Macerata, il terrorismo suprematista e la “preferenza nazionale”
Nelle ore seguenti all’attacco terroristico leghista di Macerata, il Ministro dell’Interno a scadenza Minniti si è precipitato sul territorio marchigiano per affermare la presenza dello Stato. Minniti è il principale candidato per il PD in regione, e la sua comparsata è molto più vicina ad una strumentalizzazione politica della vicenda che a una reale volontà di rispondere all’accaduto, dato che lo stesso ministro non si è minimamente sognato di andare a trovare le vittime di Traini.
Ricordiamo bene Minniti però fare spettacolare marcia indietro con il suo jet a causa dei rischi alla “tenuta democratica” posti dall’immigrazione, in una delle mosse spot che insieme alla vergognosa pagina della Minniti-Orlando doveva testimoniare la presa in carico da parte del PD della drammatica “emergenza immigrazione”. Renzi riuscì a dire addirittura che i migranti andavano “aiutati a casa loro”, sbragando completamente alla decennale retorica leghista.
Oggi Renzi, come il suo compare Minniti, reagisce all’atto terroristico di Macerata ribadendo la necessità di abbassare i toni, avallando così una tendenza alla rimozione e all’abitudine che è il più pesante lascito che sembra emergere in questi giorni dai fatti marchigiani. Come a dire che Traini ha sbagliato sì, ma le sue ragioni vanno capite.
Sembra riecheggiare la discussione che ha portato allo sdoganamento della presenza fascista di Casapound e Forza Nuova nei territori nel corso degli ultimi anni da parte di partiti e media. Sì, avranno qualcosa in comune a livello di immaginario, ma è puro folklore, in realtà sono democratici, aiutano le persone in difficoltà, sono patriottici non fascisti.
Tutte stronzate, che nei fatti permettevano a CP di realizzare impunita omicidi come quello di Emmanuel a Fermo, o a Forza Nuova di poter diffondere il suo fascio-sessismo patriarcale che ha assassinato di recente a Bellona. Solo per fare alcuni esempi.
Perchè questo giochino? Perchè i neofascisti, come del resto la Lega salviniana, sono elementi fondamentali per la stabilità del sistema capitalistico in questa fase di crisi strutturale dovuta alle politiche neoliberiste. Dove la disperazione, il rancore e la nevrosi diffusi a livello sociale vanno gestiti e indirizzati verso un obiettivo politico coincidente sempre di più con il migrante o in generale con il “nero”. E dove lo spauracchio di un Ventennio di ritorno può essere utile per spingere al voto a favore di partiti dediti ad un peloso antifa-washing.
Il grido di battaglia “Prima gli Italiani!”, di cui si è fatta alfiere la Lega in salsa lepenista salviniana, è stato così assunto trasversalmente nell’arco politico, diffondendo un discorso xenofobo e reazionario in larghe fette di opinione nel paese. Il dispositivo si è relazionato con le profonde sacche di sofferenza sociale dovute agli effetti della crisi nella forma di tecniche e dispositivi amministrativi, che regolavano l’erogazione di welfare e prestazioni sociali sulla base di corsie preferenziali su base etnica.
La preferenza nazionale è divenuta così tecnica di governo delle amministrazioni, delle burocrazie, ma anche discorso egemonico nelle periferie sociali del paese. A questo discorso si sono contrapposte negli anni tante mobilitazioni, soprattutto sul terreno del diritto all’abitare e dell’antifascismo, represse duramente dalle istituzioni, le quali muovevano costantemente verso la riduzione di ogni tema sociale in questione di ordine pubblico, preferendo fomentare la guerra tra poveri piuttosto che trovarsi di fronte all’incubo percorsi collettivi di rivendicazione sociale.
Questo sdoganamento del discorso suprematista, basato su una solidarietà quasi di matrice tribale a chi è concepito come appartenente alla propria comunità etnica piuttosto che alla propria classe, ha significato creare un brodo di cultura per i fatti di Macerata. Ha significato determinare le condizioni di possibilità affinchè quei fatti si ripetano, poichè geneticamente appartenenti alle modalità di azione neofasciste.
Ed è stato proprio questo il modus operandi del sistema dei partiti e in primis del suo dominus, il Partito Democratico. Del resto, era proprio Renzi il sindaco di Firenze nel 2011 quando vennero ammazzati Samb Modou e Diop Mor proprio da un militante di Casapound. Evidentemente abbassare i toni non paga.
Così come non può essere accettabile che a Macerata a intestarsi la reazione a quanto accaduto siano forze partitiche e istituzionali che hanno la piena responsabilità di quanto successo. C’è una parte di società intera che non accetta le strumentalizzazioni e che non accetta di essere “parlata” dai Minniti di turno, e vuole rispondere in prima persona al radicamento e al terrorismo leghista e neofascista nei contesti provinciali devastati dalla crisi e dal tornaconto di piccoli e grandi padroni, istituzioni e partiti, e ridotti a discariche economiche e sociali.
Una opportunità sarà partecipare al corteo previsto nella città marchigiana il prossimo sabato. Per rigettare ogni forma di suprematismo e ogni politica di gerarchizzazione etnica, ma anche per ribadire l’importanza e la necessità assoluta di percorsi di lotta collettivi contro la devastazione sociale portata dal neoliberismo e dal suo braccio armato fascista, razzista e sessista.
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