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Bologna – Appello “NO alla doppia pena dell’UniBo”

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In una conferenza stampa tenutasi oggi pomeriggio in Via Zamboni 38 è stato presentato l”Appello contro la doppia pena dell’UniBo”, sottoposto all’attenzione della comunità universitaria e non solo.

Alla presenza di avvocati, docenti e genitori, si è discusso – a partire dal testo presentato – in merito alla questione dei provvedimenti disciplinari preventivi comminati dall’Alma mater ai danni di molti studenti e studentesse, perseguiti a prescindere da ogni tipo di valutazione reale sulla loro condotta e in ossequio più ai pruriti repressivi della Digos bolognese che a comunque discutibili valutazioni penali su quelle che sono da considerare legittime espressioni di dissenso.

 

Di seguito il testo dell’appello:

 

Partiamo dai fatti.

Nel maggio 2015 sette studenti vengono raggiunti  da un provvedimento disciplinare consistente in un’ammonizione. L’iniziativa contestata è l’irruzione e la presa di parola, nel febbraio dello stesso anno, degli studenti che facevano parte della campagna “Spazio agli studenti”, all’interno di una riunione della Scuola di Lettere e Beni Culturali che discuteva, appunto, della questione degli spazi: la decisione fu presa direttamente dalla Scuola di Lettere e Beni Culturali e non dal Senato Accademico.

Il 24 maggio 2016 il Senato Accademico decide per una sospensione di due mesi ai danni di 4 studenti. La sanzione si riferisce ad una contestazione durata pochi minuti, nel corso di  una lezione del professor Angelo Panebianco. Una quinto studente, per ritardi nelle notifiche, viene sospeso, sempre per due mesi e sempre per lo stesso episodio, dal Senato Accademico di giugno. L’individuazione dei “responsabili” avviene su segnalazione della digos, ma al momento non c’è nessun processo avviato sull’episodio.

Il 19 aprile 2017 il senato Accademico decide per la sospensione di cinque studenti per i fatti relativi alle mobilitazioni contro il caro-mensa. L’episodio incriminato è il danneggiamento di una porta del rettorato durante un’occupazione che era seguita alle cariche della Polizia, cariche che avevano portato anche a diversi feriti. Per quattro studenti la sospensione è di due mesi, per una studentessa, già sospesa l’anno precedente per la contestazione al professore Angelo Panebianco, la sospensione è di quattro mesi. Per altri due studenti la decisione è stata rinviata per ritardi nelle notifiche. La loro posizione si discuterà, molto probabilmente, nel prossimo Senato Accademico di fine giugno. 

E’ evidente che da qualche anno si assiste ad un inasprimento delle sanzioni comminate dall’Università in occasione di proteste studentesche: dall’ammonizione del 2014, alla sospensione per 4 mesi del 2017.

Tutti i provvedimenti sono caratterizzati da una totale mancanza di accertamento in ordine alla responsabilità individuale: basta la presenza sul posto ed i riconoscimenti effettuati dalla Digos per portare a sanzioni disciplinari.

Tuttavia, tali accertamenti, che si caratterizzano per la sommarietà e l’assenza di contradditorio, non possono essere ritenuti sufficienti all’irrogazione di misure severe, quale la sospensione per diversi mesi dalle attività universitarie.

A tal fine si richiama il contenuto dell’art. 41 del Codice Etico, e più in generale, il principio di innocenza e la presunzione di non colpevolezza ai sensi dell’art. 27 comma 2 Cost, che prevede che nessuno possa essere ritenuto colpevole, se non in base ad una condanna definitiva.

In palese violazione di tali precetti gli organi incaricati comminano la sanzione, preventivamente, in assenza di accertamento delle responsabilità individuali: peraltro, il più delle volte, la sanzione viene determinata tra quelle immediatamente più pesanti (la sospensione), senza alcuna autonoma valutazione delle condotte individuali, della reale offensività delle stesse, anche alla luce del diritto di critica e di manifestazione del pensiero.

In conclusione, oltre a non essere rispettato il principio di innocenza, viene calpestato,  del tutto arbitrariamente, anche il principio di gradualità della sanzione previsto ai sensi dell’art.24 del Regolamento Studenti.

Con l’irrogazione delle sanzioni disciplinari di fatto, viene a crearsi un doppio circuito, l’uno penale e l’altro disciplinare, creandosi l’ibrido giuridico della doppia punizione in ordine allo stesso fatto,  con l’aggravante di disporre la sanzione disciplinare in assenza di un reale accertamento della punibilità della condotta, della sua materialità e della riconducibilità sotto il profilo soggettivo allo studente punito.

Alla luce di queste considerazioni e tenuto conto che da sempre gli spazi universitari sono luogo dove nascono istanze politiche, anche contrapposte tra loro, e dove quindi il dibattito politico può anche essere acceso, crediamo che sia necessario  rifuggire da metodi sommari  ed esclusivamente repressivi, che tra l’altro minano ogni possibilità di dialogo, per la soluzione dei conflitti che all’interno dell’Ateneo possono nascere.

Riteniamo inoltre, che mesi di inattività forzata dall’università, per di più nei mesi delle principali sessioni di esami, anche alla luce delle difficoltà spesso economiche che si affrontano per frequentare i corsi di laurea, sia qualcosa che mette seriamente a rischio la carriera universitaria di questi studenti colpiti.

Per questi motivi facciamo appello al mondo universitario tutto, a partire dai docenti, e a quanti nella società civile credono che non si possano affrontare tali questioni in modo sommario ed esclusivamente repressivo; facciamo appello a richiedere che mai più si scelga questa strada, di dubbia legittimità, per affrontare i dissidi interni all’Ateneo; che si trovi una soluzione per tutti gli studenti che in questi mesi rischiano di vedere la loro carriera universitaria messa seriamente in discussione.

 

No alla doppia pena dell’Unibo

 

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