Roma, la questura è un rapace e M5s il suo profeta: un ragazzo perde l’occhio dopo lo sgombero di via Vannina
Roma, tra amministrazione incompetente e questura rapace un ragazzo perde l’occhio dopo lo sgombero di Via Vannina
E’ nota a tanti ma forse non a tutti la realtà delle occupazioni spontanee di stabili abbandonati dalle centinaia di giovani che sbarcano sulle coste meridionali del nostro paese.
Via Vannina, l’ex fabbrica della Penicillina sulla Tiburtina e Via Costi, sono stabili fatiscenti senza alcun tipo di servizio idrico ed elettrico attivo.
L’ex fabbrica è una carcassa di cemento senza mura, porte e finestre, mentre Via Costi è circondata da dune di spazzatura che nel 2017 hanno preso fuoco coinvolgendo tutto lo stabile.
In questi luoghi ai limiti dell’umanità ci vivono delle persone.
Di fronte, abbiamo un’amministrazione incompetente e una questura rapace. Per quanto riguarda la questura e la prefettura di Roma senza alcuna ragione apparante, agiscono sulla strada del rastrellamento di tali occupazioni. Controlli, identificazioni, violenze. L’anno scorso Mustafà un giovane rifugiato del Gambia ha perso l’occhio per le botte subite dopo lo sgombero di via Vanina.
E’ riuscito ad attraversare la Libia indenne e ha perso l’occhio in Italia, a Roma, e la cosa più disarmante è che la notizia si sa solo oggi. Dopo un anno, dopo il secondo sgombero avvenuto di circa 400 persone che non hanno nessuna alternativa se non quella di vivere in questi luoghi. La disuguaglianza, le situazioni di marginalità portano ulteriore disuguaglianza e marginalità. Nella miseria la lotta alla sopravvivenza diventa sempre più efferata e trovare situazioni di spaccio, prostituzione e tossicodipendenza in presenza di minori e neonati non è una colpa è la disarmante realtà che nei secoli la modernità ha lasciato. L’obiettivo delle forze di polizia è quello di tenere i “clandestini” nel terrore, nella persecuzione, nell’instabilità perenne trattati come relitti della terra che non devono essere visibili ma nascosti e dispersi. Non sono tollerati assemblamenti, masse di persone che solidarizzano e stanno insieme pur nella miseria. Che piaccia o meno alla retorica 5stelle la miseria non ha i fiocchetti rosa e non è educata. La miseria è miseria anche se non la vogliono guardare in faccia.
Per quanto riguarda l’amministrazione capitolina averci a che fare è disarmante così come testimoniano anche le varie associazioni umanitarie che offrono i servizi minimi attraverso presidi medici e legali. Non c’è alcuna volontà di gestire la situazione né di facilitare processi burocratici che possano dare la possibilità a queste persone di accedere ai diritti basilari: permesso di soggiorno, sanità, educazione. Uno degli scogli fondamentali è quello della residenza. I municipi possono dare la cosiddetta “residenza fittizia” in via Modesta Valenti, niente di più. Un palliativo istituito per ovviare all’art.5 del piano casa Renzi/Lupi che impedisce l’acquisizione della residenza e dei diritti connessi ad essa a chi è costretto a vivere in occupazione nonostante in emergenza abitativa. Questo metodo però se da una parte può essere una via d’uscita, dall’altra richiede un iter talmente lungo da costringere migliaia di persone ad abitare a Roma nell’invisibilità e senza usufruire di alcun servizio minimo essenziale.
Ma il problema dell’amministrazione capitolina è di altra natura: il dipartimento delle politiche sociali e quello delle politiche abitative hanno un imprinting politico imbarazzante.
La sindaca Raggi pensando di fare cosa buona e giusta, ha affidato questo dipartimento ad assessori provenienti dalle file dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati il che potrebbe sembrare una garanzia in quanto a diritti umani ma un conto sono i diritti umani – evidentemente e paradossalmente poco rispettati a Roma – un conto è trattare i migranti o chi per loro – in quanto lo stesso atteggiamento politico viene assunto con tutte le fasce sociali più basse della piramide sociale – come soggetti incapaci da prendere in cura. Entrambi sono persone che dovrebbero usufruire di diritti specifici e quindi di quel che rimane dello stato sociale. La differenza è importante: quelli che non vengono garantiti sono diritti dovuti non per incapacità biografica ma per un sistema economico diseguale. Il diritto alla residenza, alla casa, alla sanità, all’educazione sono dovuti. Si ricorda per dare un’immagine di quanto appena descritto della predisposizione delle baracche Ikea sulla Portuense gestite dalla Caritas per parcheggiare le persone sgomberate o genericamente senza casa.
Questo atteggiamento dei dipartimenti si intreccia poi con un altro imprinting dell’amministrazione capitolina e del Movimento 5 stelle tutto: la legalità.
Perciò di fronte a migliaia di persone senza casa e che occupano gli stabili la priorità è la legalità, non certo i diritti umani. Questi due principi pentastellati che si riversano in atteggiamenti, modalità, politiche passive si scontrano producendo un nulla di fatto.
La giunta Raggi si scioglie al sole a colpi di domande: è meglio l’assistenzialismo, lo stesso che criticano alle Ong o la legalità?! E’ meglio strizzare l’occhio alla deriva a destra della società per opportunismo elettorale oppure dare spazio alle compagini della giunta cattoliche caritatevoli ben pensanti? Entrambe le strade fanno ribrezzo ma alla base c’è l’essenza del movimento cinque stelle capitolino incarnato dalla sindaca: moralismo e bisogno di governare.
La questura è un rapace e il 5 stelle il suo profeta.
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