Processo Cucchi: la requisitoria dei pm e la verità falsata
“Nella cronaca una veritá incompleta é una notizia falsa” Pubblichiamo questo articolo che rende bene il quadro nel quale si inseriscono le richieste di condanne di oggi da parte dei pm sul caso Cucchi, che ancora una volta sono volte a mistificare quanto accaduto, senza contemplare il riconoscimento della reale responsabilità sulla morte del giovane.
“Io non posso accettare che non venga riconosciuta la verità su quello che è successo a Stefano. Tutto il resto non mi interessa”. È la reazione di Ilaria Cucchi, appena fuori l’aula bunker del carcere di Rebibbia, a conclusione della requisitoria dei pm che hanno chiesto la condanna per tutti e 12 gli imputati nel processo per la morte del fratello. Le pene richieste per i sei medici, i tre infermieri e i tre agenti di polizia penitenziaria vanno dai due ai sei anni. “Io e la mia famiglia ci siamo sottoposti a questo processo lunghissimo e dolorosissimo sul piano emotivo, e lo abbiamo fatto perché continuiamo a sperare che si riconosca la verità su quanto accaduto a Stefano”. Nella requisitoria del pm l’accento è stato spostato sul trattamento subito da Stefano Cucchi nell’ambito sanitario, lasciando sul fondo quanto accaduto sia in carcere che quando Cucchi si è trovato davanti i carabinieri. “L’atteggiamento che abbiamo notato oggi in aula – ha aggiunto Cucchi, che ha rinnovato la fiducia nella corte – è perfettamente coerente con quello che è stato l’atteggiamento della procura per tutta la durata del processo tanto che spesso viene da chiedersi chi sono gli imputati nel processo per la morte di mio fratello”. Sempre nella requisitoria, il pm ha messo in evidenza il “pregresso” sanitario di Cucchi, caratterizzato da numerosi ricoveri.
E poi – ha aggiunto la sorella di Stefano, “la responsabilità dei medici è assolutamente gravissima e innegabile, loro non sono più degni indossare un camice. Questo lo abbiamo sempre detto e continueremo a sostenerlo fino alla morte. Loro avrebbero potuto salvare mio fratello e non lo hanno fatto, si sono voltati dall’altra arte e non si può far finta di niente, come non si può far finta che Stefano sarebbe finito in quell’ospedale per cause che non c’entrano con il pestaggio. Non si puo negare nonostante le testimonianze che abbiamo portato che Stefano fino a prima del suo arresto conduceva una vita assolutamente normale”. Della vicenda parla anche il senatore Luigi Manconi, che in una nota afferma: “Per l’ennesima volta un processo destinato ad accertare i responsabili della morte di una persona privata della libertà si è trasformato, nella requisitoria dei pubblici ministero, nella stigmatizzazione della vittima e in una pesante critica nei confronti dei suoi familiari. Così è accaduto oggi nel corso del dibattimento per la morte di Stefano Cucchi. La pubblica accusa ha parlato di ‘processo mediatico’, sorvolando amabilmente su quanto la stessa pubblica accusa ha fatto per ottenere un simile risultato; e, soprattutto, sul fatto che difficilmente poteva essere altrimenti. Si tratta, infatti, del dibattimento per la morte tragica di un 31enne, passato in sette giorni attraverso undici istituzioni pubbliche, dalla prima caserma dei Carabinieri fino al reparto detentivo dell’ospedale Sandro Pertini, non trovando mai soccorso e cura, ma – al contrario – abusi, violenze e abbandono”.
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