Siamo ovunque, scioperiamo ovunque
È il terzo anno consecutivo. Sempre Roma. Sempre marea. Non una di Meno torna in piazza, ogni volta con più potenza, rompendo nuovi argini, scovando i nemici peggiori, fronteggiandoli.
Perché è questo il segreto della lotta transfemminista: nessuno se l’aspetta, poi diventa un fatto non aggirabile e il patriarcato deve farci i conti. Allo scoperto senza più potersi nascondere nelle pieghe della normalità del quotidiano. Prendere i giorni di congedo, svincolarci dagli impegni in famiglia, da quelli con gli affetti, insomma liberarsi per scendere in piazza oggi per prepararci allo sciopero, non è in fondo già questa una rottura della quotidianità? Sì ci stiamo costruendo la nostra corazza. Abbiamo da combattere un grande nemico per migliorare la vita di tutte/i.
A Roma pioviggina. Non ci scoraggia nulla, il cielo si schiarirà. Siamo abituate a spostare via le nubi dalla nostra vita. Anzi, è grazie a questo che siamo qui. Arrivano autobus da tutto il paese: Pescara, Napoli, Firenze, Bologna, Rimini, Torino, Pisa, Pavia, Reggio Emilia, Alessandria, Brindisi, Bergamo, Milano. Non mancano le isole. A Palermo un corteo attraversa il centro cittadino. Altre mobilitazioni dislocate scuotono questa giornata: a Verona le donne scendono di nuovo in piazza contro il comitato No 194. Mettiamo i nemici in fila: Pillon, Fontana, Salvini. Gli ideologi reazionari che vogliono costruirsi un credito politico sulla nostra vita: controllarla, decidere al posto nostro, farci stare in quello che – credono – sia il nostro posto. In fondo non sono che i custodi delle loro paure e delle paure di questa società. È anche per questo che ambiamo a essere un movimento rivoluzionario. Per sfidare loro e gli altri. Perché sì, questo governo ci è nemico, ma nessuno, nella Storia, ci ha mai trattato bene.
Piazza della Repubblica si riempie. Cresciamo sempre di più. La marea sale. Ancora. Gli slogan si accavallano e moltiplicano: siamo la voce di chi non ce l’ha e di chi non l’ha avuta. Siamo Desiré, Violeta, Pamela. Siamo centocinquantamila quando sfociamo in piazza san Giovanni. Abbiamo una forza. Dobbiamo usarla. Perché vogliamo cambiare. Per davvero. È per questo che nessuno riesce a catturarci. È per questo che siamo un movimento autonomo con una sua indipendenza. É questo che mettiamo a discussione il giorno dopo in assemblea. Siamo al liceo scientifico Nomentano perché le università di Roma hanno reputato non opportuno ospitare un’assemblea di donne.
Cosa fare della nostra forza? Siamo già in marcia verso l’otto marzo. Lo sciopero della produzione e della riproduzione dai generi e dei generi cosa significa? Sciopero, sciopero, sciopero… sappiamo rompere i tabù, siamo donne. Serve rompere anche la ritualità dello sciopero. Usare la nostra forza per sospendere prima di tutto il funzionamento di questa società e dei ruoli che la reggono con le loro violente gerarchie di genere e razza: il sommerso di quello che non si vede ma che ordina le nostre vite e la pace di una società governata ingiustamente, ciò che l’ideologia al potere difende in nome del buon senso ma che, esattamente come ogni supposto senso comune, riflette in realtà l’interesse dominante sulla società e sui suoi rapporti di potere. L’ideologia al potere ha riflessi materiali potenti sulla nostra vita ed è il ricatto su questo terreno che dobbiamo scardinare per renderci conto a pieno della nostra forza.
Disertare il lavoro di cura, il lavoro domestico, garantirci l’accesso ai servizi che in tanti casi noi stesse assicuriamo. Bloccare la riproduzione di questa società, sovvertirne i ruoli. Siamo il motore di questo meccanismo. I sindacati lo sanno. Ma la politica finge. Noi no, non fingiamo. Sciopereremo. Saranno al nostro servizio. Nessuno parlerà a nome nostro. Ce lo siamo promesso.
La luna fa salire le maree. Arriveremo fino a lassù, dove si regolano le cose…
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