Dall’8M in avanti: organizzare lo sciopero essenziale transnazionale. Report dell’assemblea pubblica di E.A.S.T.
di E.A.S.T. – ESSENTIAL AUTONOMOUS STRUGGLES TRANSNATIONAL
→ Guarda a questo link il video dell’assemblea; qui il report in inglese
Quest’anno lo sciopero femminista dell’8 marzo è più essenziale e urgente che mai. La gestione della pandemia da parte delle istituzioni ha dimostrato chiaramente che il lavoro delle donne, delle e dei migranti è essenziale, ma le loro vite sono sacrificabili. Trasformare la forza del lavoro essenziale in un potere collettivo è la scommessa del Manifesto per lo sciopero essenziale, firmato da decine di collettivi, sindacati e organizzazioni femministe e LGBT*QI+ dell’Europa centrale, orientale occidentale, dalla Turchia, della Georgia, e oltre.
Il manifesto è stato tradotto in 21 lingue, ripubblicato su diverse piattaforme nazionali e internazionali, e ha innescato dibattiti in molti paesi, anche dove lo sciopero non era mai stato all’ordine del giorno, o dove governi autoritari, ostacoli legali e mancanza di sostegno da parte dei sindacati hanno reso difficile organizzarsi. Il manifesto è stato il punto di partenza dell’assemblea pubblica di EAST, alla quale hanno partecipato più di 70 persone provenienti da decine di paesi anche fuori dall’Europa – da Bulgaria, Grecia, Polonia, Argentina, Romania, Italia, Marocco, Regno Unito, USA, Serbia, Francia, Repubblica Ceca, Germania, Portogallo, Turchia, Georgia e Iran – e almeno altrettante hanno assistito online. Durante l’assemblea, si è discusso soprattutto del modo in cui usare lo sciopero come un potente processo di interruzione della produzione e della riproduzione sociale. Molte le iniziative che sono state condivise in vista dello sciopero essenziale dell’8 marzo: vogliamo che questa giornata sia un momento in cui le molte lotte esistenti trovino visibilità e mostrino che sono tra loro collegate a livello transnazionale. Anche se quest’anno dobbiamo affrontare nuove drammatiche sfide, la pandemia è stata anche un’occasione per rafforzare le connessioni transnazionali. Partendo dalle nostre diverse esperienze e contesti, possiamo infatti dire che questo 8 marzo sarà solo l’inizio di un processo comune in cui ci riprenderemo lo sciopero come arma, e lo faremo organizzandoci a livello transnazionale.
Lo sciopero è spesso reso difficile da leggi, misure di emergenza, dalla povertà, dalla precarietà e dall’isolamento, e ciononostante gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da numerosi scioperi e proteste. Diversi interventi hanno sottolineato come da una parte abbiamo assistito all’intensificarsi dello sfruttamento, della violenza patriarcale e del razzismo istituzionale – che hanno colpito in particolar modo quelle lavoratrici essenziali, soprattutto migranti, che permettono alla società di sopravvivere –, dall’altra la pandemia è stata anche un’occasione in cui si sono verificate molte lotte nel sistema sanitario, nei magazzini, nell’agricoltura. Lo sciopero delle donne polacche contro il divieto di abortire ha dato un nuovo impulso al movimento femminista globale. In Polonia, le manifestazioni hanno fatto dello sciopero lo strumento per rivendicare salari più alti, per rivendicare migliori condizioni di lavoro, sicurezza sul lavoro, welfare e sanità, ma anche per mostrare che ciò che accade sui luoghi di lavoro è legato alle gerarchie sociali e alle condizioni che fanno sì che il lavoro delle donne, delle e dei migranti abbia meno valore sociale e politico. Le condizioni patriarcali, razziste e di sfruttamento iniziano nella società e nelle case, e si ripercuotono sulle condizioni nei luoghi di lavoro: questo è ciò che il nostro sciopero deve essere in grado di affrontare e combattere.
In Bulgaria, Romania e anche in altri paesi, le infermiere hanno scioperato per ottenere protezioni, salari e una migliore assistenza sanitaria per tutti. In Georgia le donne stanno protestando contro gli stupri e le molestie, e contro il ricatto dei bassi salari, a causa dei quali molte donne devono andare all’estero per lavorare, venendo poi accusate di abbandonare le loro famiglie e anche ritenute loro stesse responsabili della violenza maschile. In tutti i Balcani, le proteste #metoo stanno contestando la recrudescenza di violenze e molestie nelle case, nelle istituzioni educative e nei luoghi di lavoro e si stanno organizzando per trasformare le lotte individuali in collettive. In Turchia, le donne sono in prima linea nella lotta contro l’autoritarismo di Erdogan, contro i feroci attacchi alle donne, ai migranti, ai rifugiati, al popolo curdo e, anche se lo sciopero non è consentito, prenderanno parola in molte città durante le manifestazioni notturne dell’8 marzo. In Romania, le proteste avranno al centro la lotta contro la violenza contro le donne, per condizioni abitative migliori, lavoro, assistenza medica, ma riguardano anche la discriminazione e l’emarginazione delle comunità rom. In Grecia, lo sciopero coinvolgerà lavoratrici e lavoratori del settore pubblico, donne, migranti, rifugiati e disoccupati, con l’intenzione di riprendersi lo spazio pubblico. Nel Regno Unito, lo sciopero delle donne si unirà alla protesta delle maestre d’asilo e delle sex workers, per mettere in mostra e contestare il doppio carico di lavoro, produttivo e riproduttivo, che ha ulteriormente peggiorato le condizioni delle donne. In Italia, Non Una di Meno scenderà in piazza per contestare misure come il Family Act, carichi di lavoro insostenibili per insegnanti, madri, lavoratrici della logistica e dei servizi, scenderà in piazza contro l’incremento della violenza domestica e dei femminicidi, e per prendere parola donne migranti che devono combattere anche contro la violenza del permesso di soggiorno.
In paesi come la Germania e il Belgio, le donne migranti stanno organizzando incontri per mettere in atto diverse forme di protesta contro l’intreccio tra razzismo, sfruttamento e patriarcato. Dopo gli scioperi di donne, migranti e lavoratori e lavoratrici nelle fabbriche, nei magazzini, nei campi, gli scioperi delle lavoratrici dell’hotel Ibis in Francia e di Yoox in Italia stanno mostrando come il razzismo e il sessismo sono strumenti per rafforzare lo sfruttamento di donne e madri. In Francia e in Marocco, le donne migranti, le donne senza documenti e rifugiate non rimangono in silenzio e anzi gridano contro la violenza in tutte le sue forme: la violenza istituzionale perpetrata attraverso le frontiere e nei centri di detenzione; la violenza maschile rafforzata dal legame tra permesso di soggiorno e ricongiungimento familiare; la violenza dello sfruttamento che impone alle migranti i lavori più precari, poveri e pericolosi. Insieme al Transnational Migrants Coordination, le donne migranti hanno dimostrato che l’8 marzo è l’occasione per combattere insieme razzismo e patriarcato in una lotta femminista e migrante, e per rilanciare un’iniziativa transnazionale per il prossimo 1° maggio.
L’appello per uno sciopero essenziale ha aperto spazi di comunicazione politica e sollevato la questione della dimensione transnazionale come possibilità da perseguire per essere più forti insieme e condividere terreni di lotta comuni. Salari più alti contro le gerarchie create attraverso i confini; una battaglia transnazionale per un welfare che liberi le donne dal loro presunto naturale destino di cura; case per tutte e tutti; permesso di soggiorno europeo incondizionato e illimitato contro il razzismo istituzionale; la fine della violenza patriarcale. In tutto ciò, siamo felici di unire le nostre forze con le Feministas Transfronterizas, che costruiscono ponti tra l’America Latina e l’Europa, e accogliamo con favore ulteriori connessioni con reti femministe e transfemministe, per rafforzare un movimento transnazionale contro il patriarcato, il razzismo e il capitalismo.
Lo sciopero è un processo che non si limita a un solo giorno, è un orizzonte da perseguire nelle nostre lotte quotidiane. L’8 marzo è solo l’inizio: lo sciopero ha attivato un orizzonte di possibilità anche dove sembrava impossibile mobilitarsi. Vogliamo continuare a discutere di come realizzare uno sciopero sociale transnazionale, per collegare le lotte esistenti e quelle che stanno nascendo nel campo della riproduzione sociale, chiamando i sindacati a sostenerci. Abbiamo in programma ulteriori momenti di discussione per ragionare su una strategia comune e costruire il processo di sciopero nella fase di ricostruzione dalla pandemia. Vogliamo andare verso uno sciopero transnazionale che parta dal campo della riproduzione sociale, e che cerchi costantemente connessioni con altre lotte in corso: migranti, lavoratori e lavoratrici di Amazon, riders, lavoratori della logistica…
Scioperiamo insieme l’8 marzo, costruiamo le nostre connessioni transnazionali durante la ricostruzione: il nostro sciopero è essenziale!
Abbiamo un evento comune su Facebook, all’interno del quale nella sezione “discussione” raccogliamo tutte le iniziative che avranno luogo l’8 marzo. Invitiamo tutte e tutti a postare una foto con lo slogan “il nostro sciopero è essenziale”, sia nella tua lingua che in inglese, e a usare gli hashtag comuni #EssentialStrike #WeStrike. Incoraggiamo pratiche comuni: pañuelazos, l’urlo collettivo, l’uso del viola e del verde come colori simbolo della libertà di aborto, e altre azioni simboliche per rendere visibile la connessione delle nostre lotte.
Inviateci informazioni su ciò che accadrà nella vostra città/paese l’8 marzo a essentialstruggles@gmail.com e condividete i vostri eventi con noi su Facebook.
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