Valerio Evangelisti, lo scrittore-militante di una generazione che reinventò il futuro e i propri eroi
Sandro Moiso, Alberto Sebastiani (a cura di), L’insurrezione immaginaria. Valerio Evangelisti autore, militante e teorico della paraletteratura, Edizioni Mimesis, Milano-Udine 2023
da Carmilla
Di solito chi mi denigra mi denigra come autore poco complesso. Temo di essere tra i più complessi che esistano però lo scopriranno dopo che sarò morto. (Valerio Evangelisti)
Ad un anno dalla scomparsa di Valerio Evangelisti, avvenuta il 18 aprile 2022, esce per le Edizioni Mimesis una prima raccolta di saggi tesi ad inquadrarne l’attività di scrittore e militante che sempre lo ha contraddistinto. Spingendo la ricerca oltre la sua più nota attività di autore dei romanzi del “ciclo di Eymerich”, e pur sottolineandone ancora caratteristiche e peculiarità, il testo collettaneo che ne risulta raccoglie, oltre a quelli dei due curatori, i saggi di Luca Cangianti, Walter Catalano, Fabio Ciabatti, Domenico Gallo, Paolo Lago, Nico Maccentelli, Franco Pezzini, Gioacchino Toni e Diego Gabutti, cercando di restituire la poliedricità degli interessi e le diverse sfaccettature che hanno caratterizzato la vita, l’attività pubblica e la ricerca dell’autore bolognese. Il testo sarà presentato al pubblico in anteprima nazionale sabato 15 aprile presso il Vag61 di Bologna dalle ore 14,30 alle 17,00.
[Qui di seguito si pubblica un estratto dall’Introduzione, mirante a inquadrare la dimensione sociale e la sfera culturale da cui hanno tratto origine sia la scrittura che le scelte militanti del Magister.]
Valerio Evangelisti è stato uno scrittore unico nel panorama letterario italiano a cavallo tra XX e XXI secolo. Cosa che ha fatto scrivere ad Alan D. Altieri: “A tutti gli effetti Valerio è uno dei più straordinari narratori europei del nostro tempo. Uomo di incredibile cultura e di stupefacente inventiva, riesce ad amalgamare generi, tematiche modelli quasi antitetici e a plasmarli in un’unica entità narrativa di perfezione pressoché cartesiana”.
Un’altra cosa da dire, però, a proposito di Valerio Evangelisti, senza tema di incappare in un errore, è che è stato uno scrittore-militante e lo è stato sia dal punto di vista politico che da quello della collocazione dei suoi testi e della sua scrittura. Anzi, è forse la sua scelta nel secondo ambito a farne risaltare ancor più l’aspetto “militante” nel rivendicare sia l’appartenenza che la difesa della letteratura di genere o, per meglio dire con un termine che spesso utilizzava, paraletteratura.
Esponente di una generazione che osò rompere, tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta, con la noia e l’oppressione dell’esistente oltre che con l’arretratezza politica, culturale e ideologica che aveva contribuito a frenare, sia da destra che da sinistra, l’evoluzione sociale di un paese in cui, come in un film con Don Camillo e Peppone tratto dai romanzi di Guareschi, la Chiesa, il suo partito e il partito comunista di stampo togliattiano si erano alternati con regolarità nel rafforzare pregiudizi e difendere una tradizione che, ammantandosi di volta in volta di cattolicesimo conservatore oppure di populismo e perbenismo democratico, avevano contribuito non poco a mantenere lo status quo.
Un mondo in cui sulle porte delle parrocchie era ancora affisso l’”Indice” dei libri e di tutte le letture (spesso fumetti) che un buon cattolico doveva evitare per non cadere nel “peccato”, a fronte di una politica culturale comunista che condannava qualsiasi lettura o espressione artistica che non facesse riferimento agli ambienti e agli ideali (alquanto sconnessi in reltà) dell’intellighenzia, all’epoca piuttosto ampia e servile, che ruotava intorno al PCI e ai suoi riferimenti all’URSS.
Insomma, un contesto in cui la letteratura allora definita “d’evasione”, i fumetti, il nascente rock’n’roll con le sue successive evoluzioni, erano in gran parte fermamente condannati e proibiti. Tanto nelle chiese che nelle aule scolastiche, nei programmi radiofonici e televisivi o nelle riunioni (noiosissime) delle sedi e sui giornali dei partiti che avrebbero dovuto rappresentare il “progresso sociale”.
Se non si comprende tutto questo, non si può nemmeno comprendere la curiosità, la passione e lo spirito di sotterranea ribellione che animarono quella generazione, nata a cavallo degli anni Quaranta e Cinquanta, che prima si buttò su qualsiasi lettura, visione cinematografica e ascolto musicale che non fosse normato dalle istituzioni (famiglia in primis) e poi si lanciò sulle barricate, nelle proteste e negli scontri del ’68 e degli anni a seguire (almeno fino al ’77).
[…] Per la nascente critica “radicale”, infatti, si trattava di inventare un nuovo mondo, con miti aggiornati e pochi veri giganti sulle cui spalle poter ancora salire.
Questo breve e fin troppo sintetico excursus può servire a rivelare come, al di là delle intuizioni e riscoperte degli anni ’50 e ’60, soltanto l’unione tra azione politica radicale e critica intransigente della cultura portata avanti dai movimenti antagonisti e giovanili degli anni Settanta avrebbe potuto produrre uno scrittore come Valerio Evangelisti […].
Inoltre, non solo la frequentazione di Valerio dei gruppi extraparlamentari e dell’Autonomia a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, ma anche del movimento della Pantera, prima del successo di Eymerich, negli anni in cui si giocava ancora le sue carte all’Università; l’esperienza personale del Nicaragua e del suo popolo che si era battuto contro l’imperialismo yankee fin dai primi decenni del ‘900, insieme alla costante attenzione per l’America Latina e il Venezuela di Chavez oppure la sua vicinanza, più volte dichiarata, al movimento No Tav valsusino (che volle esplicitare anche in uno degli ultimi romanzi del ciclo dell’inquisitore catalano); le sua simpatie per i curdi e le curde del Rojava, fino al sostegno dato alle mobilitazioni per le comunità russofone e indipendentiste del Donbass, rivelano in lui ancor più che la “passione per il comunismo” quella per la rivolta spontanea, popolare e dal basso. Qualsiasi fossero le forme con cui questa si manifestava. Tanto nelle campagne emiliane a cavallo tra ‘800 e ‘900 quanto nelle strade in fiamme di Bologna della primavera del ’77.
Stabilire se tutti gli assunti derivati da quelle prese di posizione fossero sempre condivisibili non è cosa che spetti a chi scrive, ma è proprio l’attenzione a ciò che proveniva o sembrava provenire dal “basso” che rivela l’aspetto fondamentale dello scrittore-militante così come si è configurato, caso quasi unico negli annali di ambienti intellettuali italiani troppo spesso affascinati dal successo mainstream più che dalla militanza culturale anticapitalista, attraverso il suo variegato lavoro letterario. Sia che si trattasse di romanzi che di racconti o saggi.
[…] Anche se la sua vera militanza come scrittore è stata quella svolta nell’ambito e a favore della letteratura di genere e popolare da cui Valerio non volle mai prendere le distanze.
Anche se all’interno della stessa, si trattasse di science-fiction, fantasy, noir o avventura seppe sempre distinguere tra ciò che era “alto”, anche se non riconosciuto dal canone della cultura ufficiale, imbolsita e irrigidita dai suoi rituali formalistici e mondani, e ciò che era, semplicemente, spazzatura. Senza mai nascondere, però, che la peggior spazzatura letteraria ed ideologica si nascondeva proprio in quella che la cultura dominante considerava letteratura colta, se non proprio alta.
[…] Rimarcando spesso, in testi citati anche nei saggi che seguono, come lo scrittore di genere pensi al suo pubblico, per appropriarsene e conoscerlo sempre di più, mentre lo scrittore mainstream mediamente cerchi altrettanto di catturare l’attenzione e il successo di pubblico, ma attraverso il giudizio della critica istituzionale e modaiola, cui cerca in ogni modo di adeguarsi e diventare gradito.
La raccolta di saggi che segue raccoglie le riflessioni dedicate all’opera di Evangelisti da diversi autori del collettivo redazionale di “Carmilla online”, fondata e diretta da Valerio fino all’ultimo giorno di vita, e dallo studioso che fino ad ora si è maggiormente occupato dei suoi scritti, che vanno intese come un’esplorazione dei differenti aspetti della sua attività di scrittore e saggista. Un’informale wunderkammer dell’immaginario di un autore che della critica del presente modo di produzione e dell’apocalisse inevitabile che l’accompagna verso il futuro ha fatto il suo tratto distintivo.
Un lavoro collettivo che, spaziando dalla fiction alla saggistica, cerca di approfondirne e rivelarne sfaccettature inedite, contraddizioni e complessità inaspettate: dai romanzi del ciclo di Eymerich ai testi scritti per “Carmilla” o altre testate, passando per la sua passione per la fantascienza, i romanzi d’avventura, il noir e gli infiniti ed eroici “perdenti” della lotta di classe. Sottolineandone l’ironia e la partecipazione ai moti di cambiamento del presente, che egli sapeva proiettare in altre epoche, passate e future, per rifondare un immaginario non colonizzato dalla società del capitale. Dando così vita ad un volume che non vuole essere definitivo né, tanto meno, indirizzato a costruire un canone o un’agiografia, che finirebbero soltanto, come tutti i canoni e le agiografie, con l’imbalsamare attività e pensiero dell’autore, ma costituire l’inizio di una nuova stagione di ricerche, suggerendo possibili tracce di indagine e di lettura utili per gli studi che ancora verranno.
Ndr. Questo libro verrà presentato il 21 aprile al Centro Sociale Askatasuna.
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