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Lampedusa: farsa di uno sgombero di Natale

È, per esempio, abbastanza semplice individuare il carattere tutto mediatico di una simile iniziativa. La spinta dei migranti rinchiusi in quelle galere che la legge chiama Cie o Cara si inizia a fare prepotente. Le proteste in questi giorni a Ponte Galeria, le rivolte della scorsa settimana a Mineo (sassaiole, barricate e tanta rabbia) rappresentano un serio problema per il governo impegnatissimo più che mai a sviare l’attenzione dalle cause profonde e dai problemi reali. L’obiettivo dei vari Letta e Alfano è infatti duplice: da un lato sottolineare come le ingiustizie commesse dentro quelle strutture siano frutto dell’incuranza, dell’insensibilità degli operatori che vi lavorano; dall’altro servire in pasto all’opinione pubblica la Bossi-Fini, piuttosto che l’intero sistema di politiche di controllo delle migrazioni, così da ripulirsi l’immagine dopo i drammi e le tragedie dei mesi scorsi.

Così quale migliore iniziativa di quella del parlamentare democratico Chaouki – da giorni autorinchiusosi dentro il Cie per protesta e solidarietà – per attuare la “farsa di Natale”: sgombero del Cie di Lampedusa e basta alle polemiche! Il governo è impegnato a fianco dei poveri migranti! O almeno, questo provano a far passare su giornali e Tv.

Non fosse però che né i Cuperlo né la presidentessa Boldrini abbiano messo mai in discussione l’esistenza stessa di tali centri (istituiti, seppur in altra forma, dal loro Re Napolitano allora ministro di centro-sinistra); e neanche si siano mai realmente espressi sui metodi di assegnazione della gestione di Cie e Cara. Per le cooperative che gestiscono i centri, infatti, ogni migrante corrisponde ad una cifra di potenziale guadagno; le assegnazioni avvengono per ribasso delle offerte cioè a chi dimostra di poter spendere meno del concorrente per le cure del migrante e avere così maggiori margini di guadagno. Non si capisce come un sistema così pensato dalla stessa politica ora indignata generi tutto questo stupore nei suoi stessi fautori. A meno ché lo stupore non sia semplicemente dettato dalla necessità di mostrarsi sensibili e impegnati ogniqualvolta da un lembo di mare, da una cella di un Cie, da una manifestazione di rabbia, non emerga una nuova emergenza. Questa, che poi è anche legata al concetto di “eccezione”, resta l’arma più funzionale a perpetuare un modello di governance capitalista sui flussi migratori e sul diritto alla mobilità, anche perché è in grado di generare vere e proprie macchine del consenso. Sfilate politiche a Lampedusa, dichiarazioni di sgomento, angelus dai balconi romani: tutte iniziative a cui è ora di dire basta perché l’unica voce che dobbiamo voler sentire è quella dei migranti-prigioneri stessi.

La farsa di Natale è solo l’ennesimo atto di conservazione di un sistema della morte, ma le gabbie, prima o poi, finiscono per spalancarsi.

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