Gli impresentabili di Sansonetti
Lamezia-Bergamo e ritorno
“Ci vuole un Sud diverso, un Sud che reclama a gran voce una maggiore stabilità economica, un nuovo modo di concepire gli aiuti, non più assistenziali ma produttivi, un nuovo modo di interpretare la politica verso queste regioni”. Nel suo breve saluto, accolto con tutti gli onori da Sansonetti, Galati fa la sua parte. Incensa gli organizzatori, ammicca alla platea in grisaglia, allude alla stabilità economica e alla produttività. Magari pensando a quella del Nord padano che lui conosce a menadito. Da quando è convolato a nozze con Carolina Lussana, deputata della Lega, conosciuta in Transatlantico, tra una seduta parlamentare e un rinfresco alla bouvette.
E’ da allora che Giuseppe Galati detto Pino, peone democristiano di Lamezia, con un passato da Sottosegretario allo Sviluppo nel 2001 in quota Udc, inizia a frequentare con assiduità Bergamo e la Val Seriana, non disdegnando Milano e il suo hinterland. Dopo le nozze, celebrate rigorosamente nel capoluogo orobico, dimagrito di venti chili e con una chioma nuova di zecca, Galati inizia a tessere rapporti e ad oliare gli ingranaggi. E, soprattutto, ad incontrare personaggi di dubbia fama.
Il suo nome compare, infatti, in un rapporto antimafia di recente acquisito dalla Dda di Milano, nell’ambito dell’inchiesta Crimine che, nell’estate scorsa, ha decapitato i vertici delle cosche di ‘ndrangheta al Nord. Nel documento spunta un dialogo intercettato nel 2009 dai carabinieri del Ros. La conversazione- non penalmente rilevante- avviene tra un imprenditore, ritenuto dalla Dda di Catanzaro un prestanome degli Arena di Isola Capo Rizzuto nel Crotonese, e un maresciallo delle Fiamme Gialle. Durante il colloquio il finanziere spiega di aver incontrato Galati: “Ieri sera mi sono visto con Pino Galati….rimangono dei candidati in alcuni paesi, abbiamo la possibilità di candidare qualcuno noi?”. Nello stralcio della relazione emerge il ruolo della moglie di Galati, l’onorevole Lussana, assieme alla quale i tre studiavano il modo di inserire, nelle liste del Pdl e della Lega, persone di fiducia nei comuni della cintura milanese dove vive una folta comunità calabrese. Il sottufficiale al telefono fa un elenco di paesi dove si devono rinnovare le giunte:”Magenta, Cerro, Meda, Cassano d’Adda, Sesto San Giovanni, Parabiago”. E il prestanome degli Arena si mostra entusiasta:”Belli…belli..Bei collegi!”. Il dialogo prosegue:”Non hai qualcuno là che…”. “Che si interessa di politica sì…qualcuno che ha fatto il consigliere comunale pure a Cologno… Provo a sentirli”. “Vedi un po’ se riusciamo perchè questa gente ci serve”. “Adesso cominciano i lavori di Expo- continua l’imprenditore- sai quanta merda porterà la sopra. Sarà come l’alta velocità, se la mangiano subito… chi tiene cinque camion, chi resiste, chi arriva all’Expo”. E per far questo l’uomo della ‘ndrangheta ha forse trovato chi lo può aiutare: “Devo incontrare un costruttore grosso a Milano. Questo ha fatto la fiera di Milano…una parte dell’Expo ce l’ha lui. Devo andare a parlarci, ma deve venire uno dalla Calabria apposta, un pezzo grosso….”.
Un impero
Lui, la location scelta da Sansonetti per il suo raduno, la conosceva bene. Perchè è il re dell’agroalimentare e non solo. Tonino Gatto è forse l’uomo più ricco in Calabria. Non fosse altro che, presso lo studio commerciale Indrieri di Cosenza, hanno sede legale o domicilio fiscale ben 43 società a lui riconducibili. Un impero economico, insomma. La cui società leader del Gruppo, la Fincom spa, opera come una vera e propria holding finanziaria: è stata costruita a Roma nel 1993 ed è in continua espansione con investimenti nei settori più disparati, dalla grande distribuzione alimentare all’abbigliamento, dal settore immobiliare allo smaltimento dei rifiuti. Tuttavia, nell’intricata matassa societaria del Gruppo Gatto non mancano aspetti incresciosi. Secondo, infatti, la Relazione dell’antimafia della XV legislatura:”Antonio Giampà, fratello di Pasquale Giampà detto tranganiello, ucciso nel 1992 a Lamezia in un agguato mafioso, è socio, unitamente ad alcuni suoi congiunti, dell’Eurodis poi incorporata nella Gam srl di Antonio Gatto”. La relazione prosegue analizzando i rapporti tra Gatto e due imprenditori discussi, Salvatore Scuto e Giuseppe Grigoli: “Della società GDS srl, con sede in Salerno, è socio anche Salvatore Michele Scuto, figlio di Sebastiano Scuto che ha precedenti per associazione a delinquere di stampo mafioso e secondo la Direzione nazionale antimafia affiliato alla potente famiglia mafiosa dei Laudani di Catania. Salvatore Scuto è componente del Comitato Direttivo di Despar Italia, l’organo che definisce le principali strategie, le scelte, le politiche di Despar Italia sul territorio nazionale. Presidente del Comitato Direttivo di Despar Italia è Antonio Gatto. Non è superfluo richiamare, l’operazione ultimata nel 2007 dalla Dia di Trapani nei confronti di Giuseppe Grigoli, considerato il braccio finanziario del ben noto latitante Matteo Messina Denaro. Grigoli, che è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e contro il quale è stato ordinato il sequestro di beni e società per un valore di 200 milioni di euro, rifornisce i supermercati Despar di tutta la Sicilia Occidentale”. Gli inquirenti siciliani avevano, dunque, scoperto singolari collegamenti tra una rete di supermercati siciliani, adibita al riciclaggio dei soldi del capomafia Messina Denaro, e i centri di grande distribuzione della Despar di Gatto. Secondo i magistrati la mafia ai suoi livelli apicali avrebbe sfruttato l’impero economico del finanziere calabrese per “ripulire” i proventi illeciti senza lasciar traccia.
Con questo pedegree tutt’altro che luminoso, Gatto viene omaggiato da un caloroso applauso a Lamezia non prima che Sansonetti, il cerimoniere, ne abbia magnificato le lodi. E lui non si è fatto pregare rimbrottando la politica nazionale rea, a suo dire, di incentivare “una disattenzione storica del Nord verso il Sud”. In questo contesto “le risorse sono importanti ma- ha sottolineato- se vengono gestite com’è avvenuto finora non servono. Infatti non servono soldi ma buon senso”. Quello che è mancato a lui dal momento che oltre il 70% dei finanziamenti pubblici garantiti dalla legge 488 sono transitate dallo studio Indrieri di Cosenza, quello” facente riferimento al Gruppo economico Gatto”, parola della Direzione Nazionale Antimafia.
Inviato a Senza Soste da Silvio Messinetti
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