Bologna, 8 marzo di lotta: cacciata la Borgonzoni, 10000 persone in piazza
Corteo di massa per le vie di Bologna, respinta la provocazione leghista.
Lo sciopero globale femminista, anche quest’anno, ha visto la partecipazione di migliaia di donne alle iniziative di Bologna. Le manifestanti hanno nuovamente deciso di riappropriarsi di una storica data di lotta ribadendo con forza la voglia di autodeterminarsi.
Dopo il presidio del 7 marzo al Tribunale sulla vicenda Yoox, le cui ragioni abbiamo riassunto in questo ebook, l’8 Marzo è stata un’altra bella giornata di mobilitazione contro la violenza di genere, sociale come istituzionale.
La giornata bolognese era organizzata in due momenti. Una mattinata in piazza Maggiore, dove sarebbero state esposte pubblicamente le ragioni dello sciopero, e un corteo serale per ribadire l’autonomia del movimento.
La piazza del mattino ha dato spazio alle molteplici forme e pratiche di liberazione dalle imposizioni di genere, dal palco invece sono stati letti i punti del piano contro la violenza maschile sulle donne. Ma la piazza è stata attraversata da un moto di rabbia alla notizia della presenza di Lucia Borgonzoni (Lega Nord) e di Marco Lisei (Forza Italia).
L’episodio è stato letto ovviamente come una provocazione e un tentativo di sovradeterminare la piazza, che con determinazione è stato respinto. In decine di donne hanno costretto la Borgonzoni a fare marcia indietro, mentre qualche ora dopo la candidata leghista alle scorse elezioni si lamentava delle femministe “di sinistra” che usano violenza sulle femministe “di destra”. A suo modo, aiutando a fare chiarezza: il problema non è essere donne o meno, il problema è essere leghisti.
La prima manifestazione politica dopo il voto a Bologna vede il centrodestra affacciarsi provocatorio ma venire contestato dalle piazze. Esattamente come successo durante la campagna elettorale perché non c’è spazio per chi specula sui corpi per seminare razzismo e sessismo.
Nel pomeriggio invece diecimila persone hanno risposto all’appello per un corteo cittadino, che si è svolto da piazza Maggiore fino a Piazza dell’Unità. Nel corso del corteo si è ribadito dai tanti interventi dal camion come i corpi delle donne diventino troppo spesso terreno di scontro e oggetto di strumentalizzazione per giustificare la più becera violenza securitaria e le politiche razziste dei politicanti di turno. Tante le bandiere e i cartelli in sostegno alle donne che in Rojava combattono il terrorismo dell’ISIS e gli interessi delle grandi potenze mondiali.
Lo sciopero dal lavoro produttivo, riproduttivo e di cura è un chiaro atto di insubordinazione verso un ruolo socialmente imposto che non si ha più intenzione di riprodurre. Dal 9 marzo, come a suo modo racconta la vicenda Yoox, è importante ritornare sui luoghi di lavoro e di riproduzione sociale dove ogni giorno si costruiscono le forme di sfruttamento di genere e provare a ribaltarle, alzando la testa in un #metoo collettivo quotidiano.
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