Genova: si chiude l’occupazione dell’università, nasce Vedo Terra
Riceviamo e pubblichiamo… Domenica si è conclusa l’occupazione dell’università che da settimane andava avanti a Genova. Si è conclusa rilanciando su un nuovo percorso politico in città: Vedo Terra. Di seguito il riprendiamo il comunicato di chiusura dell’esperienza dell’occupazione.
Perché salpare?
È tempesta intorno. Un anno di flutti che, violenti, si sono abbattuti sulla nostra imbarcazione, che già da tempo soffriva le continue ondate che provavano a sommergerla definitivamente. Ci hanno tolto tutto. Ma qualcuno nella barca era riuscito a tenere all’asciutto qualche pagina di un libro, qualcuno, con qualche anno più degli altri, raccontava storie di un passato sommerso e, anche tra i più giovani, si amava passare il tempo a scambiarsi i racconti dei nonni.
Si teneva acceso un lume, tra i venti senza più nome.
Un anno di ondate più forti ci convincono: è tempo di rimettere mano al timone.
Dopo un anno di lotta, siamo attraccati tra i mari ad una terra sconosciuta. L’abbiamo ascoltata e ci siamo fatti suggerire dei suoi suoli come costruire tra i mari un mondo diverso. Vivere qui è stato, per tutte e tutti, avere un altrove dal quale guardare i temporali sui mari e capire che non sono necessari, ma c’è chi li provoca, chi soffia su venti di morte.
Perché allora salpare?
Perché un’isola non ci basta più: dobbiamo raggiungere il continente. È tempo di tentare, ora che abbiamo un equipaggio più vario, una barca più salda, saperi più vivi, di tentare un mare più duro, forzare di bolina venti contrari. . Tenere un’ancora in università significa per noi tentare di restituirle il ruolo che dovrebbe avere: un contesto nel quale sia possibile prendere coscienza, realizzare autocritica, tracciare percorsi rivoluzionari.
Salpiamo da questi lidi come nuovo soggetto politico. Dobbiamo rimetterci in mare e tornare a confrontarci con le onde per poter rileggere quanto è successo, per poter riconoscerci e vedere quali vele si gonfieranno, ma abbiamo nuove consapevolezze.
Siamo vascello pirata che risale le correnti. Siamo scialuppa per compagne e compagni lasciati soli aggrappati ad un’asse nel mare, individualizzati e atomizzati, costretti a lottare tra loro anche se c’è chi sa che tutti saranno sommersi. Siamo presidio navigante capace di creare coscienza politica per queste vite precarie, per una generazione che è stata depredata della capacità di inscrivere la propria sofferenza su uno sfondo politico. Siamo ciurma che rifiuta i criteri dell’efficienza frettolosa e si affida ai tempi lunghi delle decisioni collettive, che preferisce andare alla deriva un’ora in più piuttosto che procedere in una direzione non comunemente scelta.
È tempo di salpare, nuovi mari ci attendono. Presto potremo nuovamente gridare: terra!
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