Roma, contro la violenza delle istituzioni le occupanti assediano le politiche sociali
A Roma mobilitazione delle occupanti verso la manifestazione nazionale di Non Una di Meno del 25 Novembre.
Stamattina, all’interno del processo di costruzione del corteo nazionale di Non una di meno, che si terrà questo sabato nella città di Roma, un gruppo di donne occupanti, sgomberate e sfrattate è andato a chiedere conto all’assessora Laura Baldassarre, a capo del Dipartimento delle politiche sociali di Viale Manzoni della determina firmata insieme alla sindaca Virginia Raggi, con cui si offrirebbe a chi viene sfrattato o sgomberato un trasferimento all’interno di strutture prefabbricate in Via Ramazzini (zona Portuense).
Ricevute dalla direzione del dipartimento, a cui spetterebbe l’onere dell’accoglienza e dell’inclusione, è stata loro contestata la decisione adottata dalla giunta di farsi promotrice di un netto aggravamento dell’emergenza abitativa sofferta da migliaia di persone in questa città.
Questo Villaggio degli sgomberati, infatti, non è che un provvedimento punitivo verso chi ha un’unica colpa, quella di non avere una casa.
Il presidio di donne ha rispedito al mittente l’etichetta “fragile “utilizzata dall’amministrazione comunale e dalle sue istituzioni per governare i corpi delle donne che si trovano a vivere ad oggi in situazioni di difficoltà economica e abitativa, indicate come soggetto debole, annunciando che si riconvocheranno sotto al dipartimento martedì 28 Novembre quando verranno ricevute dall’assessora Baldassarre per discutere la revoca immediata della determina.
Questo il testo diffuso durante l’iniziativa dalle donne occupanti:
La vera violenza è quella delle istituzioni sulle donne! Fragili ci sarete voi!
Negli ultimi dieci anni la violenza maschile sulle donne è aumentata in maniera spropositata, tanto quanto la capacità delle donne di denunciare con forza questa realtà. Il movimento “Non una di meno” ha raccolto l’appello di migliaia di donne argentine, e insieme a decine di altri paesi ha redatto il piano anti violenza, un documento con cui si definisce la violenza e la sua esplicitazione in diversi ambiti, proponendo anche punti e
misure d’intervento.
Come donne siamo consapevoli che la violenza non è esclusivamente quella fisica, gravissima: la crisi economica e le politiche di austerity degli ultimi dieci anni hanno colpito soprattutto proprio le donne, ledendo in maniera preoccupante la libertà di decidere per sé, quindi per noi, e di acquisire quell’autonomia e indipendenza indispensabili per sfuggire alle violenze quotidiane. Le donne – noi donne- nella nostra società sono condannate a essere sfruttate due volte: nell’ambito lavorativo, accettando salari più bassi e il sottodimensionamento, e nell’ambito riproduttivo, in cui ci occupiamo della cura della famiglia a 360°.
Sorreggiamo la riproduzione sociale dell’intera società, senza poter non solo avere la giusta redistribuzione della ricchezza che produciamo, ma subendo di continuo la violenza istituzionale.
Una violenza che a Roma viene esercitata da Governo, Comune di Roma e Prefetto, che vorrebbero forzatamente imporre le proprie decisioni a migliaia di donne che, opponendosi a questa violenza, vivono nelle case occupate, decidendo di garantirsi un futuro lottando per sé, per le proprie famiglie, e perché il diritto all’abitare venga rispettato per tutti e tutte. Ci chiamano fragili e illegali, ma sono proprio le istituzioni ad esserlo, e a far ricadere la propria fragilità su di noi.
La retorica della legalità targata 5 Stelle e Pd è solo un modo per nascondere questa verità ed ergersi a stato-padre-padrone che decide al posto delle donne.
Nessuno può decidere sui nostri corpi. Nessuno può imporre, come ha fatto il ministro dell’interno Minniti, gli sgomberi di decine di stabili nella Capitale – ad esempio Piazza Indipendenza e via Quintavalle-, senza nemmeno fornire alcuna alternativa concreta alle e agli sgomberati. Nessuno può stabilire, come l’art.5 del piano casa Renzi/Lupi, che vivere negli stabili occupati comporta la perdita del diritto alla residenza.
Nessuno può dichiarare che vivere nei container, come vorrebbe fare la giunta Raggi insieme alla cordata di donne in carriera, Castiglione-Baldassarre,-Micheli, e la “prefetta” Basilone, sia meglio che vivere nelle case
occupate.
La Determina firmata dalla dirigente dell’unità per la gestione dell’emergenza e inclusione sociale, Michela Micheli, istituisce infatti un bando pubblico per la gestione di un villaggio di container per persone sgomberate: un bando peraltro rivolto a molte cooperative già coinvolte nell’inchiesta Mafia Capitale.
La verità è che in questi mesi stiamo subendo la violenza di alcune donne -che ricoprono cariche istituzionali- su altre donne, che invece pretendono legittimamente di decidere sulla propria vita, e che insieme ad altre migliaia di persone si rifiutano di dichiararsi delle vittime. Il Movimento 5 stelle tutto e la giunta Raggi hanno parlato e parlano ancora di rappresentare il nuovo che avanza, ma le proposte pratiche che mettono in campo sono quelle di ritornare a una
Roma fatta di baracche e abitata da baraccati.
Noi non ci stiamo.
Noi siamo le donne migranti, a cui non viene dato il sacrosanto diritto di vivere una vita migliore in paesi che si dichiarano esportatori di democrazia.
Noi siamo le donne che non possono e non vogliono più accettare la violenza delle istituzioni.
Noi siamo le donne che vogliono decidere per se e per i propri corpi.
Noi siamo le donne che per sconfiggere la violenza maschile vogliono quello che ci spetta.
Noi siamo le donne che vogliono essere libere di scegliere.
NON UNA DI MENO
CONTRO LA VIOLENZA NOI ABBIAMO UN PIANO!
#25N MANIFESTAZIONE NAZIONALE PIAZZA DELLA REPUBBLICA
ORE 14 ROMA
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