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