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Tagli alla scuola: il governo se ne frega dei giovani

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Di pochi giorni fa la notizia degli scellerati tagli ai fondi dedicati all’istruzione; una decisione presa, però, nel dicembre 2018.

La diminuzione degli investimenti non riguarda solo l’istruzione, ma anche la tutela dei beni culturali e ambientali, il soccorso civile e l’accoglienza degli immigrati.
La spiegazione a questi vertiginosi tagli è l’investimento maggiore per pensioni e politiche sociali.
Anche gli incentivi alle imprese subiranno crolli esorbitanti; costi elevati invece per quota 100, reddito e costi d’interesse dei titoli di stato. Risparmi anche per il rimborso delle imposte e risorse invariate per ordine pubblico e sicurezza, giustizia e difesa, agricoltura, ricerca e innovazione.
Questo quadro della situazione risulta certamente indicativo rispetto alle priorità che il governo in carica si pone.
La consapevolezza di non essere in un paese per giovani è ormai sedimentata, ma il progressivo aumento delle politiche a discapito della gioventù è un fattore preoccupante che delinea una prospettiva sempre più in declino.
La riduzione delle risorse per l’istruzione primaria e secondaria ammonta al 10%, i tagli colpiranno gli stipendi dei docenti e delle docenti precar*, verranno ridotti i posti per gli/le insegnanti di sostegno e diminuiti gli investimenti nell’edilizia scolastica.
Risulta evidente quanto, in un contesto simile, contesto in cui si preferisce spendere soldi per le politiche previdenziali piuttosto che per la formazione dei/delle giovani, sentirsi tutelat* e rappresentat* non è di certo una garanzia per i ragazzi e le ragazze che vivono sul suolo italiano.
Si decide di investire meno nell’edilizia scolastica, già fatiscente da sempre, dimostrando quanto a questo governo della reale sicurezza dei cittadini e delle cittadine interessi poco. In compenso però, gli edifici scolastici continueranno massivamente ad essere pattugliati da unità di polizia cinofila grazie al decreto scuole-sicure, un fiore all’occhiello del ministro Matteo Salvini che, a sua detta, sarebbe lo strumento di cui lo stato si è dotato per sconfiggere il fenomeno della distribuzione di droga ai giovani; ovviamente si tratta solo di fumo negli occhi, non siamo noi a dover dire al governo che la diffusione delle droghe parte da molto prima dello spacciatore al parchetto, ma non sia mai che qualche mano politica impastata in proficui affari, storca il naso per reali provvedimenti contro il marketing della droga.
Dunque, ciò che dovremo aspettarci da Settembre sarà una scuola in cui mancheranno i docenti (come se fino ad ora fossero stati regolarmente presenti); in cui le possibilità di apprendimento per gli alunni e le alunne con difficoltà verranno ridotte dalla mancanza di un sostegno garantito e presente; in cui gli edifici scolastici continueranno a non essere ristrutturati e adattati alle esigenze che avanzano; ma il tutto accompagnato dalla certezza che mensilmente potremmo essere violentemente sottopost* a perquisizioni invasive e trattamenti denigranti e minatori da parte delle pattuglie di forze dell’ordine adibite a diffondere terrore, anche nelle quattro mura che determinerebbero il nostro futuro.
Una cosa è certa, la funzione della scuola, ad oggi, non è quella di sviluppare percorsi di apprendimento per gli studenti e le studentesse, quanto più quella di fabbricare soggetti e forza lavoro che nel tessuto sociale dello stato-nazione capitalistico, risultino utili ed efficienti ai fini del guadagno dei burattinai che sovradeterminano la società tramite il denaro.
Questo è possibile grazie all’opprimente impostazione stabilita di tempi e spazi per gli studenti e le studentesse, sempre frenetici, limitanti e angoscianti; condizione alimentata dalla crescente precarietà scolastica, che ci abitua ad un mondo in cui bisogna adattarsi, accontentarsi e vivere di corsa per produrre profitto.
Non è questa la prospettiva di futuro che abbiamo, non è utopistico dire che, in quanto giovani, vogliamo e possiamo cambiare le cose, a partire dalla scuola, la nostra piattaforma di crescita, socialità e condivisione, un luogo che pretendiamo incontaminato dalle dinamiche del dominio e dello sfruttamento, il luogo che dal basso vogliamo riadattare alle nostre esigenze e ai nostri bisogni.
L’unica arma che abbiamo per ristabilire le nostre priorità è l’organizzazione collettiva basata sulla fiducia e la condivisione di una sistemica repressione che attacca su tutti i fronti e che solo insieme possiamo fronteggiare.
Queste politiche distruttive per la scuola hanno l’obiettivo di rendere gli anni di studio solamente un momento di passaggio, che vogliamo superare di corsa, giustamente, a causa del carico di privazioni che in quel contesto percepiamo; sta a noi capire la logica dietro a queste continue mazzate al mondo dell’istruzione e riappropriarci dei nostri tempi e dei nostri spazi con il fine di sviluppare un pensiero critico diffuso, che ci renda immuni alle logiche della scuola-azienda e conseguenzialmente, coscienti del mondo di precarietà e sfruttamento che vogliono propinarci.

Da Kollettivo Studenti Autorganizzati Torino

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